L’OMBRE DES FEMMES (2015), di Philippe Garrel
Il Cinema dà e toglie, crea e distrugge, unisce e separa. Il Cinema è realtà e menzogna, amore e tradimento, il Cinema è carne, apatia, empatia. Il Cinema è vita, il Cinema è Resistenza. Philippe Garrel, con L’Ombre des Femmes, torna al triangolo amoroso, torna alla propria capacità romantica di scandagliare l’animo umano, torna al mostro dagli occhi verdi che tanto gli è stato caro durante la carriera, torna all’umana necessità dell’errore e alla paradossale sincerità della bugia, ma soprattutto si lancia in un disperato grido d’amore nei confronti del mezzo che ha sempre usato per raccontare i suoi temi. La grana grossa del 35mm sfrigola e crepita quasi come fosse un fuoco sullo schermo, rendendo l’immagine viva, emozionante, mossa da una propria intrinseca forza. Come nel precedente La Jalousie, Philippe Garrel sceglie l’emulsione e il bianco e nero fotografato da Renato Berta, capace di avvolgere le figure in un alone quasi mistico, per costruire un film piccolo e potente, appassionato e disarmante, un film fatto di contrasti, luci ed ombre, ma di una tenerezza quasi rohmeriana.
Lui e lei, Pierre e Manon, squattrinati registi di documentari, alle prese con l’intervista ad un eroe della Resistenza, la svolta in un lavoro di anni. Lui attende di affermarsi e nel frattempo fatica a pagare l’affitto, lei ha rinunciato ad occupazioni e vita più stabili pur di condividere con lui anche la passione lavorativa. Ma poi arriva il materiale d’archivio da visionare in moviola, quel carrello pieno di pizze 35mm spinto a fatica dalla procace stagista Elizabeth: il triangolo è servito. Pierre e Manon si amano di un amore forse abitudinario, ma al quale nessuno vuole rinunciare; Pierre forse non ama realmente Elizabeth, ma non può fare a meno del suo corpo. Nel frattempo, anche Manon tradisce Pierre, salvo poi pentirsene e lasciare immediatamente l’altro. Garrel tende alla sensualità senza mai filmare il sesso: il suo sguardo minimale e levigato è sempre stato piuttosto proteso sull’amore, unica entità degna di essere filmata, matrice di ogni storia, e forse anche della Storia. In L’Ombre des Femmes, i rapporti messi in scena da Garrel sono quanto mai disillusi e apatici, come se lo stesso amore fosse diventato un’assuefazione, ma mai freddi, perché la tragica passione non si può ingabbiare in errori e comportamenti di facciata. Pierre e Manon si amano, si tradiscono, soffrono, si deprimono, si lasciano, ma soprattutto continuano ad amarsi.
Philippe Garrel si addentra nelle anime dei protagonisti. Prima il rapporto a due, poi a tre, poi a quattro, e poi soli. “Lui non voleva, lei non voleva. E si lasciarono”. La profondità del regista francese riesce ad addentrarsi nelle anime mettendone a nudo sentimenti ed emozioni, ma mai cede alla lacrima o alla contrizione. Garrel piuttosto fa vivere i propri protagonisti e vive di loro, li segue, li ama e ama il loro amore, li fa sbagliare, ma non per giudicarli, piuttosto per capirli profondamente anche nell’errore. Passa il tempo, passa la depressione, passa la solitudine, muore l’eroe della Resistenza. Pierre e Manon si incontrano nuovamente al suo funerale. Parlottando in fondo alla chiesa, scoprono che in realtà l’eroe era un impostore, voltagabbana che aveva basato l’intera vita su bugie. Come Pierre e Manon, innamorati ma disposti a tradirsi e mentirsi a vicenda. Nella vita -sembra suggerire Garrel- la strada più semplice per l’affermazione è la menzogna, ma molto più importante rimane il cuore. La bugia, nella vita come in amore, è fondamentale. Esattamente come nel suo Cinema, fatto di finzione autobiografica per raccontare ora l’ardore del sentimento, ora la necessità politica di passare all’azione.
Se nel precedente La Jalousie la fonte di ispirazione per il personaggio principale era stata data dalla vita del padre del regista, L’ombre des Femmes è, come spesso accaduto durante la carriera di Garrel, ancor più squisitamente personale: il personaggio di Pierre incarna, oltre alla professione, i difetti e le paure che hanno sempre accompagnato Garrel, alimentandole con una visione distorta del rapporto di coppia. Il regista francese si drammatizza meschino, egoista, vuoto, creando un film che al contrario deborda sincerità e rigore, rivelando uno sguardo deciso e sublime. Il lavoro per sottrazione del regista porta ad una messa in scena dove non c’è un solo movimento, oggetto, dialogo o suono fuori posto. È un film profondamente cinefilo e politico, un appassionato atto di Resistenza metatestuale, il grande cuore di un Autore che da quasi 50 anni emoziona il pubblico. L’ombre des femmes è una gemma preziosa.
Marco Romagna