«La pucalisse sta ntel letto.»
Matteo Montesi in Beauty Ends The Beast, 2013]
Anche Federico Sfascia è un caso in cui ormai ci troviamo a scrivere praticamente di film di amici, ma qui, a differenza che con I racconti dell’orso di Sestieri e Amato, Guida al (LENTO/VIOLENTO) lavoro di Arcamone, La solitudine magnifica di Meghdoud e Imma, si tratta di un amico scoperto tramite il cinema e non viceversa, di una persona di simpatia incommensurabile trovata dopo esserci innamorati del suo immaginario e del suo talento. Tra discorsi di ore sui film di Rocky nella gelida Trieste notturna e bestemmie in Piazzetta Pier Paolo Pasolini, Sfascia, pur non essendo la persona che abbiamo modo di incontrare più spesso, è comunque stato (ed è) membro e soggetto di svariate conversazioni, sul cinema, del cinema, per il cinema con le sue componenti trasversali. Ma prima di questo, c’è stato il film, per la precisione Alienween, ultima sua produzione travagliata, da cui è nato il rapporto, e dal rapporto si è intensificato l’amore per il film, per lo stile, per l’applicazione di esso, e anche l’amore per l’amore per il cinema. Perciò, nonostante questo grande e pulsante cuore-cinema, pensiamo (speriamo) di poter essere sufficientemente equilibrati nel mostrare, in parole, qualcosa che potrebbe sembrare anche un invito. Un invito ad accomodarsi in sala e a penetrare nell’immaginario personalissimo e dolcissimo in cui Sfascia è pronto a far entrare tutti i suoi spettatori.
I Rec U nasce parzialmente come una collaborazione col collettivo cinefilo-cineartistico livornese Licaoni Giovani, le cui menti principali sono composte da Alessandro Izzo e Francesca Detti (e poi arrivano Guglielmo Favilla e Alex Lucchesi, e altri…), tant’è che il film è reperibile per intero sul loro canale YouTube; ma oltre a questa collaborazione, legata sia alla distribuzione online sia a dei piccoli ruoli per tutti i nominati, I Rec U contiene pure un meraviglioso, brevissimo cameo del regista e attore britannico Terry Gilliam. La retrospettiva del Future Film Festival 2017 “Apocalissi a basso costo” ci ha dunque anche dato l’opportunità di vedere I Rec U accompagnato da due cortometraggi prodotti dai Licaoni a quasi 10 anni di distanza l’uno dall’altro: Last Blood, breve action-zombie con Alex Lucchesi del 2003, diretto da Izzo e Favilla, e Olivia, post-apocalittico enigmatico girato nel 2017 da Izzo con consulenza sugli effetti speciali di Sfascia, entrambi lavori partiti dalla mente di Izzo e della Detti, basati più sul gesto che sul dialogo, più sull’atmosfera che sulla struttura narrativa. Al contrario, l’inizio di I Rec U subito trascina in un altro mondo filmico, in una dimensione tutta propria, liberissima di viaggiare dal cine-occhio “Vertov-iano” a Sam Raimi con una velocità di stile incredibile. Il basso budget di Sfascia non lo ferma dal costruire un mondo unico, partendo dalle scenografie realistiche delle camere da letto dei protagonisti personalizzate con poster e citazioni varie fino a spazi irreali, allegorici, sporchi, fittizi, onirici, fumogeni, psichedelici. Con una trama che può vagamente riecheggiare quella di Love Exposure (2008), che Sfascia giura di non aver (ancora) visto, I Rec U racconta la storia del 19enne Neve, sin da bambino affetto da una malattia assurda che lo porta a vedere tutte le donne fuori fuoco, e a soffrire di convulsioni quando appunto non riesce a vederle. Come pseudo-cura, il dottor Therieux (Gilliam) gli costruisce degli occhiali appositi, una delle cui lenti porta con sé un obiettivo in modo che lui possa filmare tutto ciò che vede, e nel frattempo gli sia possibile, sulla lente-schermo, vedere le donne in faccia. Una vita complessa, causata anche dalla malattia mortale della madre e dall’abbandono del padre, lo porta a vivere in casa con il fratello, Max detto “La Spada” (sempre pronto a entrare “nella fodera” di tutte le altre ragazze). Alla continua lotta di Neve con il genere femminile e con la depressione si appassiona la ex di Max, Faustine, come lui appassionata del vecchio film horror metacinematografico (e inesistente) Faust Forwar, e portatrice della teoria che le videocassette, come gli esseri umani, invecchiano: ci si può entrare e si può invecchiare con loro. Ad un certo punto però Neve incontra Penelope, la prima ragazza che riesce a vedere a occhio nudo. Ed è qui che comincia una disavventura di morte, amore, egoismo, conoscenza di proiezioni future di sé, e tentativi di conquista.
Tra le varie grandezze di I Rec U vi è l’impossibilità di una collocazione definita in un genere, pur essendo un film che prende ispirazione molto dal cinema e dalla tv esplicitamente di genere, tra fantascienza e horror, tra Ken il guerriero e Rocky. Vi è sicuramente un aspetto “horror”-ifico, magari non tanto legato alla paura di per sé quanto alla costruzione del mondo infernale artigianale, qui non splatter né tragico come quello di Inferno (1960) di Nakagawa, ma cupo, denso, inafferrabile; ma il film è pieno di gag esilaranti e ha sicuramente un’importante componente fantascientifica. E, grazie alla riflessione sull’occhio cinematografico adolescenziale (l’occhio del regista, del personaggio e dello spettatore: perfetta osmosi ‘triangolare’ dei tre sguardi, qui riassunta con semplicità, epica e amore), il film alla fine è più che altro un’epopea romantica, un’enorme storia d’amore che commenta l’amore stesso, basato di per sé su di uno sguardo biunivoco, trattandolo come se fosse uno sguardo unico, autoriflessivo, egoistico – e questa è una barriera da abbattere. Una barriera da abbattere per riconnettersi, con le immagini e con se stessi, una specie di riconnessione auto-terapeutica per comprendere al meglio cosa unisce e cosa divide sogno/cinema e realtà. Sfascia può magari confondere lo spettatore con il massimalismo tematico e stilistico del suo ipercinetico mondo cinematografico, ma, nello spaesamento sensoriale delle luci e del caos interno di Neve e dell’enorme amore che si porta dentro e che non sa controllare, sopravvive una linearità dolce e intensa, quella emotiva, quella della comprensione non a livello cerebrale ma a livello di cuore, pulsante. Una sorta di meravigliosa empatia che si crea con i personaggi di un mondo fantastico, fuori dal mondo, dagli schermi. Neve finisce per essere l’ennesimo perdente/eroe di un cinema degli adolescenti dedicato al loro sguardo sentimentale e amoroso: Neve come Yu di Love Exposure, alla ricerca della rivoluzione personale, costantemente con lo sguardo puntato verso la necessità di un amore e il continuo tentativo di inseguirlo, per bloccarlo nelle immagini e quindi farlo vivere per sempre, temendo cosa ci potrà essere dopo i titoli di coda.
Ipercinetico come Puglielli in Dorme, spiritoso come Giulivi in Apollo 54 e colmo di anarchici riferimenti filmici come Montresor in Vigasio Sexploitation, Sfascia compone con I Rec U un perfetto connubio di tutto ciò che è incluso nel vero e proprio nome della retrospettiva: “Apocalissi a basso costo”. Per morire fuori dagli schermi e dentro di essi, senza rispetto verso limiti di prezzo e di possibilità. L’importante è lasciar vivere, in un modo o nell’altro, quest’amore, anche egoistico, verso l’immagine, quella propria e quella altrui, con artigianale voglia di fare e di costruire mondi, amichevole approccio grottesco fra i mostri di pellicola. Perché alla fine ci sono le emozioni, solo e soltanto primitive emozioni, e Sfascia è (e lo diciamo con affetto e stima) un bambinone romantico, che per primo crede e che ci fa credere in questi mondi, in questi amori, in questi sguardi, in questi mostri, in questi mondi di risate folli. E anche la crudeltà, necessaria in un mondo incattivito da figure vignettistiche, in Alienween di certo ben più grottesche e frustrate, non può che rientrare nello stile, nel movimento, nella follia della libertà. Autocommiserazioni a parte, verso e oltre i limiti del film di genere, e ben al di là di un doppiaggio squattrinato. È semplicemente uno scandalo che un film così, girato con queste capacità e sostanzialmente senza budget, capace di questi cambi di registro e di tanta dolcezza, anziché essere distribuito, amato e studiato sia tenuto lontano dagli schermi o quasi, e con loro lontano dalla memoria collettiva. Farlo smagnetizzare sarebbe un crimine imperdonabile.
Nicola Settis