19 Ottobre 2022 -

AS BESTAS (2022)
di Rodrigo Sorogoyen

È impossibile non pensare al Peckimpah di Cane di Paglia, vedendo il nuovo e sorprendente lavoro di Rodrigo Sorogoyen As Bestas. Un po’ per la simile ambientazione in una comunità chiusa, aspra e isolata che non potrà che lentamente riplasmare le anime di chi la abita, un po’ per l’analogo scontro fra la cultura contadina e quella “dei forestieri” respinti nel loro tentativo di integrazione, ma soprattutto per quella violenza primordiale che costantemente scorre sotto la pelle, per le sempre più asfissianti avvisaglie di pericolo, per la magistrale tensione che attanaglia ogni singolo passo dei protagonisti e ogni singolo fotogramma del film. Eppure non ci sarà bisogno di alcuna brutale deflagrazione, in As Bestas. O, per lo meno, non ci sarà alcuna trasformazione dell’uomo tranquillo e sottomesso in macchina da vendetta, e anzi l’unico reale apice del climax verrà sapientemente tagliato a metà, lasciando per qualche minuto gli spettatori sospesi nella stessa (in)certezza dei protagonisti. Ci sarà invece un continuo lavoro ai fianchi della cinepresa del regista spagnolo, costante e priva di accelerazioni nel ritmo del montaggio e nello scorrere delle sue lente carrellate proprio come quando Sorogoyen sceglie di intessere le interminabili partite di domino al bar, che diventano pressioni, minacce e purissimo distillato di thriller, nell’apparente flemma di inarrestabili e inquietanti moti circolari che si intrecciano intorno al tavolo, o ancora come quando, nel folgorante incipit, i cavalli in ralenti vengono spossati dalla costanza e dalla violenza della caccia tradizionale dei tre uomini “aloitadores” pronti a marchiarli tagliando loro una parte di criniera. Una sequenza che già anticipa il progressivo degenerare umano negli istinti più violenti, la follia bestiale di chi vuole dominare sull’altro, il riemergere della brutalità delle società pre-civilizzate. Il senso perpetuo di oppressione, di angoscia, di progressiva caduta nella ferocia per reagire alla paranoia – dello straniero, della povertà, delle minacce, degli aggressori, e poi semplicemente la paura di una verità che non sarà più possibile nascondere di fronte all’ostinazione di chi fino a quel momento era rimasta ai margini, e invece si riprende il centro della scena. Tanto che la sequenza in assoluto più violenta sarà semplicemente verbale, con quel litigio in cucina fra una madre che non si vuole arrendere e una figlia che vorrebbe portarla via da quel luogo in cui è rimasta sola. Una vera e propria lezione di scrittura e di regia fatta di una videocamera contro un fucile, di uno «scherzo» sempre più pesante e di due silhouette dietro la tenda, di un blocco stradale notturno e di una batteria d’auto gettata ad avvelenare un pozzo, di un giro di bevute al bar e di un fischio improvviso che fa scappare il cane. Ma anche di una polizia che non lascia totalmente da soli ma che di fatto non sa e non vuole fare nulla per aiutare «i francesi» negli assalti dei nativi vicini di casa, che non coglie i segnali di una ferocia annunciata, che non cerca le prove di un omicidio, e in realtà nemmeno il cadavere, fino a quando non sarà la tenacia di una donna a costringerli. Come se Un tranquillo weekend di paura potesse durare un’intera (scelta di) vita (e di morte), come se Il vento (che ancora) fa il suo giro fosse arrivato a spirare dalle minoranze occitane del Piemonte a quelle di Galizia. Ma andiamo per ordine.

Presentato lo scorso maggio nella sezione Première del Festival di Cannes, a detta di Frémaux escluso dal Concorso solo perché giunto troppo tardi sui tavoli della selezione, e ora in prima italiana alla diciassettesima Festa del Cinema di Roma prima che ne venga calendarizzata l’uscita in sala con Movies Inspired, As Bestas mette in scena Antoine e Olga, coppia francese di mezza età che ha deciso – «Questa è la mia casa», dirà chiaramente il protagonista anche mentre lo accusano falsamente di mentalità napoleonica e di «voler conquistare» la loro terra «per le vacanze degli stranieri» – di trascorrere il resto della propria vita in quella minuscola comunità montana ai margini della Spagna, nella quale integrarsi, praticare agricoltura ecosostenibile e restaurare gratuitamente le case con cui sognare di ripopolare la valle. A far emergere le frizioni con una coppia di rozzi e un po’ razzisti fratelli vicini di casa, mentre il resto della comunità locale (in testa il gentile vicino Pepinho) li accoglie al meglio e si complimenta per la qualità dei loro pomodori, è l’opposizione del protagonista all’installazione di quelle pale eoliche con cui, grazie al (nemmeno troppo) cospicuo risarcimento per le terre, i paesani sognano di avere l’occasione per cambiare vita, e che invece per il più scafato Antoine sono semplicemente l’ennesima speculazione di una ditta straniera che avrebbe fatto arricchire solo i capitalisti «che pagano un tozzo di pane per non avere le pale a casa loro», e non certo i residenti degli altopiani deturpati. Un conflitto insanabile e sempre sul punto di esplodere, ma come si diceva Sorogoyen ritarda il più possibile lo scontro, preferendo muoversi in un’atmosfera desaturata di tensione costante, di perpetuo allarme, di insistiti segnali di come la situazione sia impossibile da appianare, e di come potrebbe degenerare da un momento all’altro. È anzi proprio nel suo sostanziale immobilismo, nell’attesa di Godot, che As Bestas alimenta a fuoco lento e nella sua babele fra spagnolo, francese e galiziano (ma soprattutto silenzi) il suo palpabile nervosismo, la profondissima inquietudine che attanaglia ogni sua inquadratura mentre progressivamente ci si inoltra sempre più all’interno dell’animo umano, del subconscio, dell’istinto barbarico. Della follia. Ma anche del pelo sullo stomaco, della necessità di adattarsi, unico modo per non farsi schiacciare dalle ‘bestie’ – e in tal senso basterebbe la sequenza al mercato degli animali, con Olga che deve prendere di forza le sue pecore già pagate per non essere truffata dal commerciante. C’è il breve rettilineo sterrato che divide le due case, c’è il bar frequentato sia da Antoine sia dai suoi aguzzini, ci sono i boschi da attraversare, c’è una gestione claustrofobica degli spazi che non lascia mai reale respiro nemmeno all’aperto, di fronte all’estensione sconfinata dei campi coltivati, e forse nemmeno nelle case degli amici. Ci sono sguardi di odio e di sospetto, ci sono le ingerenze e i sabotaggi sempre più gravi degli scomodi e semianalfabeti antagonisti, ci sono i loro sputi in faccia, le loro frecciatine razziste, i loro lenti inseguimenti a piedi, e poi ci saranno le continue e solitarie ricerche con cui anelare almeno un barlume di giustizia una volta accaduto l’irreparabile e ormai inevitabile. Come un’intima necessità, come una missione, come un sentimento folle e assoluto, semplicemente impossibile da frenare. Perché in fondo, a ben vedere, As Bestas è soprattutto un film d’amore. Un amore matto e disperatissimo, più forte della paura, più forte dell’odio, più forte perfino della morte. È l’amore all’interno di una coppia, è l’amore disperato di una figlia, è l’amore per uno stile di vita, è l’amore per un luogo in cui si decide di vivere ma dal quale si viene rigettati, per sempre «stranieri» in un mondo violento con i suoi pochi abitanti e ancor meno leggi. Un amore infinito, anche e soprattutto verso ciò che non c’è più, ma che in qualche modo rimane e si protrae per le stagioni in ogni respiro, in ogni istante, in ogni decisione, in ogni passo avanti e indietro su quello stesso sentiero di montagna, alla ricerca di una memory card e di una prova della verità. Un amore che non (ri)conosce tempo, spazio, sconfitta, disillusione, ma solo il suo sentimento totale e assoluto. Basta un’ellissi, uno stacco su una porta che si apre su un paesaggio ormai innevato, un cane, un paio di stivali, la luce abbacinante. Che cos’è, se non questo, il grande cinema?

Marco Romagna

Ci è gradito comunicare che il film AS BESTAS di Rodrigo Sorogoyen, distribuito da Movies Inspired, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:
Lavorando sul tempo del racconto, dilatato e ellittico, Rodrigo Sorogoyen mette in scena, con un naturalismo sconvolgente, la violenza atavica degli uomini quando diventano come “le bestie”. Ambientato nella Spagna rurale profonda della Galizia, il film si muove tra i registri del thriller e del dramma, senza dimenticare quello del western con i duelli non al sole, lavorando su una tensione latente e estenuante del conflitto tra i personaggi maschili.
(uscita 27 aprile 2023)
“The Beasts” (2022)
137 min | Thriller | Spain / France
Regista Rodrigo Sorogoyen
Sceneggiatori Isabel Peña, Rodrigo Sorogoyen
Attori principali Denis Ménochet, Marina Foïs, Luis Zahera
IMDb Rating 7.5

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