26 Gennaio 2017 -

YOUR NAME. (2016)
di Makoto Shinkai

Makoto Shinkai è uno dei registi più popolari nell’ambiente dell’animazione giapponese e la sua fama è aumentata sempre di più attraverso gli anni. Dopo l’esordio intimista e semplice Lei e il gatto (1999) e il primo lungometraggio fantascientifico Oltre le nuvole, il luogo promessoci (2004), Shinkai con 5 centimeters per second (2007) ha conquistato il pubblico di appassionati di anime di tutto il mondo grazie ad un sentimentalismo profondamente legato, più che all’espressione delle emozioni, alla definizione di un’estetica ben precisa, in cui la carenza di budget per quanto riguarda le animazioni veniva compensato da immagini, magari statiche, ma affascinanti, tra la neve e le stelle, tra il sempiterno mistero dell’amore e l’inesorabile passaggio del tempo che distrugge tutto. Quello che per molti ha rappresentato un film toccante e commovente su quant’è sfuggente l’amore, tuttavia, a noi è sembrato solamente una scusa per toccare i cuori gelidi degli appassionati del settore: troppo spesso, infatti, i cosiddetti “otaku” o “weeaboos” sono tra le fanbase più difficili da soddisfare al mondo, e questo è principalmente a causa della produzione televisiva degli anime, continuamente mutevole, stratificata e tanto piena di poesia e grande intrattenimento (mi riferisco principalmente alle produzioni di Imaishi, Watanabe, Anno e della Yamamoto) quanto di spazzatura mediocre atta solamente ad un intrattenimento basso e facilone, legato ai feticismi per la cultura giapponese degli spettatori occidentali (le produzioni della Kyoani in primis, probabilmente, soffrono di questo difetto, eccetto forse Nichijou, prodotto estremamente autoironico che ha comunque subìto lo stesso trattamento all’Occidente). Ecco, 5 centimeters per second ha avuto successo soprattutto tra questo pubblico, che ha trovato nella furbizia sentimentale di Shinkai forse una specie di oasi melanconica profondamente diversa da quella dei prodotti con cui di solito si intrattiene. I successivi Viaggio verso Agartha (2011) e Il giardino delle parole (2013) sono comunque opere valide nella loro imperfezione, anche come suddivisione dei pregi del regista: Viaggio verso Agartha ci mostra uno Shinkai come narratore fantasy un po’ sdolcinato ma efficace, grazie ad un’estetica che ricorda un po’ lo Studio Ghibli e ad una storia avvincente che si attorciglia nel sentimentalismo più leccato solo nella fase finale; il mediometraggio Il giardino delle parole invece è una storia d’amore enfatica e smaccatamente feticista, ma mostrata con una raffinatezza visiva mai vista in un anime. L’eleganza de Il giardino delle parole è anzi davvero miracolosa e nonostante qualche lungaggine (nonostante il film duri 46 minuti…) è probabilmente il lavoro più maturo e misurato del regista. Perciò, quando è stato annunciato Your name. le aspettative erano decisamente alte, anche perché il film è risultato il film di maggiore incasso in patria nella storia del Giappone, superando pure quel capolavoro immane che era La città incantata (2001) di Miyazaki. Il pubblico giapponese ha trovato in Your name. la capacità di immedesimarsi in una storia non solo personale ma di un intero paese, e per questa ragione il film va premiato. Ma quanta della maturità de Il giardino delle parole è effettivamente riscontrabile in quest’ultimo film? Quanto è riuscito Shinkai a superare i propri limiti e quanto è riuscito a rendere interessante un archetipo narrativo come quello dello scambio di corpi che ormai è stato usato e abusato, soprattutto nelle commedie americane stile Tale padre tale figlio (1987)?

­Innanzitutto si nota sin dall’inizio che Your name. è sfortunatamente legato ad una logica e ad un’estetica drammaticamente televisiva, cosa non così evidente nei precedenti film di Shinkai, in cui, tra la quasi totale assenza di umorismo e le colonne sonore minimali e strappalacrime, si aveva sempre l’idea di un film con uno stile unico e personale. Si nota questa cosa innanzitutto dal fatto che Your name. comincia con una vera e propria sigla pop-rock, proprio come le serie anime. La sigla riassume alla perfezione il clima misto del film: sia l’aspetto comico fatto di fraintendimenti fantascientifici (e assenza di logica narrativa a livello umano, ma quella si perdona senza problemi: è un difetto comune forse in tutti gli anime) sia quello tragico e romantico. Il primo aspetto occupa in maniera efficacissima la prima parte del film, costituendo una convenzionale ma divertente commedia in cui non mancano auto-citazioni (il ristorante italiano in cui lavora Taki si chiama: Il giardino delle parole…), inquadrature à la Ozu nel circoscrivere gli spazi chiusi del Giappone rurale e time lapse a ritmo J-pop in cui Shinkai dimostra ottimamente le proprie capacità visive nel descrivere sia la città sia la campagna. Infatti forse l’aspetto più importante di Your name. è il trattamento riservato non tanto ai personaggi, che altro non sono che ennesime figure archetipali da animazione giapponese prive di spessore, quanto quello riservato al Giappone: infatti, le ossessioni di Shinkai riguardanti l’osservazione del cosmo e la riflessione interna sulla distanza (entrambe importantissime in 5 centimeters per second) si ritrovano in Your name. attraverso un’impostazione sociopolitica e forse involontariamente metacinematografica. L’alternarsi continuo tra la Tokyo industrializzata e la campagna sembra scrivere cinematograficamente una connessione corporale (attraverso l’animazione), che può accogliere in sé e abbracciare tutto il Giappone e tutto il Giappone cinematografico, da Kitano a Ozu, da Tokyo Godfathers di Satoshi Kon a Higurashi no naku koro ni (il violentissimo Twin Peaks degli anime). La distanza è presente sia come distanza geografica sia come distanza temporale ma scompare nell’occhio grazie al montaggio, grazie all’umorismo, alla musica pop e agli stacchi videoclippari che comunque fanno sprofondare l’intera operazione in una mera apparenza da teen movie.

Insomma, Your name. ha un’impostazione geniale nel descrivere un paese, e in quanto tale è uno dei film più importanti dell’animazione giapponese recente, e aiuta a scrivere un nuovo capitolo un po’ più pop per gli autori di anime nel paese sotto il peso dell’eredità degli autori Ghibli: anche perché il pop non soffoca completamente le ferite di un intero paese, tant’è che il punto d’incontro (fisico e allegorico) tra i due personaggi, che tanto si cercano l’uno nel corpo dell’altro, è un posto di catastrofe, un posto del passato, un posto di tragedia, come la Fukushima dei fantasmi e delle urla disperate del Sion Sono di Himizu, The land of hope e The whispering star, o come il grande terremoto del Kantō in Si alza il vento di Miyazaki. Tuttavia a volte quasi non si riescono a percepire queste angoscianti ferite, o non si riesce a ridere, o non si riesce a piangere, a commuoversi, a immedesimarsi nella narrazione confusa e strana o nei personaggi, non si riesce a perdersi nelle immagini più o meno convenzionale, tranne forse nella scena onirica surreale e magnifica (l’apice assoluto del film) attraverso la quale Taki, dopo aver bevuto il sake, riesce a rientrare nel corpo di Mistuha, tra stelle e comete, catastrofi e visioni lisergiche di fantasmi del passato.

Portato in sala dalla Dynit come evento speciale per tre giorni (23-24-25 gennaio), Your name. tornerà il 31 gennaio e l’1 febbraio in sala a causa di un gran successo al box office pure nella nostra penisola, il che conferma che Shinkai davvero probabilmente è il futuro del cinema anime, probabilmente davvero è il nuovo autore di punta del paese di Kurosawa, davvero è il definitivo, importante e attualissimo nome da seguire in quest’ambito. Il fatto è che forse non riusciamo ancora ad accettarlo, abbandonando le radici del cinema a cui Viaggio verso Agartha è un tributo e dedicandoci ad una via più pop e occidentalizzata, nonostante sia integrata nella carne del paese. Your name. va visto perché è già un film importante, ma non perché è necessario per le nostre esperienze cinematografiche bensì perché è necessario per il futuro del cinema giapponese. E, forse, un giorno ci renderemo conto meglio della sua portata rispetto ad oggi, in cui al massimo possiamo vedere in sala le lacrime e le risate di Taki e Mitsuha attraverso il filtro deformante degli adattamenti di Cannarsi, notando come il pubblico che piange in sala sia quasi solo una versione leggermente più eccentrica dello stesso pubblico che singhiozza guardando i film tratti dai romanzi di John Green.

Nicola Settis

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“Your Name” (2016)
106 min | Animation, Drama, Fantasy | Japan
Regista Makoto Shinkai
Sceneggiatori Clark Cheng (english script), Makoto Shinkai
Attori principali Ryûnosuke Kamiki, Mone Kamishiraishi, Ryô Narita, Aoi Yuki
IMDb Rating 8.7

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