UN COUTEAU DANS LE COEUR (2018), di Yann Gonzalez
Secondo lungometraggio di Yann Gonzalez, in concorso a Cannes 2018, Un couteau dans le coeur si apre con una bella sequenza, che rilegge modalità slasher in un esplicito contesto gay. Collocandosi sul finire degli anni Settanta, il film narra di un serial killer che colpisce negli ambienti omosessuali, in particolare quelli che gravitano intorno alla produzione porno del settore. A salire nel ruolo di protagonista è la filmmaker Anne Parèze interpretata da Vanessa Paradis, e sulle prime il racconto fa di tutto per addensare i sospetti su di lei. È infatti pazza d’amore per una delle sue collaboratrici, e più volte mostra atteggiamenti fortemente ossessivi. È un po’ il leit-motiv l’ossessione, in diverse delle sue declinazioni: ossessioni erotiche, punitive, e ossessioni di cinema con relative ricadute nel mondo dell’eros. L’ossessione arriva a sfondare anche nei territori del sogno e delle immagini mentali, che iniziano a perseguitare la protagonista. Gonzalez si diverte sostanzialmente a stratificare la narrazione tra plurilivelli diegetici, in cui la realtà si fa cinema, che si fa a sua volta realtà e poi di nuovo cinema, in una scala esponenziale di sovrapposizioni. In Un couteau dans le coeur il cinema è mostrato costantemente nell’atto di divorare la realtà con pieno atto di appropriazione, arrivando a paradossi multipli in cui l’omicidio di un attore, a suo tempo pornostar, è di nuovo replicato e reso oggetto di racconto filmico. Gonzalez sembra amare in particolare lo slasher e cerca di ricrearne con evidente coscienza le dinamiche dei bei tempi andati, quegli anni Settanta in cui Un couteau dans le coeur è significativamente ambientato. Si respira l’aria del buon slasher/giallo di casa nostra, da Dario Argento giù verso tutti gli altri, mentre uno dei referenti più espliciti è forse da rintracciare nei giochi multipli di messinscena operati da Brian De Palma (sarà una nostra suggestione, ma nel suo aspetto fisico Vanessa Paradis ricorda vagamente Melanie Griffith e riapre memorie di Omicidio a luci rosse, 1984). Lo slasher italiano è invece più direttamente evocato nelle astruse motivazioni psicologiche addotte come moventi di omicidio (invero esilaranti) nel “film dentro al film”, dove regnano incontrastate le semplificazioni, superate dalla storia, riguardo all’omosessualità. Sarà così anche per il vero e proprio scioglimento della vicenda.
Il gioco sui plurilivelli narrativi è ulteriormente ampliato dalla scelta non casuale di collocare il tutto negli ambienti del porno. Non si tratta soltanto di un gusto cinefilo per l’antiquariato espressivo; il porno è un mondo che già di per sé ha giocato sull’autonutrimento cinefilo, lungo la strada del remake grottesco di titoli ben noti ma più ancora tramite la contaminazione di generi e la mescolanza tra realtà e finzione. Attori che interpretano se stessi, coinvolgimento di altre figure professionali davanti alla macchina da presa, abbattimento delle gerarchie professionali, e una sorta d’istinto alla serialità in cui il riferimento intertestuale rimane all’ordine del giorno. Per cui Yann Gonzalez sembra scegliere come oggetto di riflessione metanarrativa un territorio cinematografico che già di per sé contiene nel suo DNA l’atteggiamento verso l’autofagocitazione, mettendone in luce tali continue duplicazioni e scomposizioni: il porno, considerato da sempre il fanalino di coda della settima arte, assurto a perfetto modello di autoriflessione. Il gioco di Un couteau dans le coeur è condotto con evidente divertimento e piacere da parte del suo autore e dei suoi attori, sempre sul filo di un voluto e ricercato gusto da cinema basso. Gli manca semmai un filo in più di ritmo. Le sequenze più tradizionalmente debitrici dello slasher sono ben cadenzate nei ritmi e nella suspense, ma in generale il racconto procede con passo un po’ lasco, con qualche pausa e allentamento. Così come il gioco metatestuale resta un po’ chiuso in sé, nutrito di tanta cinefilia che non trova però vie d’uscita verso l’esterno. Con la voce un po’ graffiata, Vanessa Paradis si muove a suo agio delineando un personaggio a metà tra l’eleganza e la sciattezza. Un po’ come il porno stesso, almeno quello di una volta, che spesso è tripudio di colori accesi e maquillage, ostentazione di bellezza ottenuta tramite una caricatura della medesima bellezza. In ultima analisi Un couteau dans le coeur è un film curioso, che riflette sulle derive dell’immagine. L’immagine può anche uccidere quando è caricata di un piacere ossessivo. Yann Gonzalez non pretende certo alcuna riflessione morale (e Dio ce ne scampi). Si diverte nel mostrare, dentro lo specchio esponenziale del cinema.
Massimiliano Schiavoni