FIGHT FOR NULLA – IL FILM DEI LUPI NEGVI (2018), di San Fabio

È difficile parlare di Fight for nulla, ma è anche giusto parlarne. E ne parlerò in prima persona – è uno di quei casi in cui ci pare essere necessario. Anche perché il lettore standard di questo sito probabilmente non può sapere che cos’è Fight for nulla, e va bene, come probabilmente va bene che si incuriosisca, con questo titolo che mischia due lingue e con la lunga storia che il film necessita come presentazione. Una cosa importante da fare è introdurre gli autori di questo lavoro attraverso quella che non può che essere una minuscola autobiografia, anche perché arrivare a Fight for nulla equivale a fare, per me, un breve viaggio pindarico. È accaduto qualche mese che un post su Facebook di un amico mi abbia fatto scoprire i Lupi Negvi, un gruppo musicale di Brescia e dintorni che pubblica su YouTube i propri sforzi, canzoni più o meno umoristiche e grottesche dai molteplici temi (alcune delle migliori concernono la Coca Cola, l’MDMA, Gesù, il feticismo dei piedi, la provincia bresciana e il vegetarianismo di Hitler), sul canale LUPI NEGVI DANCE CREW TRASH-SCHIFO-MUSIC. Ogni canzone contiene delle idee di composizione che sono idee vere, ma per qualche ragione, che siano i suoni usati o (più spesso) i testi, che devono “fare schifo in senso buono”, c’è sempre qualcosa che si interrompe, come creando una distanza tra la qualità dell’idea e la qualità dell’esecuzione – tuttavia ciò è legato semplicemente alla piattaforma digitale, piattaforma che richiede una dimostrazione del proprio talento in maniera elementare, creando una nuova tradizione. Insomma, col digitale l’arte la può fare chiunque, anche chi non ha talento. E con ciò non voglio dire che i Lupi Negvi non abbiano talento bensì che riescano perfettamente a riempire le loro lacune con un qualcosa che potremmo definire “personalità”. Si divertono, insomma, senza porre problematiche etiche e morali, fanno quello che vogliono fare. E lo fanno anche utilizzando in maniera non professionale il mezzo del video, con un’iconografia marcia e underground riconoscibilissima a partire dai personaggi e dai luoghi che si vedono in ogni rappresentazione visuale della loro musica. È un’assenza di professionalità che è alla base della personalità di Fabio Soregaroli, in arte San Fabio, vera mente fondatrice del gruppo e santone del trash, forte di collaborazioni in musica e arte con Andrea Diprè, Andrea Alongi e La Diva del Tubo. E con i Lupi Negvi non c’è giudizio nei confronti della realtà, la loro musica anzi ci convive come cercando di accettarla. Ed è una musica che somiglia a tutto e non somiglia a nulla, in un frullato postmoderno tutto digitalizzato che va dalla Dark Polo Gang a Battiato e dagli Swans a Rino Gaetano.

Ho avuto modo di conoscere San Fabio prima su Facebook, continuando il flusso “social” di questa storia, e poi dal vivo attraverso degli amici in comune, scoprendo che il principale progetto dei Lupi in quel periodo era il montaggio di un film, il “film dei Lupi Negvi”, Fight for nulla. Avrei dovuto aiutare San Fabio a presentare il film all’associazione culturale e artistica 639 di Brescia, ma per motivi di tempo e studio non ho potuto. In ogni caso, dopo l’anteprima in patria, Fabio mi ha mandato il film, e ho avuto modo di vederlo prima della sua pubblicazione, che avverrà su YouTube in questi giorni – inserirò il link, appena mi è possibile, in fondo all’articolo. Fatto partire il video, non avevo idea di cosa avrei potuto vedere: una dimostrazione di grande profondità dietro un lavoro musicale che si diverte a giocare con la volgarità e la superficie? Un lavoro estremamente libero che dimostra passione nei confronti del mezzo del cinema (e/o della musica)? O una “semplice” commedia fantascientifica che gioca col trash, coi generi, con la scarsità di budget di partenza? Partendo dal presupposto che, come dice Godard, un bel film è un film in cui gli altri trovano un significato, ho trovato che c’è qualcosa di davvero interessante in Fight for nulla, e i riferimenti culturali che mi è sembrato di riconoscere in esso sono forse completamente casuali e per niente volontari da parte di San Fabio e dei suoi colleghi. È un film interessante proprio per le cose di cui non parla, le cose che vuole mettere in scena e come le vuole mettere in scena, in maniera spudorata, senza peli sulla lingua. Qualche censura, per mantenere una possibilità di sopravvivenza. Si parte da un titolo che contiene un’incisiva parola in inglese, “Fight”, e una spaventosa parola in italiano, “nulla”. Combattere per il nulla significa combattere alla ricerca del nulla, un nulla che è stato rubato a San Fabio, praticamente anche protagonista del film. Col titolo multilinguistico viene presupposto che ci sono due facce del film: una faccia “internazionale”, legata ai generi cinematografici (fantascienza, lotta, avventura) trattati con piglio parodistico, e una faccia di onestà intellettuale, di riferimenti interni, di discorsi personali, la quale si risolve in una riflessione, appunto, sul nulla. Fight for nulla parte da un mondo di messinscena che sembra essere nel contempo negazione assoluta de La storia infinita di Ende e superamento de La montagna sacra di Jodorowsky. Mi spiego meglio: da una parte il Nulla, il nemico dell’uomo per Ende, è qui un possesso dell’uomo, o forse addirittura una cosa di cui l’uomo ha bisogno per essere se stesso, così sostituendo la paura con la speranza, l’annullamento del mito e delle barriere della finzione con l’uomo che supera se stesso per affermare il proprio Io («Il tuo maestro sei tu», diceva San Fabio in Fuxia come Gesù, la sua canzone più pop); dall’altra parte il finale de La montagna sacra ha implicato un mutamento filosofico nell’approccio verso il cinema. Il regista stesso, introdotto all’interno del cast, chiede ai suoi compagni di avventura di accettare che tutto quello che è stato mostrato sullo schermo era un film. La macchina da presa va indietro e vengono inquadrate le luci sul set – la storia è finita e tutti se ne possono andare perché tutti sono consci della futilità dell’operazione, poiché l’operazione è fittizia. In Fight for nulla tutti hanno compreso che il film è un film, e quindi la futilità della lotta è ammessa nella forma stessa della narrazione spezzettata. San Fabio lo dice esplicitamente, parla in macchina, inquadra la propria ombra mentre da operatore insegue altri personaggi e altre storie.

Ma la verità è che la lotta di San Fabio, che magari può non essere per tutti completamente condivisibile, è una lotta assai concreta, che si allontana dall’astrazione in maniera definitiva proprio attraverso questo film. Come il protagonista di El Topo, Fabio, per riottenere il Nulla, si ritrova a combattere contro vari avversari, ognuno dei quali rappresenta un concetto che lui deve sconfiggere, a volte a parole ma più spesso a cazzotti, per continuare il proprio percorso spirituale. C’è, ad esempio, il “mostro dei soldi”, che crede che Fabio lo stia contattando per cercare un lavoro quando invece l’utilitarismo e l’egoismo capitalistico sono la cosa più lontana dai suoi interessi, cosa che Fabio spiega in un iroso monologo che potrebbe fungere da manifesto dei suoi lavori. Oppure soprattutto c’è il “mostro del professionalismo”, un ragazzo (membro dei Lupi) che, come il critico cinematografico di , dice al protagonista in maniera esplicita che le cose che fa sono brutte e fatte male, che i suoi video fanno schifo, le sue canzoni non hanno senso. Però per Fabio bisogna sconfiggere il professionalismo, inteso come idea di “fare le cose bene”, perché le idee possono fluire in prodotti artistici anche senza la completa consapevolezza del mezzo. È una cosa che va messa in discussione. È difficile, infatti, per noi dire che Fight for nulla, per esempio, non è un film. Però in effetti il film non comunica contenuti utilizzando un mezzo cinematografico tradizionale. Sarà che il film è un prodotto underground, senza fini di lucro, che avrà una distribuzione online; o sarà che è montato senza seguire un linguaggio narrativo di corrispondenze visive e ricorsività temporali. È più una connessione costante tra vignette scollegate, sovente completamente improvvisate, sketch sullo spionaggio, sulla tossicodipendenza, sulla vendetta, che delineano un panorama urbano sincero e onesto. Fa ridere perché è costruito perché faccia ridere, ma a volte funge come un’ipnosi. E a volte non è cinema, ma è semplicemente un gioco di messa in scena attraverso il video, con imitazioni di videogiochi, effetti speciali scadenti, split screen scoordinati, re-immaginazioni videoludiche, allucinazioni animate, montaggi videoartistici, frasi inserite in sovrimpressione su nero come nei film del terzo periodo di Godard.

La cosa che colpisce di Fight for nulla è la propria prepotenza anarchica, che deflagra con amore e libertà. Mancano i mezzi, certo, ma è a suo modo proprio un’ode alla mancanza dei mezzi, un’ode della libertà di mettere in campo e in arte un ideale o una serie di ideali. Se devo essere sincero mi è in realtà anche difficile dire che è un bel film a tutto tondo, non perché non lo sia ma perché è difficile capire che cos’è: mi sono divertito, ho recepito il messaggio e ho passato bene due ore di durata (anche se possono essere ridondanti per una struttura interamente costruita attorno agli sketch); ma rimane un oggetto alieno e fuori dal mondo, che oltre a superare le costruzioni simboliche dello Jodorowsky degli anni ’70 sembra quasi porsi come via di mezzo tra Vigasio Sexploitation e The Pills – sempre meglio che lavorare, tra un’esplosione di stile plastica e la sincerità di un commento generazionale che supera e sconfigge i limiti formali. Sono anche stato inserito nei titoli di coda, anche se non ho fatto niente, come “Mr. Settis”, cosa per cui mi verrebbe da ringraziare San Fabio anche se sinceramente non ho idea del perché o del percome. So solo che, in mezzo a questo non-cinema che si propone come cinema, c’è qualcosa di verissimo e di densissimo, e che tutto l’aspetto iconoclasta da divertissement surreal-trash popolare non nasconde questo qualcosa ma rende più stimolante la possibilità di cercarlo tra le righe o tra le immagini, tra le soluzioni visive che, tra gli altri, a volte riecheggiano casualmente anche film tra i più disparati come Amore tossico di Caligari, Duelle di Rivette o Essi vivono di Carpenter. E San Fabio fa un po’ il santone, compiacendosi della propria folle coerenza, ma lo fa con una sporcizia visuale talmente densa e sensata da diventare a suo modo elegante, compatta. Basti pensare al montage pre-finale che segue San Fabio in ascensore e tra i corridoi di un ospedale, in cui la follia oltre-umana dell’umorismo fantascientifico viene sostituita da un delirio di dissolvenze con un punto di vista distorto, che culmina in un apice emotivo e intimo che riesce a non scozzare con la somma dei fattori comici che si sono susseguiti precedentemente.

Insomma, per riassumere, a rendere interessante Fight for nulla è la sua stessa essenza, la proposizione dei suoi contenuti e la decisione formale sul come essi vengono posti. È assurdo e perciò importante che questo film esista, o anche che questo film possa essere definito o concepito, difatti, “film”. Tra accenni alla misoginia di Schopenauer, pistole caricate a salve, montaggi slice-of-life ritmati a ritmo di cover di Frank Sinatra e trasfusioni di anime umane in corpi di tacchino, Fight for nulla dev’essere visto per capire cosa altro può essere immagine e cosa altro può essere dichiarazione d’intenti artistica in questo mondo così assurdo. Ma va visto solo se siamo pronti ad accettare quest’assurdo come normale, come ci inviterebbe a fare Camus, e quindi a ridere e a empatizzare con la messinscena dell’assurdità.

Nicola Settis