C’è qualcosa di profondamente sbagliato in Guns Akimbo. Se rimaniamo assiduamente nella convinzione, per certi versi sensata ma non sempre necessariamente vera, che in ambito artistico etica ed estetica sono interconnesse e la coerenza dell’una dipende dalla riuscita dell’altra, il secondo film di Jason Lei Howden è un attacco terroristico allo spettatore, al suo sguardo e al suo senso del vivere, un bombardamento ‘weirdo’ di colori ed esplosioni che non lascia certo indifferenti. Ma partiamo dall’inizio: il neozelandese Jason Lei Howden, che con il suo esordio Deathgasm tentò di coniugare satira e horror in una celebrazione ironica della scena metal estrema con grande libertà verso qualsivoglia canone del buon gusto, confeziona come opera seconda Guns Akimbo (anch’esso, come il precedente, scritto e diretto da Howden), una commedia d’azione dai presupposti distopici. Il punto di partenza è SKIZM, una piattaforma online che ha i meccanismi di un reality show ma l’interfaccia di un programma videoludico di streaming live; gli spettatori di SKIZM assistono a gare clandestine tra gang di psicopatici, ‘underdogs’ violenti e rozzi che si ammazzano a vicenda e si eliminano violentemente con l’unico fine di vincere il gioco, vincere SKIZM, essere “il migliore” in una mattanza disperata. Un presupposto non dissimile da quello che si potrebbe trovare in una puntata di Black Mirror. Il protagonista, Miles, interpretato da quel Daniel Radcliffe che il mondo intero identifica con Harry Potter, è uno spettatore occasionale di SKIZM, un ometto semplice, che ha un noioso lavoro in ufficio e passa la maggior parte del tempo in casa da solo a sognare di riunirsi con la sua ex. Ma quando segue SKIZM, Miles diventa una persona diversa, quello che ormai consuetamente è definito “internet troll”, che insulta gratuitamente, per sfogo, creandosi un alter-ego alternativo, un avatar online senza peli sulla lingua, il cosiddetto leone da tastiera. Teniamo conto che l’audiovisivo degli anni ’10 spesso guarda al mondo dei social e cerca di descriverne i ritmi e le incoerenze (le ultime stagioni di South Park rappresentano a volte il più emblematico sforzo satirico in questa direzione), ma di rado ci si trova davanti a un oggetto che così esplicitamente descrive i ritmi, l’estetica e il lessico del mondo del web – uno dei pochi che ci viene in mente può essere l’italianissimo Likemeback che era a Locarno nel 2018. Per Miles l’avventura comincia dopo un commento online di troppo, che scaturisce una lite con gli admin di SKIZM, dopo la quale la sua casa è invasa da brutti ceffi, che lo stordiscono e lo portano in un’inquietante sala operatoria. Il giorno dopo, Miles si risveglia con delle pistole inchiodate alle mani, e si trova suo malgrado a essere uno dei giocatori di punta di SKIZM, e ha 24 ore per uccidere Nix (Samara Weaving), cocainomane scappata di casa ed espertissima assassina in cima alle classifiche del gioco.
Allora, oltre l’inestimabile valore aneddotico dell’aver visto un film in cui Harry Potter corre impazzito in pigiama con delle pistole attaccate alle mani, Guns Akimbo è un film di cui vale la pena discutere l’esistenza. Non è solo un baraccone satirico, e come baraccone satirico non funziona, ma non è neanche solo un’esperienza d’intrattenimento cristallina, e come tale, ugualmente, non funzionerebbe. Deathgasm si sarebbe potuto benissimo rinchiudere nell’ottica della commedia neozelandese moderna e avvicinare al Taika Waititi del clamoroso What we do in the shadows, in quanto entrambi ridiscutono e giocano con l’iconografia dell’intrattenimento e la forma della cultura pop, ma questo Guns Akimbo a volte sembra inclassificabile. È un film incapace di ammettere un punto di vista, sembra addirittura cominciare con una dichiarazione d’intenti brutale nei confronti del mondo della comunicazione e del panorama sociopolitico attuale, con un faccione in CGI che urla sconsideratezze e cattiverie nei confronti della corruzione dei giovani cervelli nel mondo del digitale, con un fare moralista e bacchettone che poco si confà allo stile iconoclasta del film. Dalla sequenza dopo in poi, Guns Akimbo diventa un’orgia di effettacci After Effects, che infettano l’immagine cinematografica dando alla regia del film un approccio tra cinematografico, videoludico e cartoonesco che molto spesso va direttamente nel trash, dimostrando un disequilibrio che fa spavento. Anche volontario, probabilmente. Ma l’intera esperienza di visione è un’estenuante avventura dal ritmo talmente in speed da perdere attrattiva troppo, troppo presto. Anche i fratelli Safdie, gli “enfants prodige” del cinema USA odierno, stanno basando la loro filmografia sulla costruzione di viaggi folli e adrenalinici, mondi fuori controllo e dalla velocità straniante, ma lì la dinamicità del girato si confà a una storia il cui pathos e la cui ironia dipende da un ritmo che ne restituisce la pura follia, nel concreto di una situazione, per quanto di delirio, che ha una sua potenza plausibile, un suo modo di radicarsi in un’umanità reale – ciò per creare tensione, climax, e poi rilascio. Howden sembra convinto che l’esagerazione, nel montaggio e nell’effettistica speciale, possa essere un punto d’appoggio per lo spettatore medio, per rendere Guns Akimbo un’indimenticabile montagna russa del divertimento. La verità è che l’euforia serotonergica del film, come nel ‘Bayhem’ dei film di Transformers o di un Pain & Gain, ha un effetto fisico diretto, una strana nausea disforica che crea una perfetta sinergia con il vuoto atomico delle dichiarazioni del film. È credibile una critica alla comunicazione e all’immaginario morale del mondo digitale in forma di elogio esteticamente assuefatto alle sue forme?
Ma c’è un’altra verità, in un’altra domanda retorica, ed è: ha senso accanirsi? Probabilmente no. Guns Akimbo perlopiù è una cazzata fiera di essere una cazzata, non fa praticamente mai ridere di gusto se non per il suo senso del ridicolo, a tratti irrespirabile. La Weaving e Radcliffe sono entrambi istrionici in modo grottesco e patetico ma aiuta a rendere la visione a tratti quasi piacevole. I cliché, a partire dall’ultimissima scena, sono in una quantità tale da fare tenerezza, e abbassano dichiaratamente il livello a cui il film punta. Guns Akimbo non è una spirale psichedelica di divertimento ma è un potpourri d’azione abbastanza svalvolato da poter anche avere effetto, e questo è importante. Ma non può avere effetto su tutti, perché il troppo stroppia, ed è difficile capire da che parte stare, visto che sono ormai palesi delle fazioni interne, nel decidere di fare cinema, nel decidere come fare cinema. E Howden, nemmeno, forse, sa da che parte sta. Ma si diverte, perlomeno, e con poco, il che non si può dire di molte altre cose che si vedono in sala.
Nicola Settis