O Futebol è il Mondiale 2014 in Brasile, culminato con gli incredibili sette schiaffoni presi in casa dalla Seleçao verdeoro, al cospetto di una Germania perfetta che si laureerà pochi giorni dopo Campione per la quarta volta. O Futebol è rimanere davanti a uno stadio, senza il denaro per potersi permettere i prezzi folli dei biglietti, solo per respirare l’atmosfera di un evento tanto grande ed importante, cercando di capire se quell’urlo sia un gol o meno, e di quale squadra. O Futebol è quello sport al quale si è regolarmente giocato, nonostante la corruzione dilagante in Brasile, gli scandali per la costruzione dei nuovi stadi, la difficile situazione di un Paese che pare a tratti sull’orlo di una guerra civile. Ma soprattutto, nel piccolo film di Sergio Oksman presentato in Concorso a Locarno68, O Futebol è la passione per il calcio che sfonda le barriere generazionali, riavvicinando un padre e un figlio. Nel momento forse più importante.
E infatti, il regista, O Futebol decide di non farcelo vedere mai, lasciandolo come fuori fuoco sullo sfondo del dramma umano. Girato in buona parte in automobile, il film vede i continui confronti fra un anziano padre, ironico ed estroverso, ed il figlio, interpretato dallo stesso regista, tornato a San Paolo per il mese dei Mondiali dopo oltre vent’anni di assenza. Nelle loro intenzioni, la volontà di tornare a vedere insieme le partite come in gioventù, in un periodo scandito dall’incedere del campionato e dall’affacciarsi dei ricordi. Ecco quindi che il padre si scopre una sorta di enciclopedia del pallone, pronto a recitare a memoria non solo le formazioni del passato, ma anche gli arbitri designati per i match più importanti, ed il figlio si ritrova a riscoprirsi molto più legato alle proprie radici ed affezionato al genitore di quanto non voglia in realtà ammettere. Il rapporto, fra vecchie figurine ed il ricordo di quella volta a vedere il Botafogo, si scalda sequenza dopo sequenza, mentre il serrato calendario dei Mondiali continua ad offrire partite e nazionali sempre nuove. Ci si chiede perché l’Italia, con il suo tricolore verde, bianco e rosso, indossi una maglia azzurra (colore dei Savoia, ndr), ci si chiede per quale motivo stia giocando Dani Alves al posto di Maicon, “molto più bravo in attacco”, si esulta ad ogni goal, lasciato rigorosamente fuori campo, commentandone la fattura. Si capisce che il Brasile non vincerà, troppo certo della propria superiorità per scendere davvero in campo concentrato.
È più o meno all’altezza dei quarti di finale, quando la maggior parte delle squadre è stata eliminata e le partite iniziano a diradarsi, che inizia il dramma ed il film si intinge di un’umanità sincera. Il vecchio padre si sente male, e agli schermi televisivi dei bar e dei parcheggi si sostituiscono le corsie dell’ospedale ed i lavori sul tetto di fronte. Mentre il Brasile perde 7-1 in casa dalla Germania rievocando il Maracanazo, l’anziano se ne va, in punta di piedi, con l’ironia che ha accompagnato tutta la sua vita, e al figlio non resta che prendere la macchina e girare a vuoto per una San Paolo deserta, probabilmente alla ricerca di se stesso. Si sta giocando la finale, si ode un boato, la Germania ha segnato contro l’Argentina, ed il Brasile sconfitto torna unito nel tifo contro gli acerrimi nemici a strisce biancocelesti.
O Futebol è un film molto piccolo, lungo poco più di un’ora, critico nei confronti di un Brasile spocchioso e alla deriva, ma al contempo sinceramente appassionato nei confronti dello sport più bello del mondo. Certo, il lavoro di Oksman non brilla per originalità né per stile, e le ripetute sequenze filmate dal portabagagli tendono a rivelare, più che una tensione al minimalismo, una povertà visiva che alla lunga diventa un limite piuttosto palese del film. Ma, da calciofili di lungo corso, ci siamo imbattuti in un lavoro profondamente onesto e sentito, capace di coniugare la risata e lo strazio in quel mese che, ogni quattro anni, ci sembra il momento più importante di sempre. Non cercavamo il capolavoro, forse neanche un bel film, abbiamo trovato quasi inaspettatamente la nostra vita e nostro nonno. In un lungometraggio forse troppo semplice ed imperfetto, ma da difendere a spada tratta. Perché O Futebol, da sempre, unisce, appassiona, pulsa. Goal!
Marco Romagna