Dovremmo ringraziare la Grecia. È l’Occidente che ha un debito nei suoi confronti. La filosofia, la democrazia, la tragedia. Si dimentica sempre il legame tra tragedia e democrazia… Tutto il mondo deve dei soldi alla Grecia oggi. Potrebbe domandare mille miliardi di diritti d’autore al mondo contemporaneo e sarebbe logico che le venissero dati.
Jean-Luc Godard
Nel 2009, la Grecia annuncia che il suo deficit di bilancio sarebbe stato del 12,9 per cento del PIL, che è più di quattro volte il limite del 3 per cento imposto dall’UE. Il premier George Papandreou rivela pubblicamente che i bilanci economici inviati dai precedenti governi all’Europa erano stati falsificati con l’obiettivo di garantire l’ingresso del paese nella Zona Euro. Segue una crisi economica devastante. Il cinema, nel suo ruolo di sismografo della modernità – come nella famosa definizione di Serge Daney per Alain Resnais – non poteva non registrarla e I kóri – letteralmente, La figlia – di Thanos Anastopoulos appare come una delle prime, acute e dolorose, riflessioni sulla catastrofe monetaria ellenica, dove la crisi è vista attraverso le sue ripercussioni nelle vite familiari, nella corruzione diffusa, e nei riverberi che arrivano fino alle nuovissime generazioni. Nel film di Anastopoulos del 2012, che giunge sullo schermo dell’Auditorium di Bergamo nell’ambito della personale dedicata al regista dal 35mo BFM, i bambini ci guardano e scimmiottano le nostre dinamiche senza capirle: ci sono una ragazzina di quattordici anni, un bambino di otto e un padre scomparso all’improvviso.
Myrto indossa sempre una maglietta con il disegno di una saetta, è una ragazzina dinamica che non riesce a capacitarsi della scomparsa del padre e deve fare qualcosa per reagire. Il mondo degli adulti le appare strano e difficile da comprendere, nelle sue dinamiche familiari ed economiche. Tutti gli aspetti della vita sembrano essere governati da transazioni economiche. Quando rinfaccia alla madre di portarsi degli uomini in casa, lei le risponde ribadendo la sua autorità, definita solo in quanto colei che paga l’affitto: “Quando pagherai tu l’affitto, deciderai chi invitare o meno”. La sua esplorazione del mondo degli adulti passa attraverso la lettura, presumibilmente da un manuale giuridico, di termini quali “debito”, “responsabilità”. E la sua reazione verso l’ingiusta e misteriosa scomparsa del padre prevede un enorme baratto di persone, uno scambio di assenze: sparisce il figlio di otto anni delle persone che lei percepisce come i responsabili della volatilizzazione del padre, il suo socio di affari e la moglie. I quali, disperati, le chiedono se sapesse qualcosa del figlio e lei, in tutta risposta, chiede se sanno qualcosa del padre.
Thanos Anastopoulos costruisce il film con una narrazione che prosegue con una serie di disvelamenti progressivi, con un flashback che parte all’inizio, tra i boschi, dove il padre di Myrto si accinge ad abbattere degli alberi. Alberi che si schiantano rigorosamente a terra nel finale, quando non c’è più speranza. Non sappiamo inizialmente che cosa sia successo all’uomo, potrebbe anche essere morto, tutto parte come un “Chi l’ha visto?”. Ma gli indizi che si presentano al dipanarsi della storia, cambiali, assegni, creditori, portano alla stessa, inevitabile conclusione, collegata a problemi finanziari. Nessuno si salva tra gli adulti del film, mostri o persone? Tutto confluisce in quella ‘dark room’ nella segheria, piena di assi di legno di tutti i tipi possibili. Tutte le sfumature del legno che finiscono immagazzinate, da maestosi alberi inutilmente tagliati, che non diventeranno mai materiale edile.
Giampiero Raganelli