6 Maggio 2017 -

HITLER’S FOLLY (2016)
di Bill Plympton

Che Bill Plympton sia un ribelle, un vero spirito libero e anarchico, è semplicemente un dato di fatto. Fra i decani dell’animazione indipendente statunitense, Plympton lavora da solo o quasi con ritmi produttivi frenetici, disegnando sin dal 1977 fotogramma per fotogramma e combattendo dalle sue tavole contro ogni tipo di potere con le armi dell’ironia più acida e sorniona. L’animazione di Plympton vira al surreale, mette apertamente in ridicolo, va a segno con una stoccata dopo l’altra, politicamente scorrettissima e fortemente satirica nelle sue iperboli spesso violente e sessuali. Nel suo cinema ce n’è per tutti, per l’economia e per la politica, per la società e ancor più per la Disney, il colosso che nel 1991 avrebbe voluto a tutti i costi Plympton tanto da essere disposto a offrirgli il ruolo di animatore capo per Il re leone e un contratto principesco di sette anni, ma ricevette in cambio sempre e solo i rifiuti sdegnati di un autore non disposto a svendere la propria libertà creativa e tematica, non disposto a cedere la proprietà intellettuale delle sue creazioni, non disposto a rinunciare alla sua freschezza né alla sua sfacciata resistenza contro il mainstream, contro il cinema come azienda ed economia, contro la standardizzazione dei prodotti.
Contro, insomma, proprio quella Walt Disney che nel (pen)ultimo lavoro e primo in larga parte in live action, l’irresistibilmente spassoso mockumentary Hitler’s folly in concorso al diciannovesimo Future Film Festival di Bologna (l’ultimo, che sarà presentato sempre al Future, è Revengeance in co-regia con Jim Lujan), viene nemmeno troppo sottilmente paragonata al nazismo, fra Naziland/Disneyland e una (ovviamente fasulla) ispirazione/fascinazione/competizione di Adolf Hitler nei confronti del “papà” di Topolino. Del resto, è cosa nota che il Führer, specialmente in gioventù, coltivasse ambizioni artistiche, e da qui nasce l’intuizione geniale di Plympton: trasformare il dittatore in un animatore giunto alla carriera politica solo per finanziare il proprio capolavoro, trasformare il saluto nazista in una segnalazione per il proprio vicino di posto al cinema, trasformare i campi di concentramento in un luogo dove “concentrarsi” per lavorare sul film, trasformare lo stesso etimo di nazi in N.A.C.I. ovvero National Animation Cinema Institution, trasformare la svastica in una stilizzazione della bobina cinematografica. Trasformare Hitler in Disney per, fra le righe, trasformare Walt Disney in Hitler, dai suoi metodi dittatoriali all’interno della sua azienda fino all’impero economico che la Disney oggi (sempre più) incarna, senza parlarne apertamente ma rievocando fra le righe le dicerie sulle presunte simpatie destrorse e xenofobe di Walt Disney. È una bomba sul mondo dell’animazione, non solo americana, che si spinge ben oltre le parodie disneyane dei Simpson e dei Griffin, ben oltre South Park, ben oltre ogni possibile frecciata e scorrettezza.

A partire dal titolo, Hitler’s folly – ovvero “La follia di Hitler”, ma anche “L’impresa folle di Hitler” – lancia subito lo spettatore in un mondo-altro, in cui un pazzo che sa troppo può venire ucciso “andando incontro” ai proiettili fermi e l’unico suo amico, interpretato dal Dana Ashbrook che siamo pronti a rivedere a Twin Peaks ancora nel ruolo di Bobby, ragazzo di Laura, può continuare la sua opera di disvelamento della verità al mondo mentre due soldati delle SS assediano il suo appartamento newyorkese. Falso documentario girato in handycam direttamente dagli attori fra soggettive e selfie, Hitler’s folly reiventa di sana pianta e rende credibile la storia di Adolf Hitler cedendo tutta la parte politica alla dama bianca/eminenza grigia Eva Braun, e mettendo in scena, fra immagini di repertorio “ritoccate” dall’animazione di Plympton, falsi cortometraggi d’epoca con protagonista Piumino Paperino (Downy Duck), improbabili citazioni sul fervore da animatore di Hitler e geniali sottotitoli ingannevoli appiccicati sui suoi discorsi alla nazione, quello che sarebbe successo se la vita del dittatore fosse stata semplicemente un’infruttuosa carriera nel mondo del cinema animato. Plympton, più acido e in forma che mai e in odor del Chaplin de Il Grande Dittatore (1940), declina le mire di grandeur del Führer in un kolossal da quattro ore sulle Valchirie con protagonista Piumino Paperino, nell’invenzione di una pellicola 100mm Führercolor Agfa – che negli anni si rivelerà tossica – con cui avere una qualità visiva inimmaginabile, nella soluzione finale che poi è semplicemente riuscire a finire il film per tempo prima di perdere la guerra, cercando di annettere al lungometraggio animato quanti più personaggi fosse possibile – fra i quali il tentativo di comprare i diritti su Pinocchio, però “Mussolini, per quanto non brillasse come intelligenza, si rese conto che valeva più di un milione di lire del tempo, ovvero 123 dollari” e alla fine il burattino di Collodi se lo accaparrò, tanto per cambiare, Walt Disney mentre a Hitler rimase Topo Gigio.
Hitler’s folly è un piano di conquista del mondo attraverso i disegni animati, attraverso il botteghino e infine attraverso i call center, è una satira feroce fatta di ben precise frecciate politiche, economiche, sul mondo dell’animazione e sul cinema in generale, è un film che ridicolizza il mostro, capace di far ridere fino alle lacrime nella sua sfacciata antistoricità e nel suo rifiuto di piegarsi a una qualsivoglia regola, fra le registrazioni di Hitler che fischietta, il suo fervido lavoro sulle tavole e l’espandersi della Hitlertoons. Come i soldati tedeschi nella finzione del mockumentary devono, ancora oggi, proteggere a ogni costo l’immagine di Hitler dallo svelamento della verità sul suo fallimento da animatore, il mondo dell’animazione non parla quasi mai di se stesso, molto raramente si mette in scena e ancor più di rado si autodistrugge. Bill Plympton, tenendosi lontano dagli studi facenti capo a Hollywood, lo combatte invece dall’interno, con sua spinta puramente popolare come rivincita artistica di un autore scomodo, di una voce sempre e orgogliosamente al di fuori del coro, che apertamente provoca, abbracciando l’assurdo con uno spirito anarchico e antifascista ai limiti dell’eretico. E questo, nella comicità esasperata di Hitler’s folly, va ben oltre il semplice divertissement.

Marco Romagna

“Hitler's Folly” (2016)
67 min | Comedy | USA
Regista Bill Plympton
Sceneggiatori Bill Plympton
Attori principali Dana Ashbrook, Eden S. Bales, Catherine Branscome, Lukas Chin
IMDb Rating 4.5

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