“Anna dorme. Dorme!”
Il cinema è come una bella ragazza. Bisogna impegnarsi a fondo per conquistarlo, bisogna dimostrare di essere quello giusto, bisogna raggiungerlo e tenerselo stretto, con le unghie e con il sudore, con l’artigianato, con la capacità di sobbarcarsi ogni ruolo: regista, fonico, sceneggiatore, direttore della fotografia, costumista, montatore, produttore. Eros Puglielli, nel sottobosco fantastico e indipendente italiano su cui si focalizza l’Apocalissi a basso costo fra i bocconi più succulenti del Future Film Festival 2017, è probabilmente il nome più noto al pubblico, l’unico che, seppur tardivamente e non certo in maniera capillare, è riuscito a ritagliarsi un minimo di spazio all’interno delle maglie distributive italiane. A partire proprio da Dorme, lungometraggio d’esordio folgorante e sfavillante, bomba visionaria e acida giunta nel 1993 a rivelare un talento straordinario e ancora oggi sottovalutato, acquisita una prima volta nel 2000 – data di riferimento anche per Imdb – per uscire solo nelle sale romane, e successivamente ridistribuita nel 2012 in giro per la penisola.
Al momento della prima uscita, tuttavia, Dorme circolava già da 7 anni per i salotti capitolini in videocassette pirata duplicate centinaia di volte e ormai erose, e già si era ritagliato, insieme ai numerosi cortometraggi realizzati in super16 da Puglielli negli anni del Centro Sperimentale di Cinematografia, il proprio posto fra i film di culto, tanto da convincere Indigo Film a finanziarne la vidigrafia – sostituendo le troppo costose musiche dei Pink Floyd con una colonna sonora originale – per stamparlo in 35mm. Girato nel ’93 in VHS da un Puglielli appena diciannovenne usando come attori vecchi amici e compagni del liceo, catturando l’audio direttamente con la macchina e montando poi in Beta usando come riferimento solo il timecode senza moviola né possibilità d’errore, Dorme è l’anticipazione di tutto il cinema indipendente italiano, il primo caso di autoproduzione a bassissimo costo, la (prima) prova che un cinema diverso era possibile, sostituendo il talento e l’immaginario alle grandi produzioni, sostituendo il divertimento fra amici all’industria e alle sue rigide logiche.
Dal low-fi di Dorme, nato a metà fra il gioco e la prova d’ammissione al Centro Sperimentale, emerge una borgata capitolina fatata, onirica, eppure lisergica, sadica, violenta. Pericolosa, come i fratelli Riccio, che in realtà sono un solo squilibrato che sfreccia in motorino e “je mena” tutti convinto di essere due gemelli; asfittica, come il padre del protagonista Ruggero Acque (evidente traduzione di Roger Waters, bassista dei Pink Floyd) nelle sue continue umiliazioni del figlio e nella sua ossessione per la carne “che fa crescere”. Già, che fa crescere, eppure pare non aver funzionato, con Ruggero rimasto 1 metro e 60 a 19 anni, schernito dai conoscenti, eroso dal suo senso di inferiorità, lasciato proprio a causa della sua statura da Anna, la “bella donna” che ora sta proprio con i fratelli Riccio e si fa negare al telefono dopo due anni di fidanzamento. “Anna dorme. Dorme”. Solo il suo amico segretamente omosessuale Michele Campovecchio (altro omaggio “musicale” a Mike Oldfield) supporta Ruggero nella lotta per riconquistare la sua bella: sono due perdenti uniti nel campo di battaglia quotidiano di un mondo che non accetta i “diversi”, siano essi attratti dal proprio sesso o affetti da un nanismo esasperato dall’altezza vorticosa delle case popolari.
Prima ancora che un’incursione nel sentore di inadeguatezza giovanile, in cui Ruggero diventerà, complice il potente psicofarmaco “Monaco 2” e il suo Specchio delle Brame che trasformerà il timore nei confronti del padre nel coraggio e nella forza di Mazinga, in un supereroe strafatto, Dorme è un’eversiva passeggiata nel distorto, è un cinema personalissimo, lontano da qualsiasi canone e ancora oggi unico, forte di una messa in scena che prende il reale e lo deforma fra fisheye, soggettive ad altezza nano, tremolii à la Sam Reimi, audaci carrellate a mano dall’orizzonte obliquo e personaggi necessariamente caricaturali. Fra cabine telefoniche e inni giovanilistici di Mario Tessuto, l’esordio di Puglielli è un film di percezioni inacidite, in cui la messa in scena splendidamente audace crea un costante senso di vertigine e di mostruosità emblematica, universale, metaforica di ognuno di noi e paradigmatica di una società atterrente, o per lo meno vissuta come tale.
Dorme è un film profondamente libero, slegato da qualsiasi logica commerciale, un pastiche di generi irresistibilmente spassoso fra tormentoni “come una bella donna” e sogni di California. È ancora oggi una bomba su un mondo-cinema sempre più asfittico e livellato, è una boccata d’ossigeno che toglie progressivamente l’ossigeno ai suoi protagonisti, costretti a far cedere le proprie barriere di autodifesa, costretti a mettersi a nudo, costretti a confessare, in primo luogo a loro stessi, le proprie inadeguatezze e le proprie bugie. Costretti a entrare a forza in quegli anni Novanta che, solo nel ’93 e in larga parte per caso, Dorme riusciva già a sintetizzare fra un protagonista nano che agisce sotto i cartelloni con cui un altro nano preparava la propria discesa in campo e le ossessioni pop della psichedelia e degli anime. Fra cinepugni di montaggio e dissolvenze dello skyline di New York sulla provincia romana, baci e palpeggiamenti, inseguimenti sulla Renaut 4, furti di benzina e ritorni alla festa origine del trauma, Dorme inanella una serie pressoché infinita di geniali trovate narrative e di messa in scena, portando l’antieroe all’apice del proprio eroismo e della propria sincerità. E mentre Ruggero impara a discernere ciò che esiste da ciò di cui si è autoconvinto nella sua depressione allucinata, Dorme procede anarchico, eretico, inclassificabile, figlio di un immaginario che non assomiglia a nient’altro, principale mattone alle fondamenta di un cinema italiano realmente indipendente, appassionato, originale, artigianale, fresco e libero. Un cinema di cui ancora oggi, come e più di 24 anni fa, c’è assoluto bisogno.
Marco Romagna