6 Settembre 2020 -

MANDIBULES (2020)
di Quentin Dupieux

Quentin Dupieux è semplicemente ‘folle’, se volessimo riassumerlo. Dalla doppia carriera DJ/regista, fino alle storie grottesche che vuole raccontare e i micro-mondi in cui esse si svolgono. Una realtà in cui un copertone è un serial killer, una in cui tutto è sbagliato incluso gli orologi, una di sbirri con vite fuori di testa. Ora, dopo la (quasi) teoria dei più ambiziosi Reality e soprattutto Deerskin, in Mandibules è tempo di un mondo di mosche giganti e amicizie eterne, in cui provare a spiegare significa inevitabilmente perdersi. Delineare perché è stata una visione interessante è pressoché impossibile, si scadrebbe in un nonsense critico che rivaleggerebbe l’associazione libera di idee che rende così vivace la visione di Mandibules. Si può descrivere il film per quello che è: un buddy movie, con due protagonisti irresistibili (e oltremodo idioti), i pressoché analfabeti senzatetto Manu e Jean-Gab, interpretati da due comici francesi, che sognano di raggiungere la loro utopia individualista di ricchezza e pigrizia attraverso una commissione per conto di una specie dicriminale, senza alcuna coscienza di cosa effettivamente debbano fare. Rubata una macchina con cui procedere nella missione, ne aprono il bagagliaio e vi trovano, appunto, una mosca gigante. Decidono di provare un nuovo percorso, ammaestrare la mosca, allenandola a rubare per conto loro cibo ed elementi essenziali alla vita, per vivere per sempre senza dover dipendere dai soldi, che non saprebbero altrimenti come recuperare per campare. Il processo dell’allenamento è lungo, difficoltoso e pieno di sketch deliranti, la maggior parte dei quali girano attorno al batti-cinque alternativo e senza senso dei due protagonisti («Toro»), che viene riproposto ogni due minuti con variazioni di ogni tipo legate ai cambi di contesto continui che rendono la storia un viaggio comico e surreale davvero efficace. La mosca, denominata Dominique, un animatronic costruito e animato benissimo che risulta nel contempo disgustoso e tenero, fornisce vari momenti slapstick brillanti, e Agnes, personaggio secondario interpretato da Adele Exarchopoulos (l’Adele di Kechiche) che ha avuto un danno cerebrale in seguito a una caduta, è comunque, in modo folle, il personaggio più assennato di tutto l’ensemble di figure che interagiscono con Jean-Gab e Manu. Questo è quello che il film è, e la visione rivela poco altro oltre all’essenza narrativa che l’esperienza di visione fornisce, ovvero un viaggio leggero e umoristico, che sorprende e diverte senza davvero cercare una profondità. Ma cos’è che il film rappresenta? È solo un atto demenziale di umile resa di fronte alla natura folle dell’esistenza? O c’è qualcos’altro?

Se c’è qualcos’altro, è difficile da cogliere. Mandibules, nel percorso di Dupieux, è evidentemente un film minore. Eppure è un grande, grandissimo film minore. Divertente, folle, geniale. Di quelli che non bastano mai, fatti di un continuo sviare, di un continuo perdersi nelle tangenti, di una continua e demenziale confusione fra fine e mezzo. Del resto anche nei suoi lavori più riusciti e ambiziosi Dupieux è un regista di divertissement, di quelle che facilmente decidiamo di chiamare informalmente, se mi perdonate il termine, ‘cazzate’, ma che piacciono, comunque, spesso, a tutti quanti gli spettatori del mondo festivaliero che invece, di solito, finisce per disdegnare tali cosiddette ‘cazzate’. La grande domanda è dov’è il confine, e in che dimensione le ‘cazzate’ possono piacere a chi il cinema lo mastica e pensa di essere superiore al mero intrattenimento, in cui senza dubbio Mandibules rientra, senza esplicitare troppo impegno autoriale. La verità è che il mondo interno di Mandibules è coerente e quadrato nella sua assurdità, dai colori pastello alle sovraesposizioni fotografiche, dai ritmi comici basati su suoni e versi alla regia quadrata e mai frettolosa, che in poco più di un’ora e un quarto riesce a racchiudere e concludere coerentemente un filone, un percorso narrativo, il racconto di un’amicizia. Alla fine, si simpatizza con Manu e Jean-Gab non tanto a causa del loro carattere o della loro profondità umana, ma a causa della loro lotta individualistica, figlia dei nostri tempi di delirio, resa, naturalmente, con il delirio che è giusto conferire a essa. La contemporaneità è figlia di questo sogno, raggiungere la ricchezza, la tranquillità, un relax in cui il lusso è scontato, e questo sogno può appartenere a tutti, persino a Manu e Jean-Gab, persone vuote e splendide che non hanno alcun merito, ma che possono e anzi devono sognare. La loro commissione criminale è una dentiera argentata per un vecchio che è ricco da far schifo, quando loro neanche possono permettersi da mangiare, e per sopravvivere non possono che attaccarsi a questi sogni surreali, che tuttavia, per loro, sono praticamente l’unica verità. Se continuiamo a ogni visione a cercare di discutere perché ancora ha senso guardare film e cosa i film dovrebbero fare, Mandibules ci pone di fronte allo stesso quesito che sentiamo di doverci chiedere di fronte alle commedie più stupide e godibili, ovvero: c’è bisogno di un processo intellettuale per metabolizzare un film e gradirlo, o basta riderne? Di fronte all’ultimo film di Dupieux, le opinioni girano attorno alle stesse parole; è, sì, quello che chiunque definirebbe una ‘cazzata’, ma nel suo essere universalmente riconoscibile come geniale, pur in una dimensione pressoché inspiegabile, è, sì, anche un gran bel film, perché è una gran bella esperienza. Inesplicabile, anzi, forse comprensibile solo nella logica che vede gli spettatori in osmosi con la comprensione della natura sognatrice (e idiota) di Manu e Jean-Gab.

Il che in realtà ci porta ad aprire un’altra parentesi, forse esterna al film ma interna all’operazione dell’essere spettatori: cosa ci crea immedesimazione con l’idiozia? L’imperante dissennatezza del protagonista di Uncut Gems, il più perdente tra i vincitori e il più vincitore tra i perdenti, scuote ed emoziona e in egual misura è frustrante e fastidiosa; in che modo Manu e Jean-Gab, che con meno mezzi e in un mondo più stupido inseguono ambizioni analoghe, possono invece essere maschere di un qualcosa di universalmente apprezzabile e divertente? Dupieux è bravissimo a portare il pubblico in una dimensione separata in cui tendiamo ad accettare l’assurdo, e questo è probabilmente il suo maggior pregio, l’autorialità della fesseria che rivela la fesseria dell’autorialità. Ci si trova a vedere tenerezza nell’immagine folle della mosca gigante anche perché si finisce per idolatrare e comprendere la missione del desiderare vederla aiutare fino in fondo i suoi allenatori/amici umani, i nostri eroi senz’arte né parte, i nostri protagonisti sfigati e quindi le persone in cui più possiamo permetterci di immedesimarci in questa dimensione apparentemente vacua. E si crea anche la più meravigliosa delle ambiguità, quella che ci pone nella situazione del vedere parte della storia e immaginarne il seguito, con un finale apertissimo che stuzzica e lascia in bocca il sapore dell’incompletezza, quasi invogliando a volere di più – volere vedere ancora più gag all’interno del mondo di questa ‘cazzata’. Ciò rivela quello che probabilmente è invero ciò che interessa a Dupieux nella dimensione di questa storia, ovvero il voler trovare stupidità nel genio e genio nella stupidità, rivelare la grandiosità della contraddizione col puro intrattenimento, non corrotto dalla ricerca di un senso, un vizio della scrittura occidentale. Viviamo in un mondo di idioti e mosche giganti e forse bisognerebbe solo stare zitti e accettarlo. E chi il film non l’ha visto probabilmente non trova molto senso in queste parole… ma a chi invece ci è entrato, capisce di cosa stiamo parlando, e vive la vita come un sogno o un gioco dell’oca in cui si passa da un incontro assurdo all’altro, ecco, a costoro, probabilmente l’unica cosa da dire, che eliminerebbe anche la veridicità di ciò che la precedete in questo testo, è: «Toro!».

Nicola Settis

Roma, 26 maggio 2021
Si comunica che il film MANDIBULES – DUE UOMINI E UNA MOSCA di Quentin Dupieux distribuito da I Wonder Pictures Distribuzione, è stato designato Film della Critica 2021 dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI.
Motivazione:
Un irresistibile esempio di comicità surreale, zeppo di trovate impossibili che s’innestano l’una sull’altra secondo una logica implacabile. Come in un improbabile incrocio fra Cronenberg, Samuel Beckett e Gianni & Pinotto, Dupieux firma un film comico e intelligentemente fuori dagli schemi. Si ride, ma il disagio non abbandona mai la presa. E la stupidità umana fa quasi tenerezza. (uscita 17 giugno 2021)
“Mandibules” (2020)
Comedy | France
Regista Quentin Dupieux
Sceneggiatori Quentin Dupieux
Attori principali Adèle Exarchopoulos, Anaïs Demoustier, Dave Chapman, Grégoire Ludig
IMDb Rating N/A

Articoli correlati

SAMP (2020), di Antonio Rezza e Flavia Mastrella di Marco Romagna
NOMADLAND (2020), di Chloé Zhao di Nicola Settis
GENUS PAN (2020), di Lav Diaz di Nicola Settis
THE DUKE (2020), di Roger Michell di Anna Chiari
MISS MARX (2020), di Susanna Nicchiarelli di Anna Chiari
GUERRA E PACE (2020), di Martina Parenti e Massimo D'Anolfi di Claudio Casazza