5 Agosto 2016 -

VIDEODROME (1983)
di David Cronenberg

Videodrome è virus, Videodrome è allucinazione, Videodrome è mutazione, Videodrome è percezione, Videodrome è ossessione catodica, Videodrome è controllo delle menti. Videodrome è morte, “Death to Videodrome, long live the new flesh”. Videodrome è David Cronenberg, “a real philosophy”, le sue tematiche, le sue fobie, le sue critiche sociali, le sue modalità narrative, la sua capacità di mettere in scena il sogno e l’incubo, dal body horror alla fantascienza, dalla malattia alla putrescenza, dall’istinto alla violenza. Primo vero spartiacque della sua carriera – il secondo e ancor più decisivo sarà A History of violence nel 2005, con l’apertura al noir e all’ultima fase di un cinema passato dalle ferite alle infezioni, dall’umana lotta alla consapevolezza generazionale di avere perso, dall’irriverenza alla decadenza – Videodrome (1983) è un punto fermo nella filmografia di David Cronenberg, il film della prima maturazione, l’unione decisiva fra l’uomo e la macchina, l’eros come definitiva contrapposizione al moralismo della censura e dei gruppi femministi che aveva attanagliato ogni uscita delle sue opere precedenti, e non certo in ultimo la televisione che si impossessa delle menti stravolgendo la percezione della realtà come un caleidoscopio allucinogeno. Del resto, qual è la realtà? Quello che vediamo? Quello che sogniamo? Quello che immaginiamo? O semplicemente quello che ci viene proposto, e a cui crediamo ciecamente? Videodrome è apparentemente l’apice della violenza televisiva: un canale pirata che appare solo per pochi secondi, una sola inquadratura fissa su una stanza, sesso, violenza, morte in diretta. Ma da quando Max Renn (James Woods), gestore di un canale di sole perversioni, ci si imbatte e inizia a guardarne le registrazioni su videocassette Beta valutando di mandarle in onda, la sua vita entra in una spirale allucinata: Videodrome emette onde elettromagnetiche in grado di prendere il controllo di chi vi si espone, sviluppando un tumore al cervello che porta l’uomo a diventare influenzabile e poi programmabile come se fosse un videoregistratore, “Come to Nicki”.

Proiettato a Locarno 2016 in occasione del premio attribuito al compositore Howard Shore, Videodrome sono pistole e videocassette che entrano ed escono da uno stomaco-vagina, è sesso e frustate con il tubo catodico – del resto, durante la fruizione di un film porno, non è forse il televisore l’oggetto guardato ed eccitante? –, è un’arma che si fonde con il braccio, è uno schermo-rivoltella-pene che pulsa, si deforma, vive, uccide. È un ammasso che si forma nel cervello, una mutazione che è un cancro o forse un’evoluzione, morte o forse nuova carne, fra gli eccessi della Chiesa Catodica, il quadro con Hitler ballerina appeso in salotto e il cadavere immaginato nel letto. Nelle teorie del professor O’Blivion – nomen omen che mette in scena una sostanziale variante allucinata di Marshall McLuhan – la realtà televisiva supera quella tangibile, le immagini alterano la percezione del vero, il virtuale si sostituisce ai sensi, il video diventa nuova carne, la scomparsa del corpo non deve più essere una paura, ma un passaggio necessario verso la nuova mutazione. Il lavaggio del cervello di Max compiuto dai complottisti utopistici Convex e Harlan, convinti di ripulire il mondo dagli indesiderabili attratti da sesso e violenza, arriva all’apice, le allucinazioni sono sempre più profonde, credibili, (sur)reali, vere come la finzione. Videodrome sono tendenze (sado)masochiste e censura, Videodrome è un complotto moralista, Videodrome è un’estrema derisione – se non un pieno atto d’accusa – verso chi punta il dito contro la pornografia e la violenza e vorrebbe ripulire il mondo dalle persone di cui si sente migliore. La televisione e il videoregistratore hanno cambiato, così come la pittura, la scrittura, il cinema e ora il web – passando per la realtà virtuale affrontata in seguito dallo stesso Cronenberg con eXistenZ (1999) – le nostre percezioni e il nostro immaginario, sono diventati parte integrante di noi e delle nostre vite, si sono in un certo senso già fusi con noi. L’immaginario del cineasta canadese ha fatto il resto, in quello che ad oggi rimane il suo film più lynchano, capace di unire la sua ossessione per la mutazione con i livelli di realtà che sgorgano dalla dimensione incubale di un’allucinazione. La maggior parte dei personaggi sono presentati attraverso uno schermo televisivo, l’uomo-videoregistratore può essere programmato per uccidere ma anche riprogrammato per ritorcersi contro i suoi controllori, le pallottole provocano tumori e putrefazioni istantanee, l’illusione e l’ambiguità controllano il (nostro) mondo. Rimane un televisore, rimangono le labbra di Nicki, rimane la vecchia carne di cui sbarazzarsi, rimane la pistola alla tempia. Videodrome è un pericolo che va eliminato, estirpato, ucciso, Videodrome è un gioiello straordinario e per questo immortale. “Death to Videodrome, long live the new flesh”. Per sempre.

Marco Romagna

“Videodrome” (1983)
87 min | Horror, Mystery, Sci-Fi | Canada
Regista David Cronenberg
Sceneggiatori David Cronenberg
Attori principali James Woods, Sonja Smits, Debbie Harry, Peter Dvorsky
IMDb Rating 7.3

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