THE NICE GUYS (2016), di Shane Black
Nel 2005 i frequentatori del Festival di Cannes rimasero sorpresi in positivo da un film presentato fuori concorso, tra le proiezioni di mezzanotte: Kiss Kiss Bang Bang, esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Shane Black, artefice di Arma letale, L’ultimo boyscout – Missione sopravvivere e Spy. Il film, incrocio tra il buddy movie – meccanismo tipicamente blackiano – e la storia d’amore misto ad una decostruzione postmodernista del noir, piacque molto al pubblico festivaliero e alla critica, e divenne un piccolo cult. Otto anni dopo, Black sorprese nuovamente – e questa volta non senza qualche reazione negativa per via della sua rappresentazione del perfido Mandarino – con Iron Man 3, esempio lampante di sequel decisamente sui generis e di come la firma di un autore sia riconoscibile anche all’interno di un sistema produttivo votato all’intrattenimento di massa come il franchise cinefumettistico della Marvel. Oggi, mentre si prepara a restituire la dignità perduta ad un classico di genere degli anni Ottanta annacquato da seguiti mediocri, ossia Predator (il che per il regista è una specie di chiusura del cerchio, poiché a inizio carriera recitò nel capostipite al fianco di Arnold Schwarzenegger), Black è tornato a Cannes, sempre fuori concorso e sempre con un buddy movie in salsa poliziesca ambientato a Los Angeles: The Nice Guys. Un titolo volutamente beffardo, e intraducibile per il mercato italiano poiché “bravi ragazzi” fa pensare ad un certo capolavoro di Scorsese, per un film che proprio in Italia non dovrebbe faticare a trovare estimatori, dato che la dinamica a base di battute e cazzotti fra Russell Crowe e Ryan Gosling ricorda a tratti il meglio di Bud Spencer e Terence Hill.
The Nice Guys è ambientato nel 1977, in una Los Angeles sempre più sporca e corrotta, rendendolo una sorta di erede spirituale di L.A. Confidential (e la presenza nel cast di due interpreti di quel film, vale a dire il già citato Crowe e Kim Basinger, non può essere una coincidenza). Ma è anche un anno fondamentale a livello metacinematografico, su due livelli: il 1977 è, ovviamente, l’anno di Guerre stellari, il film che tradizionalmente viene usato per contrassegnare l’inizio della fine della cosiddetta New Hollywood, e nella pellicola di Black è percettibile, dall’inizio alla fine, una certa nostalgia per il modo di fare cinema che andava per la maggiore nel decennio che ci ha regalato MASH, L’ultimo spettacolo e Chinatown (con una nota di malinconia presente anche a livello paratestuale: The Nice Guys è stato girato ad Atlanta, e la Città degli Angeli è stata aggiunta digitalmente, anche se così non sembra); ma è anche l’anno in cui inizia la storia di Boogie Nights, il monumento che Paul Thomas Anderson ha dedicato al declino del cinema a luci rosse nell’era in cui cominciava a fare capolino il videotape. Ed è proprio con la morte di una pornostar che si apre il film di Black, esplicitando il simbolismo con l’ironia tipica del regista, che omaggia in seguito anche Gola profonda con il MacGuffin del film porno dove la trama ha una certa importanza.
E in mezzo a questo oceano brutale fatto di corruzione, sangue e altri liquidi corporei si muovono Crowe e Gosling, duo antitetico e perfetto, rilettura odierna e beffarda dei maschiacci che hanno caratterizzato tanto cinema di genere. L’attore australiano, tristemente noto per una certa mancanza di vis comica (vedi il deludente Un’ottima annata di Ridley Scott), si riscatta con una performance che dimostra che, con il regista giusto, l’ex-Gladiatore può muoversi in territori più vicini alla commedia senza dover tradire il proprio stile di recitazione. Il canadese invece ha una maggiore versatilità, e qui la mette al servizio di un personaggio gloriosamente – consentiteci questo termine – sfigato, che tra urla decisamente poco virili e mosse tipicamente macho che finiscono inevitabilmente per avere l’effetto opposto, si presta perfettamente al gioco postmoderno di Black. Un’operazione che non convincerà i più sensibili, ma comunque un pezzo di sano divertimento che ci ha fatto uscire dalla sala con il sorrisone sulle labbra. Non passerà alla storia, né vuole farlo, ma le due ore volano, letteralmente. Ce ne fossero, di evasioni cinematografiche fatte così!
Max Borg