A BOY AND HIS DOG (1975), di L.Q. Jones
Tradotto in italiano con il titolo improponibile Un ragazzo, un cane, due inseparabili amici, il primo e unico film dell’attore e stunt L.Q. Jones, tratto dal racconto eponimo (1969) di Harlan Ellison, è un film rivoluzionario. Uscito quattro anni prima del primo film della serie di Mad Max, film che in Italia è uscito con il titolo Interceptor privandoci del culto del nome/brand originale della serie, A boy and his dog è davvero un precursore di un tipo di estetica fantascientifico-distopica che è ormai scontata nell’immaginario collettivo: dal deserto come effetto delle bombe subìto dalla natura (dopo la fantomatica quarta guerra mondiale, conclusasi nel giro di 4 giorni e avvenuta nel 2007) fino alle gang di ribelli nelle baraccopoli, in cui vince chi è più forte, più indipendente, meno legato ai limiti e alle catene della società ormai scomparsa. Da una parte c’è Vic, il “boy” del titolo, uno scapestrato Don Johnson che pensa soltanto alle donne, costantemente accompagnato dal suo cane Blood, con il quale comunica telepaticamente, ricevendo consigli di ogni tipo e lezioni di Storia dell’uomo; dall’altra ci sono i misteriosi e crudeli ululanti, e poi ancora uno schiavista da Far West di nome Fellini (uno dei riferimenti culturali più assurdi e inspiegabili del cinema dell’epoca, probabilmente) che costringe dei bambini a scavare per terra alla ricerca di cibo; e poi c’è Quilla, bellissima, bionda, pura, doppiogiochista, femme fatale disgustosa.
Ci sono due controversie legate al film, una discussa e stra-discussa che va esorcizzata, e una invece poco calcolata che va sicuramente presa in considerazione. La prima è l’accusa di misoginia che è stata fatta al film, legata anche da una scarsa fedeltà della sceneggiatura al racconto originale, che sfocia in un dialogo conclusivo che anche ad Ellison non piacque. Senza indugiare troppo nei cosiddetti spoiler (dei quali, tendenzialmente, non c’importa assolutamente nulla, ma qua si tratta davvero di un finale potente e intelligentissimo, quindi ci dedicheremo al descriverlo “concettualmente” senza approfondire la narrazione), si può dire che la principale controversia è legata a come sono visti i personaggi di Vic e Blood, che secondo alcuni sono “glorificati”, con Vic come simbolo della virilità e Blood come suo fedele compagno, e la maniera cruenta nella quale sfocia il loro rapporto con Quilla li metterebbe sopra di un immaginario piedistallo – immaginando, insomma, una specie di vittoria futuristica del maschile sul femminile, e dell’animalesco sul sensuale. Ellison non apprezzò questa scelta perché pensava che nel suo racconto i personaggi fossero meno glorificati e più rappresentati comunque con sfaccettature e profondità che li rendevano tendenzialmente personaggi negativi. La visione del film di Jones, tuttavia, non è misogina, bensì direttamente misantropa (e “mis-canina”, se mi passate il neologismo…): non si salva nessuno dalla voragine, e ciò si può vedere già dalla primissima scena, in cui Vic entra in un covo di propri rivali pensando di trovarvi una donna e, dopo averla trovata sventrata e affettata, si lamenta dicendo “perché dovevano farlo? qualcosa ancora c’era”. Vic viene presentato subito come uno stupratore, potenzialmente pure necrofilo (il problema non era che fosse morta ma che fosse stata appunto fatta a pezzi), il corpo di una donna è un “qualcosa”, e niente, davvero, importa. La visione del mondo e del futuro è misantropa perché immagina un mondo in cui non c’è più niente, infatti, un mondo in cui non c’è più alcuna sensibilità, non c’è più alcuna bellezza e alcuna voglia di trovare un riferimento emotivo nell’altro. Quando Vic e Quilla cominciano ad intensificare il loro morboso e superficiale rapporto, è sempre lei a parlare di amore (anche se probabilmente non ci crede neanche lei…) e mai lui, concentrato solo sulla carnalità e sulla propria libertà individuale. Ecco, se Vic ha un pregio a livello umano è proprio quello della propria animalesca indipendenza e libertà, e si nota nella seconda parte del film, dedicata al grottesco inserimento forzato di Vic in una società borghese-nobile sotterranea anni ’50 in cui degli uomini-pagliaccio vogliono usare Vic per pompare a forza il suo seme al fine di creare una nuova generazione più forte di quella precedente. Vic è un ribelle vero, un menefreghista e un insurrezionista, un giovane maschio fuori dal mondo, ed è lì che sta la sua simpatia, nella maniera con cui può sconfiggere il vero nemico ovvero la classe a lui superiore. Tutto ciò svanisce quando ci si ritrova nel mondo reale, in cui il nemico è l’eguale, e quindi, con tutti nemici di tutti, si perde una definizione morale.
La seconda controversia di cui vorrei parlare è legata non tanto al film quanto alla versione del film che è stata proiettata al TFF, o almeno alla proiezione a cui sono stato io: nonostante un’ottima copia in pellicola in 35mm, il film era doppiato in italiano (e sul programma c’era scritto che era in originale con sottotitoli). E sì, certo, “ai vecchi tempi” i doppiaggi erano sicuramente più scarsi e meno curati di quelli di oggi, e non voglio lamentarmi troppo della funzione stessa della traduzione e del doppiaggio perché personalmente non sono estremo come certi altri appassionati di cinema e anche perché non mi pare il caso in questa determinata occasione. Vorrei però accanirmi verso il doppiaggio specifico di questo film, non tanto per la traduzione o per le voci dei personaggi (o meglio: in entrambe le cose si possono notare caratteristiche datate, ma sarebbe strano se non fosse così), bensì per il montaggio di esse, che rendono poco credibile e comico lo spesso inquietante Blood (il cui nome viene pronunciato “Blut”…) e che spesso sembrano occupare scene di silenzio totale, in maniera casuale, come per rendere il film noioso. C’erano persone che abbandonavano la sala, e non le compatisco. Questa conclusione, insomma, è per dire a chi legge che questo film importantissimo per chi si considera appassionato di fantascienza (o anche giusto un minimo legato ad un certo tipo di approccio grottesco alla rappresentazione dell’uomo, del futuro, della società) va assolutamente recuperato, ma che più di ogni altro film del genere va recuperato definitivamente in lingua originale; per prenderlo un po’ più sul serio, per capirlo meglio, per immergercisi meglio.
Nicola Settis