9 Settembre 2015 -

GLI UOMINI DI QUESTA CITTA’ IO NON LI CONOSCO – VITA E TEATRO DI FRANCO SCALDATI (2015)
di Franco Maresco

A che serve il teatro?
È una forma d’arte che implica immediatamente l’uomo,
che obbliga a vivere, a incontrarsi e scontrarsi

Franco Scaldati

In principio era Palermo. Quella degli anni Cinquanta, quella dei quartieri, quella non ancora aggredita e socialmente stratificata dai tentacoli sinuosi delle dinamiche mafiose, quella non ancora soffocata nei palazzoni dalle speculazioni edilizie. Una Palermo fatta, invece, di case basse, spirito rurale di uguaglianza, bambini che giocano in strada guardando fiduciosi al futuro. Certo, una Palermo povera e in difficoltà, ma soprattutto una Palermo solidale, dialettale ed emotiva, mostruosamente umana nell’ostentazione della propria espressività. Una Palermo in grado di litigare ed abbracciarsi nell’arco della stessa frase, una Palermo fatta di donne urlanti e di uomini con tante rughe e pochi denti. La Palermo nella quale cresce Franco Scaldati, drammaturgo d’avanguardia spesso ostracizzato e oggi -come ieri- amaramente semisconosciuto, la Palermo che offrirà all’autore il vivo tessuto sociale dal quale prelevare a piene mani i paradossi e le sconfitte messe in scena.
Gli uomini di questa città io non li conosco – Vita e teatro di Franco Scaldati è il ritorno di Franco Maresco sugli schermi veneziani (non a Venezia, visto che, come accaduto lo scorso anno per il capitale Belluscone – Una storia siciliana, il regista siciliano non presenzierà alla proiezione ufficiale), con un documentario in grado di divulgare, interessare, emozionare, divertire, ma anche, come da migliore tradizione mareschiana, amareggiare attraverso la barbarica solitudine delle proprie maschere tragiche. Gli uomini di questa città io non li conosco è un sublime e disperato gesto di amicizia, è l’omaggio sincero, umile e appassionato dell’allievo al maestro, è un atto di giustizia a guisa di epitaffio, una ricerca ancestrale di dovuta memoria ma al contempo anche un atto politico di Resistenza, grido sommesso e disperato per tentare di uscire dall’oblio nel quale Scaldati è morto nel 2013 e nel quale Maresco, mai sostenuto a dovere dalle distribuzioni e da sempre narratore della propria cupa depressione, teme di piombare.

Gli uomini di questa città io non li conosco va addirittura oltre il già mirabile found footage di Come inguaiammo il Cinema italiano – La vera storia di Franco e Ciccio (2004) ed il rapporto di ammirazione ed amara solitudine che permeava Io sono Tony Scott, ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz (2010), finendo per assumere gli appassionati contorni di un tenero rapporto padre-figlio. Scaldati era teatrante e drammaturgo surreale, cantore dell’innocenza di mostri ed erotomani, narratore di emarginati e di galline in un immaginario allegorico grottesco e crudo, capace di coniugare la volgarità del mondo con la drammatica introspezione di chi sospira alla luna. I suoi personaggi, da Il pozzo dei pazzi a Totò e Vicè, sono esseri cristallini e allo sbaraglio in un mondo ingiusto e cinico, pronto ad emarginarli anziché provare a capirli, attori rigorosamente non professionisti lanciati in una visione delle storture della vita pessimista e beckettiana, ma intrisa di disarmante umanità. La lingua della sua drammaturgia era il dialetto palermitano di borgata, espressione di un’umanità picaresca ed alienata, ma al contempo pura e radicata nel territorio, nella quale tutti quegli eccessi linguistici uditi da bambino potevano trovare la giusta collocazione. Scaldati è stato, più che un maestro, un vero e proprio padre artistico per Maresco, inesauribile fonte di ispirazione stilistica e concettuale per il percorso che pochi anni dopo affronterà il regista -con o senza l’ex socio Daniele Ciprì, ottimo direttore della fotografia quanto poco talentuoso regista- dalle maschere sgraziate di CinicoTV alle galline di Totò che visse due volte, dal nano rivelatore ne Il ritorno di Cagliostro fino all’umanità ignorante e collusa emersa in Belluscone.
Ma Maresco, in comune con il padre-maestro-amico Franco Scaldati che viene così umilmente omaggiato, non sente solo lingua e tematiche. C’è anche, nei percorsi intrecciati dei due artisti, la stessa difficoltà nel trovare spazi distributivi, la stessa resistenza in forme grottesche ai cambiamenti sociali, alla mafia, alle speculazioni edilizie, alle disuguaglianze sociali, ad un mondo -quello della libera espressione- che da sempre respinge i suoi innovatori più talentuosi. La depressione, la forzata solitudine e l’impossibilità di proporre ad un vasto pubblico le proprie idee ed il proprio lavoro costituiscono un cordone ombelicale che rende i due autori, Scaldati e Maresco, inscindibili ben oltre la similitudine nelle tematiche e nelle modalità. Ecco quindi che, mentre buona parte dei teatranti d’avanguardia si riciclava sulle televisioni private, Franco Scaldati fu costretto -ieri- a fondare piccoli teatri indipendenti e popolari ormai in rovina, mentre Maresco -oggi- è sempre più relegato alla nomea di autore pericoloso e underground, e sono sempre state ben poche, dopo la chiusura del format CinicoTV, le copie in circolazione dei suoi film.
Attraverso l’alternanza di filmati d’archivio, vecchie interviste a Scaldati, interventi di nuovi autori, critici, amici e colleghi, la voce narrante di Maresco ci accompagna calda in un film liquido e multiforme, in grado di insinuarsi a macchia d’olio nelle fratture della realtà storica, raccontando il mondo del teatro, quello del cinema, ma anche la situazione sociale e politica di una Palermo-Italia-mondo passata nel giro di pochi mesi dalla rabbia popolare appena successiva alle stragi di mafia al poco lusinghiero status di roccaforte forzista e berlusconiana, fra connivenze di ogni tipo e voci contrarie messe a tacere. Ma c’è anche spazio per elementi ancor più tipicamente mareschiani, dalla simmetria frontale in bianco e nero con il quale si apre il film alle immagini dietro le quinte del Ritorno di Cagliostro, fino al giro di interviste dalle quali si evince con amara ironia che nemmeno a Palermo nessuno, oggi, ricordi Franco Scaldati. Franco Maresco si conferma montatore sublime, Autore e artista a tutto tondo, coerente nella propria idea di cinema e di umanità, pronto a portarla avanti fino alla fine e forse oltre. Del resto, nel teatro di Scaldati succede spesso che i personaggi muoiano sul palco e poi, nella stessa scena, resuscitino tornando a interagire con gli altri attori e con il pubblico. Il teatro – e di conseguenza il Cinema – è forza vivifica, riscatto, resistenza anche alla morte. Franco Maresco, a forza di negarlo, firma solo film straordinariamente necessari.

Marco Romagna

“Gli uomini di questa città io non li conosco” (2015)
115 min | Documentary | Italy
Regista Franco Maresco
Sceneggiatori Franco Maresco, Claudia Uzzo, Francesco Guttuso
Attori principali N/A
IMDb Rating N/A

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