6 Settembre 2016 -

UNA VITA – UN VIE (2016)
di Stéphane Brizé

Questa volta il regista francese nativo di Rennes Stéphane Brizé preferisce il Lido alla Croisette, dove pure il suo La loi du marché valse il premio allo splendido Vincent Lindon e conferì all’autore – grazie a una distribuzione capillare – una meritata notorietà anche presso un pubblico non esclusivamente festivaliero (o francese: in patria Brizé è parecchio benvoluto, e non c’è suo film che non abbia avuto grappoli di nomine ai César).
Il suo ultimo, Une vie, tratto dal primo romanzo di Guy de Maupassant (1883, e Wikipedia riporta, non sappiamo con che grado di attendibilità, che Tolstoj lo considerasse il miglior romanzo di lingua francese, secondo solo ai Miserabili), è la storia di Jeanne, donna di indole purissima, di poetica ingenuità, che “entra nella cosiddetta età adulta senza aver mai affrontato la perdita di quel paradiso che è l’infanzia” (parole di Brizé). L’episodio traumatico di infedeltà di suo marito le rivela poco a poco, seppur diluite negli anni, le asperità dell’esistenza, e farà crollare tutte le sue ingenue illusioni di ragazza di campagna. Brizé prende Maupassant, scrittore molto rischioso da trasporre sullo schermo, e ne conserva tutta la poetica e la lucidità nel porsi come paradigma della condizione femminile del tempo.

È un dramma che fin dall’inizio afferma il suo piglio letterario: il respiro temporale delle inquadrature permette all’occhio di esplorarle in ogni piega, il racconto procede per moduli narrativi più o meno estesi proprio come sulla pagina scritta si alternano incisi, parentetiche, punti e a capo. La macchina a mano, cui Brizé resta fedele, non ha il nervosismo documentaristico del film precedente, ma non si tira indietro quando c’è da stare dentro al conflitto, come la drammaticissima scena del prete che cerca di richiamare all’ordine il figlio della protagonista Jeanne oppure, in un momento situato più avanti nel tempo, l’isteria della stessa Jeanne che non riesce a trovare i pochi spiccioli conservati in casa, nascosti dalla domestica. Non ci sono concessioni al pittoricismo facile e citazionista (il lavoro del direttore della fotografia Antoine Héberlé è egregio, c’è la grana giusta, la tavolozza è ricca ma non ostentata, i chiaroscuri sono magistralmente controllati, non c’è l’oscurità assoluta ma neanche il bianco abbacinante), ma Brizé – che decide di restringere il campo a un funzionale 4:3 che dà sempre centralità alla figura umana nello spazio, incastonando i primi piani dei suoi attori in medaglioni luminosi – sa conferire lirismo a ogni taglio, si appropria tramite il montaggio degli stilemi della grande letteratura, e quindi il racconto è un trionfo di ellissi, di flashback, di memorie, di attimi rivissuti, di rivelazioni che Jeanne fa prima a se stessa e poi a noi, spettatori delle sue prese di coscienza. La violenza è fuori campo, e anche ai momenti truci (anzi, al momento truce) Brizé preferisce la pennellata, l’accenno. Al posto giusto, al momento giusto, sono montate le inquadrature di paesaggio, talvolta pura osservazione, talaltra metafora del passaggio del tempo.

L’uso di un 4:3 così rigoroso ma mai austero, necessariamente chiuso ma al contempo profondamente vitale ed emozionante, unito a un linguaggio di puro cinema contemporaneo, con camera a mano seppur di tutt’altra natura, con dei colori e delle luci di un certo tipo, accomuna questo film a un’altra folgorazione veneziana di qualche anno fa, per la precisione il 2011, quando Andrea Arnold porto in concorso la sua versione di Cime tempestose: si tratta di due registi diversissimi, che però fanno scuola in materia di elaborazione in chiave moderna (chiave cinematografica, s’intende) di un pretesto letterario molto lontano nel tempo. Domanda: esiste nel cinema italiano qualche regista cui venga in mente di mettere in scena un romanzo del nostro ottocento letterario (e non, quindi, letteratura contemporanea da classifica e da Premio Strega), e soprattutto in grado di non metterlo in immagini come se fosse una puntata di Elisa di Rivombrosa?

Elio Di Pace

“Une vie” (2016)
N/A | France / Belgium
Regista Stéphane Brizé
Sceneggiatori Stéphane Brizé (screenplay), Florence Vignon (screenplay), Guy de Maupassant (novel)
Attori principali Judith Chemla, Jean-Pierre Darroussin, Yolande Moreau, Swann Arlaud
IMDb Rating N/A

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