Nel Concorso principale di questa settantesima edizione del Locarno Festival, l’Italia viene rappresentata da Gli Asteroidi, primo lungometraggio di finzione del regista emiliano Germano Maccioni. Il film è una sorta di storia di formazione ambientata nel degrado delle desolate periferie bolognesi, avente per protagonisti tre diciannovenni: Pietro è un ragazzo smarrito senza nessuna aspirazione nei confronti del futuro; Ivan, che si è dato alla piccola criminalità, si divide fra spaccio e furti di candelabri dalle chiese; e infine Cosmic, un appassionato d’arte e di filosofia con problemi mentali, vaneggia continuamente su un asteroide che starebbe per precipitare sulla Terra e annientare l’umanità. A loro si aggiungono Ugo (Pippo Delbono, già “colpevole” a Locarno 2013 di Sangue[1]), un pizzaiolo cinquantenne per cui Ivan lavora sia legalmente sia illegalmente, e Chiara, una studentessa dell’università che instaura un rapporto sentimentale con Pietro.
È Pietro il personaggio che può essere considerato a maggior ragione il vero protagonista della storia di formazione, in quanto viene viene condotto sulla via della criminalità da Ivan per poi compiere il proprio arco pentendosi della scelta e raggiungendo una sorta di redenzione, superando le proprie paure e riuscendo finalmente a mettersi in piedi sulla staccionata metallica di un ponte per osservare le macchine. Il problema è che questo percorso morale sembra quasi improvvisato, come inserito nel film in maniera forzata: nessuna delle scelte compiute da Pietro risulta essere né motivata né caricata drammaticamente, ma semplicemente queste scelte hanno delle conseguenze che accadono di fronte allo schermo, lasciando lo spettatore in uno stato di continua indifferenza se non addirittura perplessità. La sceneggiatura co-scritta dal regista, più grande punto debole del film, rivela le sue enormi falle anche e soprattutto nell’ultimo atto, ovvero nel colpo organizzato da Ivan e Ugo con l’aiuto di Pietro, durante il quale ovviamente qualcosa va storto, come in tutti i classici racconti di crimine e redenzione, ma la costruzione del tutto si muove in maniera talmente grossolana e anticlimatica che nessuna delle azioni dei personaggi ha delle reali conseguenze sul suo esito. Anche i conflitti generazionali, che dovrebbero essere uno degli aspetti fondamentali del film, sembrano quasi completamente immotivati e stereotipati, in particolare quello fra Pietro e sua madre, che ruota attorno alla morte del padre di lui, e anche quando vengono svelati dei retroscena atti ad approfondire i personaggi e i rapporti fra loro, questi risultano essere solo delle toppe cucite attorno a un comparto narrativo che procede inerme, sempre più debole e raffazzonato nel suo scorrere. L’autore cerca di fare entrare a forza nel film talmente tante problematiche che nessuna viene approfondita, e vengono presentate solamente tramite una o due battute improvvisate ciascuna, o brevissime scene incastrate quasi a forza nello svolgersi della trama: abbiamo l’esame di maturità, la bellezza dell’università, il rifiuto del lavoro onesto, la droga, l’ansia per il futuro, i sindacati, la morte del comunismo, l’amore e il sesso, la sensazione di una fine sempre più imminente, quasi come se questo intreccio di tematiche nient’altro fosse che una cortina di fumo per nascondere la consapevolezza di non avere, sotto sotto, quasi nulla da dire.
C’è un solo aspetto per il quale il film non è totalmente da buttare: Maccioni, nel gestire singole scene e inquadrature e più in generale nel delineare la decadente periferia emiliana, dimostra sicuramente la presenza di uno sguardo cinematografico, avendo d’altronde già alle spalle vari lavori documentaristici. Il problema è che Gli Asteroidi è un film senza una vera spina dorsale, senza una struttura organica, che più che avere effettivamente qualcosa da dire, sembra cercare di cavalcare questa sorta di nuova ondata di cinema italiano che fa delle periferie diroccate e della rovina post-industriale la propria materia prima, elevandosi rispetto ad altri film del genere appunto a causa del suo sguardo ma rimanendo sempre abbastanza patetico. Raramente ho visto sullo schermo una così grossolana banalizzazione dei grandi problemi della generazione a cui appartengo anche io, la generazione che ha perso sia le coordinate del proprio presente, sia lo scopo su cui impostare il proprio futuro. Gli Asteroidi, non riuscendo né a darci una prospettiva interessante su questo mondo, né a coinvolgere emotivamente, finisce per essere nient’altro che un film di potenzialità sprecate, complessivamente inutile.
Tommaso Martelli