17 Maggio 2016 -

WOLF AND SHEEP (2016)
di Shahrbanoo Sadat

Quello che interessava alla giovane regista afghana Shahrbanoo Sadat, nella sua opera seconda Wolf and Sheep, era prima ancora che il raccontare, il puro atto del mostrare. Mostrare la quotidianità di un Afghanistan nuovamente pastorale ma ancora drammaticamente povero dopo la caduta del devastante regime talebano, mostrarne le montagne e le distese desertiche, mostrarne la terra arida, sabbiosa e polverosa, mostrare i suoi uomini forti, le sue donne senza più il burqua, i suoi bambini che vivono nei giochi e nella pastorizia, le sue pecore e i suoi asini, i suoi riti e le sue convivialità, le sue leggende più intime, le sue credenze popolari. La trama, in Wolf and Sheep, è semplicissima, funzionale alla creazione di un paradigma con intenti documentaristici, e parla dell’amicizia fra Sediqa e Qodrat, undici anni a testa e già emarginati nella landa più emarginata di uno dei Paesi più emarginati al mondo. Fra capre sgozzate in mezzo alla strada e mangiate dall’intera comunità, bambini che si lavano nell’unica sudicia pozza d’acqua e adolescenti che costruiscono pazientemente la propria fionda intrecciando corde, Wolf and Sheep traspone sullo schermo, ben più che una narrazione, una vita rurale fatta di animali al pascolo e di ceste sulla schiena, di lupi – rigorosamente fuori campo – che attaccano il gregge, di asini da soma, di cultura del baratto, di allenamenti costanti con la fionda per poter proteggere le pecore, di patate rubate e cucinate in una sorta di pira, di matrimoni combinati per bambine di 9 anni, di animali da curare steccando loro la zampa rotta, di madri che cuociono l’asino sulla griglia allontanando i pargoletti dal fumo, di danze propiziatorie durante i riti funebri, di preghiere del tramonto. Della normalità – per noi, in Afghanistan è una difficile conquista e un assordante grido di libertà – di ragazzi e ragazze che sparlano ridendo fra di loro, fumano ramoscelli di nascosto e parlano sboccati, si mandano giovialmente a fare in culo, facendo battute ed espliciti riferimenti sessuali impossibili solo 15 anni fa. E sostenendo, per scherzo ma non troppo, che la nonna di Sediqa fosse una strega maledetta da un serpente, e che la giovanissima sia pazza.

Shahrbanoo Sadat mette in scena i ragazzi intorno all’anziano, il racconto delle parabole e delle credenze popolari. E tutto il film, in sostanza, diventa un’affascinante parabola, diventa la lotta quotidiana degli uomini-pecore contro un mondo-lupo, diventa una leggenda, diventa una fiaba, diventa l’inevitabilità del fato. Mettendo in luce la natura bestiale dell’uomo, di quello stesso homo homini lupus che, quando vedrà il proprio figlio accecato incidentalmente con un sasso scagliato da una fionda, avrà come unica preoccupazione quella di contrattare un risarcimento in pecore congruo per la perdita di un occhio. Nelle leggende raccontate nei campi, si parla di lupi che arrivano la notte e di pregiate pelli sulle loro spalle, si parla di Kashmir Wolf, uomo-lupo notturno delle montagne nemico dei ricchi e amico dei poveri che mette i malvagi nel proprio sacco e li porta sulla cima. Si parla di una fata verde di cui sarebbe fatto il suo mantello, forse emblema degli spiriti passati, forse emblema della natura. Ed ecco che Wolf and Sheep, nel mostrare l’Afghanistan e la sua quotidianità negli atti e nelle credenze, rivela anche tutta la propria portata simbolica, sciamanica, magica. Si sentono gli ululati, appare Kashmir Wolf, appare la fata. Camminano di notte, separati, ma incessantemente. Si cercano, forse non si troveranno mai, ma vagano. Per portare avanti le credenze, per proteggere gli uomini e le donne che credono in loro.
Wolf and Sheep, presentato a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs, è quindi un viaggio nell’Afghanistan di ieri, di oggi e di domani, un film al contempo documentaristico e sciamanico, uno spiraglio che finalmente si apre su una realtà che ci è rimasta per troppo tempo celata. Quello di Shahrbanoo Sadat è un film imperfetto, forse un po’ troppo lungo e ripetitivo nei suoi ottantasei minuti, a tratti estenuante nei ritmi narrativi troppo dilatati, ma che sa sedurre lo spettatore con le sue anime contrastanti. Wolf and Sheep è un film piccolo, con budget e attrezzatura ridotti, e forse neanche troppe pretese. Ma si rivela una finestra su un mondo, un affascinante brandello di Storia e di civiltà, una mano tesa dall’Afghanistan verso il resto del mondo, come a dire “ci siamo anche noi”. E ce lo teniamo, più che volentieri.

Marco Romagna

“Wolf and Sheep” (2016)
Drama | Denmark
Regista Shahrbanoo Sadat
Sceneggiatori N/A
Attori principali N/A
IMDb Rating N/A

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