E AGORA? LEMBRA-ME (2013), di Joaquim Pinto
Uno dei film più intensi e sconvolgenti del concorso di Locarno torna a Rotterdam con una splendida accoglienza, è l’esperienza personalissima di una grande figura del mondo del cinema, Joaquim Pinto. Un uomo stanco dagli occhi enormi e malinconici che guardano lo spettatore come il mondo, la malattia come la vita. Gli stessi occhi che si osservano nel suo “taccuino” audiovisivo E Agora? Lembra-me, il suo personale diario di un anno “in viaggio” per combattere HIV ed epatite C, mali di cui Joaquim soffre da vent’anni. Joaquim Pinto, fonico di Ruiz come di Monteiro, storico, critico e cineasta sperimentale; una memoria di vita e di cinema, prima che di malattia.
Con la continua confusione tra spazi e tempi il cinema di Pinto trasporta nel suo cuore il crisma del passaggio tra vita e morte in un vortice di immagini confuse che restituiscono l’eterna bellezza dello stare qui. Proprio per quello l’enorme dialettica contenuta all’interno del film non si limita ad esprimere considerazioni sulla malattia ma ristruttura un senso più ampio alla contemporaneità, alla nostra società, alla globalizzazione. Il tutto costellato da accenni e rimandi all’arte, alla letteratura, alla musica, e al cinema.
E’ un documento doloroso del progredire di una malattia che consuma, in cui le immagini (nuove e vecchie) acquistano un valore testimoniale. Pinto si fa demiurgo del suo passato, cercando di ricostruirlo ed assemblarlo non solo con immagini d’archivio, ma anche attraverso la storia stessa delle proprie visioni . Una continua deriva tra il passato più glorioso ed il presente che si fa duro e soffocante , fatto non solo di amore ma spesso di quel dolore che affoga la stessa anima. I soggiorni in ospedale la continua paura di perdersi e la durezza stessa della vita in quelle condizioni.
Vi è solo la naturalezza di un racconto che non vuole insegnare ma solo far sapere il modo in cui andrebbe vissuta la vita: una serie continua di esperienze, senza paura. Fedele alla linea, anche in questa sua ultima opera trascende i canoni del racconto cinematografico per un’esperienza (sensoriale, morale ed intima). Debordante come è l’esistenza, con le sue attese e i tempi morti, leggero come respiro di un organismo vitale in continua metamorfosi. A dir poco emozionante.
Erik Negro