6 Maggio 2017 - e

THE DRAGON DENTIST (2017)
di Kazuya Tsurumaki

Nel 2014 Hideaki Anno, autore principalmente noto per la serie anime Neon Genesis Evangelion e recentemente anche per la sua rilettura industriale dei fantasmi del cinema nipponico in Shin Godzilla (2016), ha avviato un Animator Expo, serie settimanale di cortometraggi girati da registi d’animazione più o meno in erba con la possibilità di esporli allo sguardo internazionale e lo scopo possibilmente di amplificare i loro progetti tramutandoli in serie televisive. In mezzo a essi, anche corti di personalità più di spicco nel panorama produttivo-televisivo, come Shinji Aramaki, il grandissimo Hiroyuki Imaishi e Hibiki Yoshizaki con il suo clamoroso ME!ME!ME!. Ōtarō Maijō, tra questi, può sicuramente apparire un pesce fuor d’acqua: autore di romanzi e non di animazione, alla prima esperienza da regista con un proprio soggetto ambizioso, un corto di 8 minuti intitolato The Dragon Dentist. Divenuto popolare nel sottobosco digitale degli otaku più accaniti, The Dragon Dentist è diventato un progetto più grande, e nel 2017 si è avviata la distribuzione di una serie di due episodi di 45 minuti fatti in larga scala con la regia di Kazuya Tsurumaki, con lo stesso titolo, la stessa trama. Un’operazione commerciale, infatti, ma basata su un progetto fatto con questo scopo, creato da nomi importanti e intelligenti del panorama anime. Tsurumaki inoltre è sicuramente un nome di cui fidarsi, anche solo perché è stato co-regista di The End of Evangelion (1997) e regista principale di FLCL (2000-2001), il primo una sorta di Fuoco cammina con me degli anime (negazione del media televisivo e rottura sperimentale dei ponti tra autore e pubblico) e il secondo il più anarchico capolavoro cine-televisivo forse dell’intera scena anime di quei tempi, allegoria punk e postmoderna della masturbazione adolescenziale. Da ciò si può aspettare che la mitologia fantasy e steampunk di un prodotto come The Dragon Dentist possa sprizzare da tutti i pori libertà stilistica e commerciale, con una precisa o delirante stilizzazione fuori dagli schemi.

Ed è un prodotto avvincente, con una CG statica ma a volte funzionale nel descrivere il corpo-mondo del drago, protagonista e scenografia della vicenda. L’allegoria bellica presente nel film è forte dei simbolismi miyazakiani del mostro celestiale e del conflitto tra fazioni allegoriche private di un vero significato eccetto l’antagonismo stesso, e attorno a esso gira la maggior parte della narrazione, altalenante nei toni (dal commovente al tamarro – e a volte la distinzione sta tutta nella scelta della musica, da una piano ballad a un’esplosione dubstep) ma coerente nel prendersi prevalentemente sul serio e nel descrivere i ritmi di quest’apparentemente surreale premessa fantascientifica: un mondo in cui i dentisti dei draghi, in quanto persone che conoscono meglio l’unico vero punto debole della creatura più potente e grande del mondo, hanno un’autorità imparagonabile rispetto a quella di sostanzialmente tutti gli altri. Superata questa forse ostica componente principale della distopia ucronica dell’opera, The Dragon Dentist presenta una storia piena di personaggi che si rincorrono passando attraverso i fantasmi dei temi che hanno ossessionato da sempre il cinema giapponese: la redenzione, la paura della morte, il senso di colpa, e la memoria, della vita precedente o della guerra che distrugge tutto. Tsurumaki usa la struttura pseudo-televisiva per costruire un crescendo che ha il proprio apice, sia visivamente sia emotivamente eccellente, nell’ultima mezz’ora, colma di sacrifici, monologhi, montage musicali, allucinazioni roboanti, azione ipercinetica e stacchi romantici e intensi. Nonostante un’animazione a volte fluidissima e a volte statica, non come FLCL che con la sua libertà riusciva a essere abbastanza movimentato da far sembrare violenti e coerenti pure i momenti più statici, The Dragon Dentist intrattiene con uno stile tipicamente integrato nel prototipo ritmico ed emotivo degli anime, che salta dalla risata alla lacrima, dalle piroette di scontri a metà tra le battaglie samurai e i pirotecnici voli degli spadaccini wuxia al flusso di coscienza, dal delirio onirico all’infanticidio, dal campo di battaglia al cigolìo meccanico della macchina da guerra-drago che aleggia sul mondo.

Il mondo rappresentato dalla miniserie è sicuramente ricco di trovate interessanti, come il legame fra i morti e i denti dei draghi, le misteriose creature che fuoriescono da essi e la donna che si fonde con uno di loro; purtroppo però si percepisce a volte che il grande potenziale del soggetto non sia stato sviluppato al meglio, che le soluzioni visive, per quanto efficaci, riescano solo in alcuni casi a essere veramente notevoli o memorabili, e che, in sostanza, si sarebbe potuto osare molto di più. L’aspetto meno riuscito del film è sicuramente la caratterizzazione dei personaggi, che risultano spesso blandi, poco approfonditi e addirittura forzati, in particolare il protagonista Ber; diciamo quindi che The Dragon Dentist, più che avere dei grossi difetti, ha delle mancanze che, per quanto possano far storcere il naso, non riescono per fortuna a rovinarne la visione. Fino a quel pre-finale splendido che si conclude con il monito della probabile nascita di un franchise, un franchise meno libero e denso di quello di altri prodotti in cui Tsurumaki ha messo la mano. Ma non ci si può lamentare di The Dragon Dentist, considerando come la grande sensibilità media degli autori giapponesi (e di quelli anime ancor di più) spesso produca comunque serie meno originali, con meno cuore, con meno capacità e comprensione dei limiti e dei riferimenti cinematografici, con meno Giappone nel sangue.

Tommaso Martelli e Nicola Settis

“The Dragon Dentist” (2017)
Animation, Fantasy | N/A
Regista Kazuya Tsurumaki
Sceneggiatori Yoji Enokido, Ohtarô Maijô (original story), Ohtarô Maijô (screenplay)
Attori principali Megumi Hayashibara, Suzuki Matsuo, Nobuhiko Okamoto, Fumika Shimizu
IMDb Rating 7.9

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