PICCOLA PATRIA (2013), di Alessandro Rossetto

Dopo essere passato abbastanza inosservato a Venezia, Piccola Patria ottiene un buon riconoscimento a Rotterdam. Alessandro Rossetto, classe 1963, padovano, formatosi tra l’Italia e la Francia, da una quindicina di anni documentarista, torna nella sua terra per ambientare un film particolarissimo ed interessante. Per il suo debutto alla finzione, Rossetto ha scelto come ambientazione quella campagna industriale del Veneto che sembra non offrire né attrattive per i turisti né speranze per i suoi abitanti. Proprio da questo male di vivere, da questa noia latente e consumante due ragazze impiegate decidono di abbindolare e ricattare uno sconosciuto, forse unicamente per far accadere qualcosa in una realtà sempre più asettica.

Un film che nella continua confusione ed esposizione di temi e personaggi riesce a coltivare una continua libertà di espressione e di idee.  La sceneggiatura solida tende a sfaldarsi proprio per far fluire la continua deriva delle storie che si intrecciano e si confondono anche dove non sembra esserci molta speranza di sorta e l’esistenza pare non aver nessuna via di fuga e/o di scelta.

Rossetto ci porta in quell’ambiente apparentemente vuoto ma in realtà denso quanto confuso, di corpi, d’umanità, di esperienze. Il suo vagare con la macchina da presa è un atto di intuito, una presa di coscienza dei suoi stessi luoghi che un estraneo non riuscirebbe  ma a percorrere con la stessa meticolosa deriva. Il malessere di cui ci parla Rossetto è una condizione mentale e non necessita affatto di paletti e filo spinato per manifestarsi. Un piccolo film da recuperare.

Erik Negro