ISVN – Io sono Valentina Nappi, “io”. Sta già nella prima lettera dell’acronimo che compone il titolo il primo, e non certo unico, spunto di interesse del nuovo e sorprendente lavoro di Monica Stambrini, “porno d’autore” che dopo l’anteprima al Fish and Chips di Torino trova finalmente e quasi miracolosamente, con proiezioni molto più carbonare di quanto il film meriterebbe, il buio di qualche sala in giro per l’Italia. I come “Io”, prima persona singolare. Perché il punto è fare emergere la Valentina Nappi “vera”, reale, privata. Non interessa l’immagine pubblica di chi è passata nel giro di pochi anni dalla giovane ragazza «vengo da Pompei e faccio tanti Pompei» pronta a lanciarsi fra le braccia dell’ormai detestato Rocco Siffredi1 a pornostar internazionale fra le più apprezzate al mondo, non interessa la sua dimensione social che fa capolino dal display del cellulare solo nella primissima inquadratura per lasciare poi il film libero di spingersi in direzione diametralmente opposta, e interessa solo fino a un certo punto il suo ruolo di sostanziale paladina della pornografia e del sesso libero. Quello che ISVN esplora e mette in scena, usando la finzione come grimaldello per giungere all’intimità, alla complicità e alla sincerità, è Valentina Nappi come persona, come donna, come (insaziabile) amante. Come maniaca della cura e della pulizia, come tenera moglie di un marito perfettamente consapevole dei suoi desideri e totalmente accomodante nelle sue libertà (tanto che, lontano nella telefonata della finzione cinematografica, Giovanni Lagnese tornerà nei titoli di coda come fotografo di scena, quindi presente sul set), come curiosa esploratrice di un ambiente non suo, goffa alle prese con il giradischi quanto accurata nell’igiene personale. È il suo desiderio il punto focale del film, il desiderio femminile italiano, la sua sessualità costantemente da esplorare, il suo rapporto con il/i partner, senza filtri, con naturalezza, con ironia, con i sorrisi, con le battute, con i doppi sensi e la complicità di chi si conosce, e scopa per piacere e ardore, senza pretese e senza moralismi, da anni. Valentina Nappi è, che lo voglia o meno, icona, personaggio pubblico, erede di Moana e Cicciolina nel ruolo di desiderio condiviso da più generazioni cantato da Bello Figo durante i titoli di testa, ma è anche (e qui soprattutto) donna mestruata che si lava e cambia l’assorbente, “scopamica” che prende in mano le redini convocando direttamente l’amico di vecchia data Lorenzo Branca con un messaggio vocale, voglia, iniziativa, autoanalisi, libertà. È se stessa, fino in fondo, ben al di là della trama ben definita di ISVN, ben al di là dei dialoghi, ben al di là di qualsiasi costruzione, e lontanissima da ogni possibile cliché di pornostar. Perché se stessa, nel suo caso, vuol dire donna in pieno e totale controllo del proprio corpo, delle proprie emozioni, dei propri desideri, del proprio lavoro. E pure della propria immagine, della quale sa non diventare schiava semplicemente controllandola da lontano, mentre continua a vivere la propria vita, la propria fisicità e le proprie voglie come meglio crede, da persona libera.
La prima metà del film è attesa, sguardo e costruzione della più pura verità attraverso la finzione. Una sorta di Aspettando Godot di esplorazione e di igiene personale, di sincerità e di punti di vista, di vinili e di videocamere, aspettando che Lorenzo, compagnia e sesso, bussi finalmente alla serranda. La seconda è un lungo e doppio (ma non triplo) coito, in cui è sempre Valentina Nappi a condurre il gioco, è sempre lei a “scopare” Lorenzo, ed è lui a chiedere pietà, ormai privo di energie, stremato, esaurito dopo l’eroica doppietta mentre lei ne vorrebbe ancora. Nella prima persona di Valentina Nappi, e nel mostrare la sua più intima sessualità/sensualità su un set pornografico che con la sua sincerità e naturalezza ribalta completamente la meccanicità della stragrande maggioranza dei set pornografici, ISVN rompe qualsiasi tabù, mettendo al centro la donna senza più i limiti del (cattolico) pudore, e il ruolo femminile nelle regole dell’attrazione e nel linguaggio verbale, del corpo e del sesso. Togliendo finalmente alla pornografia quell’etichetta, errata, di genere “maschile e maschilista”, dicitura contro la quale Valentina Nappi si è sempre scagliata ricordando come siano al contrario proprio le attrici quelle più pagate e più volte soddisfatte, mentre all’attore tocca spesso una doppia razione di Viagra e una conseguente prostatite. E proprio contro questa comune convinzione di “maschilismo pornografico” ha trovato la spinta per nascere anche il collettivo “Le ragazze del porno”, che già da un paio d’anni produce e porta avanti corti e mediometraggi soft e hardcore di regia, scrittura e centralità rigorosamente italiana e femminile. Una centralità che, nella pluralità di sguardi e di desideri di donne, equivale in un certo senso a riscoprire in una società che sta sempre più tornando verso il puritanesimo il proprio stesso diritto alla sessualità, alla propria voglia, alla propria libidine, al proprio erotismo, ai propri orgasmi. Più d’uno, possibilmente. Se la prima e già interessante collaborazione Stambrini-Nappi, confluita nel sostanziale erotico-hard-fantastico Queen Kong, mescolava impotenza, stupro e mostruosità per mettere al centro la soddisfazione (im)possibile, in ISVN non servono trucchi a mascherare le fattezze di Valentina Nappi, e anzi è proprio la sua sensualità, il suo corpo, la sua voglia, ciò che deflagra sullo schermo. È lei che tiene in mano le chiavi, è lei che “aggredisce” il consenziente partner, che nemmeno gli lascia il tempo di spogliarsi, che decide ritmo e intensità cavalcando sinuosa sull’uomo (ben felice) oggetto. E proprio nella genuinità assoluta del suo approccio al sesso, “lavoro” della pornostar ma anche e soprattutto piacere della donna, sta tutta la negazione di ogni stereotipo: l’alcova non è più un set pornografico ma è semplicemente un’alcova, e Valentina Nappi non è più una pornostar, ma rappresenta ogni donna e il sacrosanto diritto di ognuna alla libertà e alla soddisfazione sessuale. In ogni posizione, in ogni condizione, fra istinto animalesco e (consapevole perdita di) controllo umano su se stessi.
Non è di certo un caso che, nella costruzione della finzione che vuole Valentina Nappi a Roma per una notte (di sesso), a ospitarla sia un amico artista nel suo atelier, come a suggerire già dalla location che la performance sessuale può essere una vera e propria forma d’arte, e che chi la pratica è ogni volta un pittore che stimola con le setole dei pennelli la tela del proprio desiderio. ISVN, nella sincerità assoluta che permette alla “realtà” di sbocciare dagli interstizi della finzione, lavora attraverso la persona e la totale disponibilità a mettersi in gioco della persona – e non semplicemente della “figura” – Valentina Nappi, e attraverso la stella del porno ritratta nella propria intimità trova una nuova dimensione dell’erotismo e del desiderio femminile italiano, in cui è finalmente la donna l’essere dominante e insaziabile, ed è la reciproca ma principalmente sua soddisfazione il fine unico e ultimo della serata. «Sesso e cibo sono due cose molto difficili da dominare», dirà Valentina a Lorenzo, mentre lui si prepara alla performance addentando un hamburger gigantesco come il desiderio. Un hamburger che porterà a ulteriori occasioni di complicità, fra i doppi sensi sulle «patate dolci» e il «pompino alla salsa barbecue» con cui ben presto si apriranno le danze. Non si vedevano da due mesi, Valentina e Lorenzo, e si erano mancati. Fra loro non c’è sentimento, ma “solo” attrazione, desiderio, amicizia, sesso, condivisione di corpi, sudore, emozioni, passione. Libertà. Quella stessa libertà che sta nello sguardo di Monica Stambrini, uno sguardo che fra zoom improvvisi, punti di vista, puntini rossi della videocamera in ripresa riflessi in giro per la casa e un paio di volte la stessa sagoma della regista che appare in qualche specchio, riflette e fa riflettere (che sia consapevole o meno) sullo stesso atto del guardare, che poi è il voyeurismo alla base non solo della pornografia, ma più in generale del cinema e forse dell’umanità. In un certo senso, ISVN – Io sono Valentina Nappi ridiscute il senso stesso del porno, il suo target, la sua realizzazione, il suo “genere” sessuale, il suo sguardo, andando a (più che) lambire il testo teorico sulla stessa presenza fisica (in)visibile della videocamera, sull’evoluzione del cineocchio nell’esplorare il sesso, sulla finzione e sulla realtà, sul desiderio femminile, sulla libertà sessuale e personale, e sull’individualità bruciante di Valentina Nappi, donna e soggetto sessuale ben al di là del suo lavoro e della sua immagine pubblica. Simpatica, profondamente intelligente, sincera, genuina. Vogliosa. Vera(ce). Non resta che perdersi nella luce, nei colori, nella rivisitazione estetica, estatica e sensoriale delle inquadrature più classiche del porno. È l’ennesima volta di una voglia che non si estingue, è il rosso della passione, è il blu, è il giallo, è il verde, è il neon che illumina i corpi, e che immerge ISVN nella gioia multisensoriale e quasi psichedelica dell’orgasmo. È la seconda volta della serata per Valentina e Lorenzo, quella a cui nonostante i tentativi non potrà seguire una terza, perché è la donna l’unico essere superiore e in pieno controllo degli istinti e dei desideri, mentre l’uomo, più o meno vigoroso, prima o poi sarà destinato a essere abbandonato dal suo corpo, a scaricarsi, a spegnersi. Fino a quando, prosciugati, soddisfatti, amici, complici, veri, non calerà davvero la notte nell’abbraccio di Morfeo. Con gli occhi chiusi a sognare nuove scopate, probabilmente. E quindi nuove libertà, nuove occasioni per essere se stessi, nuove opportunità per scoprirsi. E per godere, ancora, sempre di più, perché la gioia – condivisa – non basta e non deve bastare mai.
Marco Romagna