15 Agosto 2019 -

IVANA THE TERRIBLE (2019)
di Ivana Mladenović

È prima di tutto un film di confini, Ivana the terrible. Confini riconoscibili e meno riconoscibili, netti oppure sfumati, psicologici oppure geografici, teorici oppure umani. Ci sono i confini fra la salute e il collasso nervoso, ci sono i confini l’autoanalisi e la catarsi, ci sono i confini fra l’intimo e l’universale, ci sono i confini fra il documentario e la finzione. E poi ci sono i confini fra l’autobiografia e la libera rielaborazione narrativa, ci sono i confini fra la sceneggiatura e l’improvvisazione di attori non professionisti chiamati a reinterpretarsi, ci sono i confini fra i 34 anni del tempo della crisi di nervi e i 21 di quell’amante troppo giovane per non creare mormorii, e ancora ci sono i confini fra la passione e l’imbarazzo, fra l’irritabilità e lo sconforto, fra il passato e il futuro, fra l’ira del litigio e l’amore in famiglia, fra la morale religiosa e la libertà del desiderio. Fino a quell’unico confine certo e riconosciuto, quello su cui la lunga lingua del Danubio taglia in due il territorio separando la Serbia dalla Romania.
Un confine fra due Paesi e due modi di vivere e di pensare, fra due popoli e due differenti culture, fra la disinibizione del topless e dei gruppi attivisti Facebook “vaginali” della rumena Anca Pop (fuggita dal regime, in un percorso opposto a quello della Mladenović, in Jugoslavia nell’87 e da lì emigrata e cresciuta in Canada prima di ritornare fra Bucarest e i Balcani a collaborare con i musicisti locali e trovare, poco dopo la fine delle riprese di Ivana the Terrible a lei dedicato, una misteriosa e tragica morte in auto proprio nel Danubio) e il completo tabù sessuale autoinflitto dalle famiglie e dalla politica cittadina serba. Un confine fra una lingua e l’altra, fra un alfabeto e l’altro, fra un cinema e l’altro, fra una vita e l’altra. Attraversato dall’Iron Gate, quel “ponte dell’amicizia” sul quale nel ’72 si incontrarono Tito e Ceaușescu a inaugurare la grande centrale idroelettrica che avrebbe fornito energia a entrambi i Paesi «da sempre fratelli» nel socialismo e oltre, ma anche tagliato da quella diga sulla quale nei mesi precedenti allo storico incontro, mentre l’opera era ancora in costruzione, non erano rari i proiettili esplosi dai soldati rumeni contro i compatrioti civili che tentavano di superare il confine per entrare in Europa. Un luogo di eterno affiatamento, quindi, fra due Stati che «mai si sono accoltellati alle spalle» (anche se ancora adesso, pur senza la difficoltà di un tempo nell’ottenere i visti, controllano e timbrano il passaporto a ogni passaggio), ma al contempo anche cimitero a cielo aperto del suicidio civile di una nazione pronta in più occasioni, esattamente come quella dirimpettaia, a sbranarsi da sola. Come un emblema di autodistruzione, come il germe di un malessere interno senza nome né possibile diagnosi che progressivamente scava da dentro, svuota, annichilisce, fa sentire fuori posto sia da una parte sia dall’altra. Come quella crisi, psicologica, umana e di salute, realmente attraversata due anni fa nella vita, durante quell’estate 2017 periodo di massimo stress nel montaggio e nella postproduzione del suo primo lungometraggio Soldiers – Story from Ferentari, dalla regista e attrice Ivana Mladenović, nata nella cittadina serba di Kladovo e da oltre quindici anni adottata da Bucarest prima per studiare e poi per lavorare – anche con Radu Jude, fra le protagoniste dello splendido Inimi Cicatrizate. Una crisi, quella della Mladenović, fatta di sintomatologie senza prognosi, fatta di capelli che iniziano a cadere, fatta di nervosismo crescente e di scatti rabbiosi, fatta di improvvisi attacchi di panico, di svenimenti e di scoppi epilettici mentre tutte le analisi mostravano valori pienamente nella norma e nessun medico, né in Romania né in Serbia, ha mai riscontrato alcuna causa clinica.
Un malessere di natura probabilmente solo psicosomatica, il suo, ma irrefrenabile nei suoi vuoti d’aria, per il quale nemmeno tentare di rilassarsi e tornare a casa, in quella famiglia di rapporti tesi e in quella città natale le cui autorità volevano a ogni costo che l’attrice di successo diventasse (svogliatissima) ambasciatrice e volto pubblicitario della manifestazione di amicizia fra i (non-suoi) due Paesi, poteva essere la reale cura. Come di certo non poteva essere una reale cura la sua torbida relazione innestata con un ragazzo molto più giovane, segreto di Pulcinella fra le chiacchiere di paese nel vano tentativo di nasconderla alla disapprovazione di famiglie inguaribilmente tarate sul matrimonio e sui figli, in un procedere della realtà sempre più verso i binari dell’assurdo e della necessità di raccontarla, rievocarla, ri-analizzarla, renderla paradigma. Solo il cinema, al contempo probabile causa e sicura risoluzione del suo male, poteva essere di reale aiuto alla regista, poteva farle superare del tutto il principio di esaurimento, le ansie, quel dolore fisico e mentale che non smetteva di avvilupparla.

Già Soldiers, del resto, era una finzionalizzazione di eventi realmente accaduti, raccontati in prima persona dal protagonista Adrian Schiop messo in scena nel ruolo di se stesso. Coerentemente il piccolissimo, stratificato e sorprendente Ivana the Terrible, presentato in prima mondiale nell’ottima sezione Cineasti del Presente di Locarno72, è il passo successivo, è la ricostruzione di quel momento di crisi di Ivana Mladenović da parte della stessa Ivana Mladenović, nel quale la regista e attrice si pone davanti e dietro la macchina da presa per analizzarsi ritornando con il racconto in immagini a quell’estate di ansie e conflitti interiori, mentre la madre, il padre, la nonna, il fratello, gli amici e gli ex amanti – sia quello storico e ultradecennale, sia la fiamma estiva – si mettono in gioco per interpretarsi. In un film personalissimo e pieno di intimità, rabbioso, energico, intenso, nevrotico con un occhio a Woody Allen e l’altro a Nanni Moretti nelle astenie e nei repentini scatti di nervi, iniziato come sostanziale terapia e concluso, passando per le mani che finalmente stringono quelle della nonna e per un netto miglioramento nei velenosi e irrequieti rapporti familiari, come lavoro cinematografico per molti versi teorico con attori non professionisti disposti a tornare sugli eventi reali che li hanno coinvolti, per molti versi politico nel partire da se stessi, dalla propria città e dalla propria biografia per spiccare un volo radente sul confine fra i due Paesi ad analizzarne la Storia, la società, la mentalità e i reciproci pregiudizi. Un film in cui non si sa che cosa sia realmente accaduto e che cosa sia stato romanzato, non si sa che cosa fosse realmente scritto sul copione e che cosa sia stato ritirato fuori all’improvvisa da chi aveva una seconda occasione per vivere una scena di vita e magari rimediare a qualche non detto, e nemmeno importa, perché quello che conta per Ivana the Terrible è la sua strabordante sincerità, è il suo aprirsi fino in fondo, è il suo essere disposta a mettere in scena il proprio malessere e le proprie ossessioni psicosomatiche, riflettendo su come solo nel reciproco scambio con gli affetti, nel continuo stimolarsi a vicenda magari giocando insieme al cinema, si possa uscire dal tunnel e riconciliarsi fino in fondo con la propria esistenza, con il proprio lavoro, con la propria famiglia, con i propri amici, con i propri ex fidanzati, e quindi con i propri vacillamenti. O forse più semplicemente con la propria città natale, forse il simbolo di tutto questo, di certo l’unico possibile luogo dove tornare a lavorare su se stessi.
Ivana Mladenović scava come un’archeologa alla ricerca di scheletri e frammenti nel turbinio del suo disagio e delle sue nevrosi, nel suo nucleo familiare che la vorrebbe moglie e madre e nei suoi più o meno liberi rapporti personali. Lasciando liberi di emergere tutti i suoi nervi scoperti e tutta la sua malizia, tutti suoi bisogni e tutte le sue frustrazioni, tutte le sue contraddizioni e tutta la sua paura di non farcela. Litigando per ogni sciocchezza e rendendo occasione di frustrazione anche la nuova casa del fratello, magari, ma senza mai dimenticare l’importanza dell’amicizia e degli affetti, della fiducia reciproca, dell’esserci gli uni per gli altri. Non sono gli integratori alimentari, le medicine e le rassicurazioni da parte del padre veterinario che la malattia è solo nella sua testa a farla guarire, così come non è l’ennesimo punzecchiarsi con la madre o con la nonna in un insormontabile scontro generazionale a riuscire realmente ad abbattere la lottatrice, e di certo non è la stima incondizionata un po’ ingenua e ridicola di quella cittadina scritta sui documenti che le consegna orgogliosa le chiavi ma è ancora lontana dal suo spirito di appartenenza a farla sentire in pace con se stessa. Quello di cui aveva realmente bisogno la regista era scriversi e recitarsi nella sua crisi e nelle sue contraddizioni, circondata dalle persone realmente importanti nella sua vita. Quello di cui aveva bisogno era innestare nel suo volto, nel suo corpo e negli avvenimenti che ha vissuto in prima persona il motore del suo cinema, trovando la difficile disponibilità delle persone più care, quelle su cui poter contare anche nel momento del litigio, quelle che sotto la superficie dell’ira, dei problemi e delle incomprensioni mai hanno smesso di amarla. Calcando la mano sul retrogusto surreale della sequela di incastri assurdi che stava prendendo la sua vita fino a trasformare la tragedia in commedia, lo scatto isterico in risata, lo stress del set in divertimento insieme. Come una nuotata che rischiara le idee, come un graduale smettere di rinfacciarsi i sacrifici sostenuti l’uno per l’altro, come un tornare finalmente ad abbracciarsi, o per lo meno a riuscire ad andare via nella poesia, finalmente in pace con Kadlovo e con i suoi abitanti, finalmente in grado di ricominciare a respirare. Fino all’ultimo ciak, e poi fino agli applausi più convinti della sala. L’ennesimo confine brillantemente affrontato e superato.

Marco Romagna

“Ivana the Terrible” (2019)
86 min | N/A | N/A
Regista N/A
Sceneggiatori Ivana Mladenovic, Adrian Schiop
Attori principali Ivana Mladenovic, Zivka Sorejevic, Andrei Dinescu
IMDb Rating N/A

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