NAUSICAA – L’ALTRA ODISSEA (2017), di Giuseppe (Bepi) Vigna
Quello di Bepi Vigna è un nome legato a doppio filo al fumetto. Sceneggiatore per la Bonelli sin da metà anni Ottanta, Vigna è autore di diversi albi di Dylan Dog e Zagor, e soprattutto è fra i creatori della serie Nathan Never, che lo ha consacrato come una delle principali firme della graphic novel italiana. La sua idea di rileggere la storia di Nausicaa sedotta e abbandonata da Odisseo per giungere a un plot twist di rara tenerezza si era già concretizzata nel 2012 in 84 tavole disegnate da Andrea Serio, e oggi, sempre con i nerboruti disegni di Serio, trova una nuova forma nell’omonimo cortometraggio Nausicaa – L’altra Odissea, selezionato come apertura di SIC@SIC e presentato nella Sala Perla veneziana. Un film, come dichiarato dai titoli di testa, non “animato”, ma “disegnato”, che anziché far muovere i personaggi preferisce cercare il proprio movimento e la propria emotività nei fondali cangianti che sembrano quasi prendere vita sotto alla china delle figure umane, nei contrasti netti e nei colori sgargianti. Ostentando passione, gusto estetico e soprattutto un ponte sempre aperto fra il fumetto e l’animazione, pronto in tutti e due gli ambiti a rileggere le avventure di Ulisse ragionando sulla finzione, sulla tradizione, sul rimpianto, sull’emotività.
Il punto di partenza è il testo più classico che esista, ed è la narrazione che da orale passò a scritta nella più fiorente tradizione greca. Nessuno, nelle fonti discordanti, potrà mai sapere se Omero sia realmente esistito: ciò che sappiamo è che l’Iliade, e ancor di più l’Odissea che Vigna rimette parzialmente in scena, sono mattoni fondamentali della narrazione senza i quali probabilmente la letteratura non sarebbe mai esistita. Quella di Omero è una figura in sostanza mitologica, creata/tramandata/vissuta, poco importa di questo, per dare forma definitiva alla mitologia, per rendere le parole poesia, per rendere le storie epica, e non è certo un caso che proprio sul cantore cieco di dei e d’eroi finirà per vertere il colpo di scena. Ma andiamo per ordine. Nausicaa – L’altra Odissea muove i suoi primi passi dall’arrivo di Ulisse presso la corte di Alcinoo, con i suoi racconti d’avventura ed eroismo declamati di fronte alla bella Nausicaa figlia del re. Ci sono i suoi viaggi fra ciclopi, sirene e maghe innamorate, c’è il soldato e navigatore pronto con le sue parole ad affascinare e sedurre la principessa, e poi ci sono i loro incontri notturni come unico modo per sopportare la falsità di un un giorno nel quale l’amore pulsa esattamente come di notte, ma non può essere dichiarato per questioni di corte, di convenienza, di pudore. Ma poi, inevitabile, c’è anche la disillusione, c’è anche il trauma, c’è anche l’abbandono di una vela che si allontana alla ricerca di nuovi lidi e di nuove avventure. O forse no.
L’idea che, al di là di Omero, rende Nausicaa – L’altra Odissea semplice e geniale sta tutta nella seconda parte, quando Odisseo è già ripartito. Sta tutta nel viaggio che Nausicaa si sobbarcherà per ritrovare chi l’ha abbandonata tradendo i suoi sentimenti e la sua fiducia, sta tutta nelle sue peregrinazioni in giro per la città della Grecia, in attesa di un nuovo e (in)sperato incontro. Nel suo vagare, Nausicaa scoprirà come le storie narrate da Odisseo nient’altro fossero che frutto della sua fervida fantasia, probabilmente studiate a tavolino proprio per sedurre, ma quando finalmente lo ritroverà seduto in una piazza, ormai cieco e chiamato da tutti Omero, il soldato/navigatore/narratore non la riconoscerà, e ammetterà sinceramente di fronte a lei ogni suo errore e ogni suo rimpianto a partire proprio dall’abbandono del più grande e unico vero amore della sua vita. In questo ha enorme cuore, Nausicaa – L’altra Odissea, forte di una tenerezza che giunge quasi inaspettata nel magnifico finale, e nel frattempo si pone come acuta riflessione sul mito, su chi lo ha fatto diventare tradizione, su quali siano le sue possibili stratificazioni e su quale sia la sua possibile contestualizzazione contemporanea, in disegni, tratti e colori, dal fumetto fino alla sua animazione.
Bepi Vigna analizza i turbamenti dell’adolescente innamorata, per poi costruire sul suo personaggio un vero e proprio romanzo di formazione che la porterà a diventare donna. Nelle avventure di Nausicaa, il sardo Vigna costruisce un cortometraggio basato sugli archetipi e sulla tradizione, profondamente intriso del bacino del Mediterraneo, del suo sole, del suo mare e delle sue storie che infinite si propagano da migliaia di anni. La rielaborazione dei racconti di Omero permette al fumettista, regista e sceneggiatore di interrogarsi sulla narrazione, sulla funzione stessa della fantasia, e non certo in ultimo sulla sensibilità e sui sentimenti che stanno alla base (o, per lo meno, dovrebbero stare alla base) di ogni racconto. Il suo è un piccolo film prezioso, accorato, assolutamente da sostenere, come assolutamente da sostenere, in testa Le visite secondo Elio Di Pace, parrebbe per ora ogni cortometraggio italiano selezionato da Giona Nazzaro e dal suo team nella piccola sezione annessa alla 32ma Settimana Internazionale della Critica. È una selezione estremamente poliedrica nel genere, ma fatta di linguaggi cinematografici ben chiari, che non hanno paura di osare, che non hanno paura di giocare con le immagini, con la realtà, con le narrazioni, con la Storia e nemmeno con il mito, con i mostri sacri. È una selezione fatta di profonda appartenenza anche regionale, di vitalità, di passione, di cinefilia. È una selezione intelligente di opere intelligenti, acute, profonde, quale che sia la loro forma e ben al di là della loro breve distanza. È una selezione di film che non escono dagli occhi, né dal cuore. Il cinema del Belpaese ha ancora qualche speranza. Basta dare fiducia a chi la merita.
Marco Romagna