4 Novembre 2017 -

MAYHEM (2017)
di Joe Lynch

Fantascienza è ormai diventato negli anni un termine sempre più labile: quando le storie di mondi futuri, lontani o alternativi hanno cominciato a sviluppare nuovi discorsi, l’assonanza con ciò che indicava originariamente il termine è andata a perdersi. È ormai l’età della dissolvenza dei generi, e il Trieste Science + Fiction Festival ne è perfettamente consapevole, a partire dal nome fino alla selezione proposta, che allo spettacolo di mezzanotte della terza giornata ci ha offerto in anteprima italiana Mayhem, un film action-horror con una punta di distopia, firmato dal regista statunitense Joe Lynch, un vero “guilty pleasure” proprio in quanto dà delle soddisfazioni possibili solamente nel buio della sala.
Il film è costruito su due semplici premesse narrative: la prima è che nel mondo ha cominciato a diffondersi rapidamente un virus che è in grado di sbloccare tutti i freni inibitori delle persone; nonostante sia possibile eliminarlo facilmente con la semplice messa in quarantena per otto ore del luogo infettato, il virus porta le sue vittime a compiere atti inconcepibili per il loro stato normale, dai rapporti sessuali in pubblico all’omicidio. In secondo luogo, è già stato dimostrato nel primo caso di omicidio sotto gli effetti di questi virus che chi è sotto la sua influenza non può essere giudicato responsabile delle sue azioni, e di conseguenza, con tanto di precedente che fa giurisprudenza, è immune da qualsivoglia conseguenza legale. Quando il virus si diffonde proprio nello studio legale che aveva vinto la suddetta causa, le premesse narrative creano un ambiente in cui tutti i personaggi sono privi sia di limiti interni che di paura delle conseguenze esterne, perfetto per far esplodere tutte le loro emozioni represse nei modi più violenti possibili. È il perfetto scenario per le storie di vendetta dei protagonisti Derek Cho, licenziato ingiustamente quel giorno stesso dallo studio, e Melanie Cross, a cui è stata pignorata la casa. Otto ore di libertà per loro che diventano 86 minuti di selvaggia goduria cinematografica per noi: ogni pugno sferrato, ogni schizzo di sangue, ogni urlo, ogni oggetto che si rompe, ogni arma scagliata contro qualcuno è una soddisfazione indescrivibile, uno sfogo tanto necessario per i personaggi sullo schermo quanto per il pubblico. Una botta di adrenalina purissima.

Mayhem è una critica esplicita dello stile di vita dettato dal feroce capitalismo americano, in cui regnano l’egoismo e il crudele arrivismo, e in cui per sopravvivere è necessario sacrificare tutta la propria vita per orari massacranti, oltre a essere disposti a scavalcare violentemente i propri colleghi. È un film catartico come lo era tragedia greca, un’occasione per vedere sfogate in una rappresentazione delle passioni e delle pulsioni proibite nella vita di tutti i giorni. Il film include già al suo interno uno sguardo sulla vicenda: è narrato in prima persona da Derek, mentre lui stesso dipinge e reinventa alcune delle immagini che vediamo sullo schermo.
Questa sorta di stilizzazione della realtà e lo stile della narrazione contribuiscono alla sensazione di un film che trae in maniera intelligente molti elementi del linguaggio del fumetto, anche per la presentazione di alcuni personaggi, caratterizzati con epiteti minacciosi come “il Mietitore”. E la violenza è meravigliosa, dirompente, girata in maniera clamorosa: Mayhem è una scarica di adrenalina ininterrotta, un crescendo di follia irresistibile, che riesce a evocare l’estetica pop senza che questa copra invasivamente la crudeltà mostrata su schermo. Anche la colonna sonora è azzeccatissima, tamarra quanto basta (e quanto serve), un trip elettronico perfettamente ritmato che riesce a caricare ancora di più la tensione del film. La scrittura dei personaggi, nella sua essenzialità, riesce a non scadere nel troppo facile macchiettismo, sfaccettando con particolare cura la protagonista femminile, perfetto equilibrio fra crudeltà e fascino. Ottima anche la costruzione dei rapporti fra gli impiegati dell’ufficio e dei loro rancori, le cui fondamenta sono perfettamente comprensibili se non condivisibili: Joe Lynch non fa altro che lasciare a queste frustrazioni, che tutti abbiamo provato nella nostra vita, una valvola di sfogo.

Mayhem è uno spettacolo unico, un tour de force di violenza e tensione che tiene incollati alla poltrona dal primo all’ultimo minuto, una parata di azione, un manuale di regia nel lasciarla deflagrare, costellato da talmente tanti momenti memorabili che è quasi impossibile elencarli. In un sottobosco malato di sotterfugi, tradimenti e doppi giochi, di interessi e di carriera, di misteriosi consigli dei 9 – anzi 8 – e di perfetti capri espiatori, ci sono chiavi elettroniche (a volte bruciate) per raggiungere i piani più alti della piramide sociale, ci sono sparachiodi usati come arma impropria e letale, ci sono chiavi inglesi, tubi innocenti, corse a perdifiato, rivoli di sangue e ritmi forsennati. Mayhem è intrattenimento puro, esplosivo, anarchico, libero. È un’immersione nella violenza, un semel in vita licet insanire, superficie di una lotta sociale, di un’opposizione alle ingiustizie, di una scoperta, tardiva e proprio durante la fase più bestiale, dell’umanità.
Solo quando l’occhio è rosso, in un certo senso, si riesce a vedere chiaramente quanto il presidente cocainomane della società sia uno squalo circondato da squali, quanto la propria capa sia disposta a scaricare un proprio errore sul primo sottoposto disponibile a costo di truccare le carte, quanto la sua assistente sia pronta a tradirla senza battere ciglio in cambio di un avanzamento di carriera. Fra codici monouso e stravolgimenti delle alleanze in campo, Mayhem costituisce un’acuta metafora del mondo lavorativo, rappresentando attraverso la sua distruzione, in un certo senso, come la lotta di classe sia ancora possibile. Nei suoi abiti di pura exploitation, si configura probabilmente come la chicca, come la più bella perla del Trieste Science + Fiction Festival 2017, come un perfetto film (non solo) di mezzanotte, che senza dubbio meriterebbe di trovare la propria rotta nel mare tortuoso della distribuzione italiana, chiaro nelle premesse e poi perfettamente lineare nel suo lucido cinedelirio pliniano. È un film che trova finalmente un barlume di giustizia nel mondo spesso cinico della legge, che rade al suolo per ripartire daccapo, e che nel frattempo scalda ed esalta il cuore cinefilo dello spettatore, straordinario (quasi) quanto un Quentin Tarantino, quanto un Sion Sono, quanto un Takashi Miike particolarmente in forma. L’unico vero delitto, per lo meno l’unico punibile, sarebbe lasciarselo sfuggire.

Tommaso Martelli

“Mayhem” (2017)
86 min | Action, Horror | USA
Regista Joe Lynch
Sceneggiatori Matias Caruso
Attori principali Steven Yeun, Samara Weaving, Steven Brand, Caroline Chikezie
IMDb Rating 7.1

Articoli correlati

LAST FLAG FLYING (2017), di Richard Linklater di Marco Romagna
TONYA (2017), di Craig Gillespie di Marco Romagna
BUSHWICK (2017), di Cary Murnion e Jonathan Milott di Nicola Settis
EX LIBRIS: NEW YORK PUBLIC LIBRARY (2017), di Frederick Wiseman di Erik Negro
L'ULTIMA SPIAGGIA (1959), di Stanley Kramer di Marco Romagna
COLD SKIN (2017), di Xavier Gens di Marco Romagna