TWIN PEAKS (1990-?), di David Lynch e Mark Frost
Ormai è ufficiale, questo 26 aprile è stata rilasciata la lista di attori e attrici che andranno a comporre il cast della terza stagione de I segreti di Twin Peaks, serie di culto ideata e in parte diretta dal regista David Lynch all’inizio degli anni ’90. Ai riconfermati protagonisti delle prime due stagioni (Kyle MacLachlan, Richard Beymer, Sherilyn Fenn, etc., escludendo gli attori che nel frattempo sono morti – a partire da Frank Silva, l’attrezzista che diventò BOB – e altri, per la precisione Michael J. Anderson e Lara Flynn Boyle che non hanno voluto partecipare al revival), verranno affiancati nomi insospettabili (Michael Cera, Sky Ferreira, Jim Belushi e altri), alcuni fra i già collaboratori di Lynch (Naomi Watts e Laura Dern) e altri volti noti del cinema di Hollywood (Amanda Seyfried, Tim Roth, Monica Bellucci e Jennifer Jason Leigh). Per “pura coincidenza”, il gruppo statunitense Xiu Xiu, che da inizio anni Duemila si è occupato di un mix tra pop, post-rock, post-punk e sperimentalismi di sorta, ha pubblicato un disco, Xiu Xiu Plays the music of Twin Peaks, composto da suggestive, cupe, sensuali e intense cover della storica colonna sonora della serie, composta al tempo da Angelo Badalamenti. Soddisfatti dall’album, alcuni fan hanno cominciato una petizione per utilizzare la versione noise del gruppo di Jamie Stewart come colonna sonora per la nuova stagione della serie.
Su Twin Peaks è stato detto un po’ tutto, quindi è difficile parlarne senza scadere nel cliché, ma è giusto, forse, ripassarne un po’ la storia. Lynch cominciò a lavorare a una serie TV a fine anni ’80, scrivendone soggetto e script con Mark Frost per un episodio pilota. La trama è stranota: il misterioso omicidio di una liceale, la bellissima Laura Palmer (Sheryl Lee), sconvolge la cittadina di Twin Peaks, non solo per l’efferatezza del delitto, ma anche perché le indagini condotte dall’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan) sveleranno inevitabilmente la vita promiscua della giovane. Il mistero si farà sempre più fitto, coinvolgendo nel passato di Laura quasi tutti gli abitanti della città e rendendo sempre più evidenti i ruoli nell’omicidio di entità onirico-metafisiche con le quali Dale e la polizia locale entreranno in contatto attraverso sogni, incubi e ricerche al limite del paranormale. Non sicuro che il canale TV statunitense ABC avrebbe apprezzato e approvato il prodotto, Lynch ha diretto l’episodio pilota nel 1989 aggiungendovi una conclusione affrettata e surreale, ponendosi come alternativa la possibilità di distribuirlo come film televisivo allungando successivamente la durata del pilota da un’ora e mezza a poco più di due ore – in sostanza quello che fece poi nel 2001 con Mulholland Drive. Quando la serie è stata approvata e proiettata su ABC nel corso del 1990, il film TV è stato distribuito solamente in Europa e il girato aggiuntivo è confluito, in maniera narrativamente sconclusionata ma suggestiva, attraverso il resto di Twin Peaks. Incluso il pilota, la prima stagione è durata 8 episodi (due dei quali diretti da Lynch: il pilota e il terzo episodio), di cui l’ultimo si conclude con un finale aperto per spronare le reti televisive a finanziare una seconda stagione. Grazie a un insospettato successo di pubblico, la seconda stagione, composta da 22 episodi, fu girata e proiettata tra la fine del 1990 e il 1991 con un primo episodio (di pari durata del pilota) e altri tre episodi diretti da Lynch (il secondo, il settimo e l’ultimo). Nel settimo episodio, anche a causa delle pressioni dei fan (e ancor più delle emittenti), Lynch e Frost ebbero la pessima idea di rivelare – noi non lo faremo, non ci permetteremmo mai – chi ha ucciso Laura Palmer. Da lì in poi la trama si spostò in un’altra direzione, pur mantenendo parte del clima precedente, tra i romanticismi da soap opera e la commedia leggera e surreale, ma risultando nettamente meno stuzzicante per il pubblico nonostante l’inserimento di un nuovo antagonista inquietante e affascinante, soprattutto a causa dell’allontanamento sia di Lynch che di Frost dalla produzione della serie. Il calo clamoroso di spettatori, benché l’episodio conclusivo abbia aperto nuove strade narrative e sia stato apprezzato da tutti i cultori della serie e del regista, ha impedito la produzione di una terza stagione.
Nel 1992, frustrato, Lynch ha deciso di girare Twin Peaks: Fuoco Cammina Con Me!, un film considerato minore nella sua filmografia ma decisamente interessante, un prequel che sarebbe dovuto essere il primo film di una trilogia dedicata allo svelamento dei misteri irrisolti più cupi della serie. Il film, che sarebbe dovuto durare quasi quattro ore ma che ha subito enormi tagli (le scene eliminate si possono trovare nel cofanetto blu-ray dell’intera serie), mostra le indagini sull’omicidio di Teresa Banks (Pamela Gidley), prima vittima dello stesso assassino di Laura, e la settimana che precede la morte di quest’ultima dal suo punto di vista. Gli altri due film però non sono mai stati prodotti per carenza di fondi, e i semi piantati da Fuoco Cammina Con Me! su altri lati della trama non approfonditi (su tutti il personaggio di Judy nominato in più occasioni da Philip Jeffries, personaggio di breve durata sullo schermo interpretato da David Bowie) sembrava che non sarebbero mai stati raccolti. Fino a oggi.
Qualche mese fa Lynch e Frost hanno annunciato su Twitter – dapprima in maniera sibillina, con un “Damn good coffee”, intercalare tipico dell’agente Dale Cooper, che ha fatto alzare il sopracciglio a tutti, e poi con una comunicazione ufficiale – la produzione di una terza stagione per Showtime che avrebbe ripreso le fila della trama da 25 anni dopo gli ultimi eventi narrati, rispondendo così a quel “I’ll see you again in 25 years” profetizzato da Laura in sogno a Dale nel finale della versione europea dell’episodio pilota, sequenza mantenuta poi nella serie per chiudere il terzo episodio. La terza stagione sarà integralmente diretta da David Lynch in persona, al ritorno dietro alla macchina da presa a 10 anni esatti dal definitivo INLAND EMPIRE. E nessuno, chiaramente, ha la minima idea di che cosa aspettarsi sullo schermo.
Twin Peaks è una serie storica dei primissimi anni Novanta, e vista oggi potrebbe forse anche risultare parzialmente datata o superata. Ma era e rimane la serie televisiva più rivoluzionaria di sempre, quella che ha davvero portato il Cinema, quello vero, sul piccolo schermo, cambiando l’intera concezione di serie televisiva da episodica raccolta di cortometraggi alla serialità da “lungometraggio espanso” di oggi. Una serie di culto, che ha condizionato l’immaginario di almeno un paio di generazioni: “Chi ha ucciso Laura Palmer?” più che una domanda è stata un ronzio, un tormentone, un uragano di occhi sgranati e di unghie mangiate in giro per il mondo, la domanda che forse più identifica gli anni Novanta. Ai suoi picchi emotivi (gli episodi diretti da Lynch, ovviamente, a partire da una lunga panoramica sul lungo filo del telefono), I segreti di Twin Peaks è il prodotto televisivo più coraggioso di sempre, è un conglomerato freudiano di non-luoghi metafisici, è un’analisi sia folle sia lucida della morbosa corruzione della società delle piccole città americane, è un ritratto caratteriale corale unico. È il bene, è il male, è malinconia, è colpa, è possessione, è visione, è mistero, è una foresta nera, è una segheria. È una serie capace di un’analisi psicologica attenta e mai vista prima sul piccolo schermo dei suoi protagonisti, tanto da influenzare tutte le serie HBO che sarebbero venute alla luce di lì a poco, a partire da I Soprano (1999-2007), in cui sono presenti anche molte scene oniriche, o anche Lost (2004-2010), serie ABC dove il metafisico e la lotta fra bene e male sono padrone di una trama zeppa però di riferimenti religiosi. Inoltre, la maniera in cui il paranormale si immerge nella storia ha sicuramente facilitato la fama di David Duchovny e quindi favorito la nascita della serie The X-Files (1993-?), che ha però mandato in onda da pochissimo una nuova e purtroppo non irresistibile stagione, come a seguire una moda del revival televisivo anni ’90 che crea qualche timore a fare breccia negli entusiasmi anche nei confronti di questo ritorno a Twin Peaks. La serie, forse anche a causa del peso che ha avuto sul pubblico la seconda parte della seconda stagione, che ha alleggerito i temi e smarrito lo stile, potrebbe anche rivelarsi ormai – speriamo di no – quasi più storia che contenuto, e questo va tenuto in conto, ma rimane la consapevolezza che stavolta l’intera operazione ha avuto il controllo totale di David Lynch, il budget da lui richiesto e gli iniziali 8-9 episodi diventati, secondo indiscrezioni, addirittura diciotto dopo un lungo tira e molla anche mediatico con Showtime.
Perché le grandi immagini che colleghiamo alla regia di Lynch rimangono monolitiche, tanto particolari che è difficile confrontarle se non fra loro, e attraverso Twin Peaks possiamo riassumere le novità che la folle e geniale immaginazione visionaria di Lynch ha portato al cinema. La sua capacità innata di sconvolgere lo spettatore si evince nella scena dell’autopsia del cadavere di Laura, fotogrammi che fanno letteralmente male agli occhi – anche per gli effetti di luce -, un crudo realismo che fa gridare “basta” e, poi, “ancora” (come in Eraserhead, 1977). L’attenzione per il particolare, il gusto per il thriller e il giallo, l’aria satura di mistero che solo Lynch è capace di legare all’uso di immagini oniriche e simbolismo surrealista (come in Velluto Blu, 1986, o Strade Perdute, 1997, che il regista dice essere ambientato nello stesso universo di Twin Peaks) o ancora la comicità inquietante, che ha nel personaggio di Leland Palmer (Ray Wise), la tragica figura del padre di Laura, il massimo interprete del suo humour alienante (Cuore Selvaggio, 1990). È impossibile poi tralasciare la vena romantica dell’autore e la maestria con cui modella i sentimenti dei propri personaggi, soprattutto gli anziani (Una storia vera, 1999). Particolare attenzione va data al finale della seconda stagione: l’uso di luci e ombre, colori, giochi visivi e sonori, ci costringono a rimanere in apnea, le immagini ci svelano il vero significato della parola incubo, ci portano a scoprire l’oscurità che si cela dietro il nostro inconscio, la portata del combattimento che si scatena fra istinto e ragione, ma che sono fondamento della speranza che, attraverso la consapevolezza di noi stessi e del male che ci circonda, l’uomo possa porre fine al conflitto fra bene e male: questa è “vita”. Malgrado le parole poco rassicuranti di uno scontento Michael J. Anderson, non riconfermato per la terza stagione di Twin Peaks nonostante il ruolo iconico, i fan della serie non possono che attendere con trepidazione la prima puntata, fiduciosi che, ancora una volta, Lynch non li possa deludere.
Marco Petruzzo