Palummella zompa e vola
addó sta nennélla mia…
Non fermarte pe’ la via
vola, zompa a chella llá…Co’ li scelle, la saluta…
falle festa, falle festa
attuorno attuorno…
e ll’hê ‘a dí
ca, notte e ghiuorno,
io stó’ sempe, io stó’ sempe
a sospirá…Palummella, vola vola
a la rosa de ‘sto core…
Non ce sta cchiù bello sciore
che t’avesse da piacé…‘A ll’addore, ca tu siente…
‘a chill’uocchie, ‘a chill’uocchie,
‘a chillo riso…
credarraje,
ca, ‘mparaviso,
tu si’ ghiuta… tu si’ ghiuta…
oje palummé’!A lu labbro curallino,
palummé’ va’ zompa e vola…
‘ncopp’a chillo te cunzola
e maje cchiù non te partí!…Ma si vide ca s’addorme…
e te vène, e te vène,
lo tantillo…
tu ll’azzecca
no vasillo…
e pe’ me, e pe’ me,
n’auto porzí!
Sta tutto, per ora, nel sottotitolo, in quel pasoliniano “appunti”. I venti minuti che compongono La Chimera – appunti per un film sulle Vele di Scampia sono solo il primo intento programmatico di un film orgogliosamente in fieri, nel quale chiunque sia coinvolto, ognuno con il suo ruolo, remerà compatto per i prossimi mesi (anni?) nella stessa direzione. È una storia triste, quella delle Vele di Scampia, nate come abitazioni popolari e ambizioso progetto architettonico, ma trasformate ben presto, fra il terremoto in Irpinia e la mancanza d’altro nelle vicinanze, in una sorta di ghetto sovrappopolato, in un sostanziale carcere alternativo di occupanti privati delle più basilari norme di sicurezza, nel quale chi già è costretto ad abitare in una casa degradata e ufficialmente dichiarata “inabitabile” fra amianto, problemi strutturali e crepe, viene costretto pure nella morsa del razzismo e dello stereotipo, segregato e automaticamente bollato alla stregua di un personaggio di Gomorra. Fino a quando le Vele di Scampia non saranno finalmente abbattute e l’area sarà, dopo un ritardo di quarant’anni, finalmente riqualificata e restituita alla città di Napoli e ai suoi abitanti, La Chimera – appunti per un film sulle Vele di Scampia continuerà a lottare insieme a chi abita nelle Vele e chiede da una vita una casa decente e un quartiere che faccia parte del tessuto urbano, magari senza essere automaticamente considerato un criminale, un reietto, un cittadino di serie Z. E magari anche senza essere preso deliberatamente in giro come nei primi anni Novanta, quando delle sette Vele da abbattere ne caddero solo tre, il progetto venne stoppato e l’area rimase peggio di prima.
Il 3 marzo 2017, a sei mesi dalla delibera comunale che ha stabilito l’abbattimento di tre delle restanti quattro Vele con annessa riqualificazione della quarta come uffici della Città Metropolitana partenopea, anche il bilancio del sindaco De Magistris ha approvato lo stanziamento della cifra necessaria per portare a termine i lavori, e quasi subito si sono accese le macchine da presa di Giovanni Dota e del “nostro” Elio Di Pace, principali registi “visivi” e “tecnici” di un film che però non vuole né deve avere predominanza autoriale. Certo, sono loro a tenere in mano le macchine, a scegliere le inquadrature, e a un occhio attento a tratti emerge, specialmente quando Elio sfrutta ancora una volta la pastasciutta e il pasto conviviale per trasudare sincerità e spirito popolare (v. Le visite), la differenza di stile – in questo caso magnificamente compatibile – dei due registi, ma La Chimera – appunti per un film sulle Vele di Scampia ha un chiaro intento collettivo, che travalica non solo Elio e Giovanni, ma anche Walter De Majo e Matteo Pedicini, a pieno diritto co-autori del film nell’ideazione e nella produzione. In una visione dall’esterno ormai corrotta dalla finzione dei Saviano, l’intento di questo cortometraggio e del lungo che, seguendo gli eventi, seguirà nei prossimi tempi, è proprio quella di lasciare che le Vele si raccontino dal loro interno, vivendo la loro quotidianità, continuando a essere sinceramente se stesse e portando avanti le proprie lotte quotidiane per il diritto a una casa e a una vita decente.
Chiedono semplicemente la normalità, gli abitanti delle Vele, chiedono palazzi di 4-5 piani e non ecomostri degradati e cancerogeni da oltre 300 famiglie, chiedono un appartamento popolare in un quartiere con negozi e uffici come tutti gli altri, e in cambio hanno ricevuto per troppi anni solo minacce, porte in faccia, assordanti silenzi. Si sono organizzati nel Comitato Vele, che da sempre lotta unito. Omero Benfenati e Lorenzo Liparulo organizzano gli incontri, coinvolgono più persone possibile, credono profondamente nel loro ideale tanto da tatuarsi una Vela “perché sia l’ultima a rimanere in piedi”. Da loro, con loro, attorno a loro, La Chimera – appunti per un film sulle Vele di Scampia si dirama in un sottobosco umano straordinario, che paradossalmente già da solo, anche senza gli eventi che seguiranno nei prossimi mesi, avrebbe respiro sufficiente per un lungometraggio. Emerge la profonda dignità di un Popolo, emerge l’unione collettiva che fa da sempre la forza del sottoproletariato, emergono i rapporti umani fra i giochi dei bambini e gli incontri ufficiali con gli assessori, fra le interviste frontali e i momenti di convivialità sulle terrazze delle Vele, fra l’aperto dialogo che viene sempre instaurato e lo sguardo in macchina imbarazzato di chi si accorge di essere stato “pizzicato” in un’espressione intensa. La scelta di mettere da parte ogni tipo di personalismo, al di là dell’etica militante di questo lavoro per ora solo parziale, trasuda una sincerità frastornante, nella quale le centinaia di famiglie che (soprav)vivono alle Vele e che finalmente vedranno il loro agognato abbattimento si presentano semplicemente per quello che sono, senza filtri, senza “mettersi in frac”.
La chimera è quella di chi insegue da anni un sogno e che solo ora parrebbe scorgere i risultati della sua vita in lotta contro la quotidianità. Ma Chimera è anche un mostro da combattere, come le Vele, o meglio come quel pregiudizio ghettizzatorio che le Vele portano in dote. Mentre i Manetti di Ammore e malavita hanno preferito ironizzare sugli stereotipi fino alla parodia, mettendo in scena turisti americani che si fanno selfie e cantano felici di aver subito uno scippo proprio alle Vele (scelta provocatoria e quindi tranquillamente percepibile come fastidiosa), La Chimera – appunti per un film sulle Vele di Scampia preferisce la strada della pura realtà, alternando l’osservazione discreta con la partecipazione a incontri e riunioni, le interviste dirette (spesso in dialetto) con i momenti di pace familiare. Sono volti e tramonti, videoconferenze e mercati della frutta, bombole del gas da issare pericolosamente sino all’ultimo piano e canti tutti insieme, come a cementificare ulteriormente il loro stare a braccetto, documentati con sguardo puro, attento a non manipolare la realtà ma pronto a intervenire nelle discussioni, perché è insieme, nel collettivo, che si lavora e ci si confronta. In questi venti minuti presentati a latere di Venezia74 come evento speciale nella villa di Giornate degli Autori si parla di politica, di problematiche reali, di emergenza abitativa, si portano le prove di come non si possa vivere nelle Vele e di come negli anni i protagonisti abbiano subito pressioni, bugie e angherie di ogni tipo. Si racconta delle responsabilità puntualmente scaricate dalle istituzioni sul Comitato Vele, abitudine non solo italiana di chi si nasconde sotto una coperta troppo corta. Ma si parla anche, a cuore aperto, di come le Vele siano “la vita” di chi lotta per abbatterle. Come il Napoli quando scende in campo con la maglia azzurra, o come un cuore che piange a vedere il Vesuvio in fiamme per i recenti incendi. Gli appunti sono presi, chiari, organizzati. Non resta che aspettare e continuare a lottare insieme. Non resta che aggiungere tante altre pagine, tanti altri tasselli, tanti altri eventi. E augurare a tutti buona fortuna.
Marco Romagna