LA CADUTA DELLA CASA DEGLI USHER (1928), di Jean Epstein

Il nome di Jean Epstein è al di fuori di ogni dubbio uno dei più importanti della storia del cinema, e il suo La caduta della casa degli Usher uno dei massimi capolavori dell’era del muto. Al Festival del Cinema Ritrovato è stato presentato in Cineteca di Bologna il restauro realizzato negli anni ’70 dalla sorella del regista, Marie Epstein, a cui è dedicata una delle sezioni di quest’anno. La sua figura è più che meritevole di avere un posto d’onore nel programma del Festival: dopo aver iniziato la sua carriera scrivendo e recitando per alcuni film del fratello, firma altre numerose opere come regista assieme al suo amico Jean Benoit-Lévy (di cui alcune sono presenti nel programma della rassegna), per poi dedicare più di trent’anni della sua vita al lavoro di archivista e restauratrice alla Cinémathèque Française.
Questo restauro costituisce il tentativo di portare a termine una versione sonorizzata del film pensata ma mai realizzata dal regista, con una colonna sonora commissionata da Marie a Roland de Candé. Una sonorizzazione che purtroppo, va detto, lascia un po’ a desiderare in alcuni punti, soprattutto avendo in mente l’esibizione straordinaria che offrì Daniele Furlati accompagnando al pianoforte una proiezione del film di più di un anno fa sempre al cinema Lumière di Bologna. Tuttavia, la copia restaurata, stampata in 35 mm, è assolutamente eccezionale: una delle tante perle offerte dal Festival, che continua il suo percorso a un anno dalla scomparsa del direttore artistico Peter Von Bagh. Il Cinema Ritrovato rimane un’istituzione fondamentale, ricchissima di film introvabili e di capisaldi della storia del cinema, appuntamento imperdibile per chiunque ami perdersi nei meandri della scatola magica.

Parlare di capolavori conclamati non è mai facile di per sé, ancor meno davanti a un’opera indescrivibile come La caduta della casa degli Usher, a partire dal soggetto. Esso è in realtà il risultato di una sintesi di tre racconti di Edgar Allan Poe: Ligeia, Il ritratto ovale e, appunto, La caduta della casa degli Usher. Lo spunto narrativo del film è costituito dunque dalla visita del protagonista alla casa in rovina di un suo vecchio amico, Roderick Usher, il quale è impegnato da tempo a terminare un ritratto della moglie, Madeleine. Il dipinto, a ogni pennellata, diventa sempre più rassomigliante alla donna, perché in realtà, come una sorta di Dorian Gray rovesciato, le sottrae la vitalità fino a ucciderla. Solo con il crollo della casa e la distruzione del ritratto Madeleine riesce nel finale a ritornare in vita. La fedeltà alle trame originali e l’attenzione nei confronti della narrazione vengono quindi messe da parte per lasciare spazio alla vera e propria essenza di Poe: l’atmosfera.
L’impostazione visiva del film, complice forse la presenza sul set (secondo alcune fonti come collaboratore alla sceneggiatura e alla regia, secondo altre più caute come semplice factotum, è ormai impossibile saperlo con certezza) di un Luis Bunuel che si apprestava a esordire l’anno successivo con Un chien Andalou, è semplicemente straordinaria, una messa in scena rivoluzionaria, un’idea di cinema avanti lustri: un’alternanza di esterni lugubri, interni oscuri e decadenti, arditi primi piani dalle espressioni disturbanti, molti dettagli e campi vuoti. Per tutto il film aleggia un’aria ultraterrena: gli oggetti e le scenografie sono pervasi di espressività almeno quanto i volti dei personaggi. Tante sono le immagini, fra il simbolico e l’onirico, che rimangono impresse nella memoria: lo sventolare etereo di di tende e veli, il dipinto che assume lentamente vita, gli alberi nodosi che si stagliano tetramente sul cielo, l’accoppiamento delle rane, il crollo del castello, le foglie che corrono per il cortile, le infinite profondità di campo nell’ingresso in casa, le corde della chitarra che si spezzano una a una. Ma le sequenze più impressionanti sono quelle dal montaggio quasi musicale, nelle quali ralenti, esposizioni multiple e sovrapposizioni deformano e fondono le immagini, dando vita a un cinema di puro lirismo: basti pensare alla sequenza della sepoltura di Madeleine, oppure alle concitate carrellate nei corridoi lugubri e spettrali.

La visione di questo film si traduce in un’esperienza ipnotica e enigmatica, che ricorda un concetto fondamentale del lavoro teorico dell’autore: la fotogenia. Epstein la descrive come la capacità intrinseca del cinema di far emergere qualità “morali”, nel senso di spirituali, dai propri soggetti, siano essi animati o inanimati. Essa si manifesta in lampi di brevissima durata, dell’ordine di grandezza di pochi secondi, che sarebbero totalmente indescrivibili a parole secondo Louis Delluc, altro fondamentale teorico francese. Ed è interessante come questo processo venga indirettamente declinato ne La caduta della casa degli Usher: qui l’arte diventa un’ossessione che riproduce il reale ma al contempo lo distrugge.
Il potere che Epstein attribuisce all’arte e al cinema in particolare è comunque immenso, e questo film ne è una prova. L’Olimpo del cinema muto annovera registi divenuti ormai immortali: come Murnau, grazie in particolare alla straordinaria umanità de L’ultima risata e Aurora, o a Faust, sintesi cinematografica di secoli di tradizione artistica occidentale, o i padri russi del montaggio, Dziga Vertov e Ejzenstejn, o ancora la generazione dei cineasti d’avanguardia francese, come il Jean Vigo di A propos de Nice e dellAtalante, o come Abel Gance, pensando al delirio visivo che è Napoleon. Epstein non può che meritare un posto fra questi mostri sacri come uno dei primi e più grandi poeti della storia del cinema: egli comunica con un linguaggio libero dalla contingenza materiale, da rigidi schemi interpretativi, legato solo alle sue esigenze espressive. La caduta della casa degli Usher è un opera che riesce ancora oggi a emozionare, incantare e inquietare, una visione imprescindibile e spiazzante, fra i fondamenti non solo dell’horror. Un pilastro fondamentale della celluloide, che può ritornare al cinema solo grazie alla nobile arte del restauro e al lavoro del Cinema Ritrovato, che si spera continui ancora per molti anni a offrire una selezione di così alto livello.

Tommaso Martelli