CHERRY PIE (2013), di Lorenz Merz
Molto interessante è Cherry Pie di Lorenz Merz, nella sezione Bright Future. Il terzo lungometraggio del regista svizzero narra della fuga di Zoe, Lolita Chammah, dal sud della Francia fino a Brighton. Una fuga da un passato che non viene mai esplicato, ma semmai suggerito attraverso indizi sempre più chiari e verosimili. Il viaggio è su una strada a doppia corsia: la prima che dal Nord della Francia porta la protagonista fino alle coste dell’Inghilterra e la seconda che è quella dell’introspezione, del desiderio intimissimo di scoprire chi veramente essa sia.
Merz abbandona la ragazza alla sua stessa sopravvivenza, non la aiuta ad uscire da quella intricatissima situazione in cui si trova, Non le offre nemmeno un paesaggio dove potersi rifugiare. Le dona solamente l’empatia che lei stessa riesce a creare con il pubblico, quando quasi sembra commuoversi per il suo stesso senso di incapacità a ritagliarsi la sua stessa identità, quasi fosse cinematograficamente cosciente della ben più potente deriva d’identità del Passenger di Antonioni.
Potente ritratto femminile, continuamente sospeso in un’atmosfera quasi onirica e irreale, accennata all’inizio, sempre più esplicita man mano che il film avanza. Sembrerebbe quasi di assistere ad uno di quei sogni in cui dettagli e personaggi reali si mischiano a elementi fantastici o fuori posto. Pur con qualche limite risulta un film dal forte impatto emotivo e dall’innegabile fascino visivo, che coglie l’obiettivo di raccontare una figura nel paesaggio, in fuga nelle cause materiali e sociali sia nelle derive e nelle fughe psicologiche e interiori.
Erik Negro