SADAKO V KAYAKO (2016), di Koji Shiraishi
Non avrebbe alcun senso lanciarsi in una lettura critica di Sadako v Kayako, alias The Ring vs The Grudge. Non avrebbe senso, perché il film è dichiaratamente un bene di rapido consumo destinato a essere fagocitato e velocemente dimenticato dopo aver moltiplicato il più possibile gli yen spesi per finanziarlo, scritto approssimativamente e girato ancora peggio, tanto proteso a pescare in due immaginari già noti e codificati da stravolgerne anche il senso senza nemmeno rendersene conto. Non avrebbe alcuno scopo lanciarsi in una lettura critica, dicevamo, e quindi, più che una recensione, questa sarà la cronaca di una visione fuori dagli schemi. Mutuata direttamente dal Bergamo Film Meeting che la propone da innumerevoli anni, anche al Torino Film Festival la notte horror sta diventando una tradizione radicata e irrinunciabile, capace, il primo sabato di Festival, di riempire la sala da mezzanotte alle 5 circa del mattino con un programma di tre film intervallati da brioches e caffè. Durante la notte, il cinema (horror) assume un gusto proibito, si sostituisce ancor di più ai sogni, penetra prepotentemente nei sensi, cogliendo il pubblico nell’orario in cui è più debole, fra il sonno represso e la consapevolezza di stare partecipando a una maratona, a una sorta di lotta contro se stessi e contro il proprio fisico, andando a ficcare il naso nei fatti dei fantasmi e delle streghe proprio quando è la loro ora. Ecco quindi che, se visto dalle 3 e mezza alle 5, anche un film oggettivamente pessimo come Sadako v Kayako può diventare un evento, una proiezione irrinunciabile, il modo migliore per chiudere una nottata iniziata con l’interessante Sam was here e proseguita con lo splendido classico The Return of the Living Dead. Certo, dal J-horror giapponese ci aspettavamo qualcosa di meglio, che fosse nella sfera dell’inquietudine o nel faceto di un film dichiaratamente trash, magari non proprio una parodia ma un qualcosa che sapesse sfruttare le ambiguità potenzialmente divertenti di un simile crossover. E invece Sadako v Kayako si prende esageratamente sul serio, come se non si rendesse conto di avere messo in scena “il miglior esorcista del Giappone” tanto certosino nel cogitare un piano geniale (raddoppiare la maledizione su tutte e due le vittime sperando che gli spettri si annullassero a vicenda per litigarsele) e un piano di riserva altrettanto geniale (un inutile tappo di vimini a coprire un pozzo) da vederli entrambi saltare nel giro di trenta secondi. Sadako v Kayako mette insieme due film nei fatti molto simili, ma fatti coesistere in maniera talmente approssimativa da proseguire apparentemente all’infinito sul doppio binario del montaggio alternato, nell’attesa di un incontro fra le due entità che avviene, con esiti ai limiti del disastroso e senza una reale giustificazione minimamente sensata, soltanto negli ultimi dieci minuti.
Sulla scia del già tutto fuorché indimenticabile Freddie vs Jason che metteva uno contro l’altro i mostri di Nightmare e Venerdì13, ma ricalcando piuttosto i difetti, seppure in ambito horror, del cinefumetto Batman vs Superman, la Universal nipponica ha deciso di contrapporre i fantasmi delle due saghe horror giapponesi più note – originariamente a firma, rispettivamente, di Hideo Nakata e di Takashi Shimizu, che di The Grudge ha diretto anche il pessimo remake statunitense –, affidando a Koji Shiraishi il compito di tenere le fila di un discorso che, già nelle intenzioni, non ha alcuna velleità al di là del mero intrattenimento. Un intento che di per sé non sarebbe deprecabile, a patto che il film, nel suo dichiararsi apertamente come un horror dozzinale che vuole far leva sulla nutrita schiera di fan delle due saghe – specialmente The Ring, portato al successo planetario da Gore Verbinski con il suo remake del 2002 – sappia realmente unire i due universi e intrattenere per il corso della sua durata. Il problema di Sadako v Kayako è, molto più banalmente, che il film non “funziona”. Non fa paura, mai, e si limita a riproporre all’infinito, senza mai variare nemmeno di un minimo, sempre lo stesso schema fatto di apparizioni e telefonate dopo la visione della videocassetta maledetta, di inseguimenti e morti immediate per chi entra nella casa infestata. Fra improbabili insegnanti ossessionati da Sadako, studentesse che comprano vecchi videoregistratori VSH e guardano i video maledetti, falliti tentativi di suicidio perché solo lo spettro può uccidere la sua preda e ben due esorcisti totalmente inadeguati, di cui uno con bambina cieca al seguito, Sadako telefona e uccide, mentre Kayako e prole, dopo aver fatto sparire alcuni bambini, chiamano a loro un’altra studentessa la cui unica ‘colpa’ è stata quella di trasferirsi nella casa a fianco. Non parliamo da appassionati delle due saghe, ma se possiamo tentare di capire le necessità narrative che hanno portato a velocizzare fino a stravolgere sia The Grudge, sia soprattutto The Ring – basti dire che da una parte gli spettri di Kayako e del figlio Toshio, anziché inquietare in un climax che va avanti per lunghe settimane, appaiono subito e uccidono chiunque gli capiti a tiro, e che dall’altra i celeberrimi “sette giorni” che separano la visione della videocassetta dall’apparizione orrenda di Sadako diventano qui solo due, oppure che mostrare ad altri la cassetta, l’unico modo per liberarsi della maledizione di The Ring, qui viene liquidato come una falsa leggenda –, ben altro discorso sarebbe riuscire a perdonarle. Però, come già detto, questo film lo abbiamo visto dalle 3 e mezzo alle 5 del mattino, in una sala piena di piccoli appassionati (anti)eroi disposti a rinunciare a una notte per consacrarla allo schermo, alle poltrone, alle sale. Sadako v Kayako è un film dozzinale, approssimativo, indiscutibilmente al di sotto del minimo indispensabile. Ma per metterlo a chiusura della notte horror di Torino, folle chiusura di una serata ‘per duri’, lo avremmo senza dubbio selezionato anche noi, e da semplici spettatori saremo per sempre felici di averlo visto nella migliore occasione possibile.
Marco Romagna