22 Maggio 2016 -

TWO LOVERS AND A BEAR (2016)
di Kim Nguyen

Prima di tutto, nel cinema di Kim Nguyen c’è un fortissimo legame con il territorio. È il rapporto identitario e imprescindibile dell’uomo con il luogo, che sia quello in cui è nato, quello in cui vive, quello in cui soffre o in cui si rifugia, quello in cui ama o dal quale vuole scappare: la terra come casa, la terra come clima, la terra come radici, la terra come elemento sociale e (anti)sociale. Così era stato nel precedente Rebelle (2012), storia di guerre civili e di Africa subsahariana, così è oggi con Two lovers and a bear, in cui il regista canadese – non ci si faccia ingannare dal nome apparentemente asiatico dovuto alle origini vietnamite, Kim Nguyen è Québécois nato e cresciuto a Montreal – si sposta radicalmente, dal caldo equatoriale del Congo al gelo polare e assassino di Apex, villaggio nella regione più remota a nord del Canada. Una terra per sua stessa natura isolata, inospitale, raggiungibile solo in aereo, pressoché deserta e ricoperta da ghiacci perenni. Una terra di aurore boreali e di paesaggi bianchi, una terra di orsi e di solitudine, una terra ardua e inclemente. Una terra dove si mette piede solo se ci si nasce o se si vuole fuggire dal mondo per stare da soli, o al massimo in due, se si ha la fortuna di trovarsi, isolandosi così ancor di più. Ma perdersi, a questo punto, sarebbe la definitiva rovina, sarebbe la fine di tutto, anche di quel lumicino di speranza.

Lucy e Roman sono due anime in pena, due anime in fuga dal loro passato, due anime con un bisogno ancestrale una dell’altra, una vera e propria dipendenza. Si trovano ad Apex, lui in fuga da un padre violento, e lei pure con un padre lasciato alle spalle, ma i fantasmi continuano a tormentarla: lo vede anche fisicamente, e ogni volta è un attacco di panico. La scintilla narrativa innestata da Nguyen per rompere la fragile quotidianità così difficilmente raggiunta dai due amanti sarà la lettera di ammissione di Lucy alla facoltà di biologia, e con questa la possibilità di andare “a sud”, rompendo definitivamente con il suo soffocante passato. Ma Roman, piuttosto che tornare “a sud” e cioè verso ciò da cui è fuggito arrivando sino all’Artide, preferirebbe morire. Le forme nelle quali si muove Kim Nguyen nella primissima parte sono in sostanza quelle dell’indie, fra giovani fragili e teneri momenti di condivisione (anche del talamo, va da sé), ma con la rottura della quotidianità dei due, Two Lovers and a bear scarta anche nelle forme cinematografiche, aprendo all’immaginario più recondito del regista, aprendo al fantastico, aprendo al thriller, aprendo all’avventura, aprendo al road movie – per l’esattezza uno snow movie in motoslitta –, aprendo al melò, aprendo a un metaforico che sconfina nel mistico, aprendo anche all’horror, fino a un finale tragico di grande trasporto emotivo: un amore impossibile, un amore per sempre, un amore inossidabile. Un amore matto e disperatissimo fra due matti disperatissimi, ora un unico blocco di ghiaccio staccato con la motosega dagli uomini a terra, imbragato e portato via da un elicottero.

Two lovers and a bear innesta quindi nell’intreccio comportamenti schizoidi, istinti suicidi per depressione, attacchi di panico anche al volante, orsi bianchi buoni e parlanti – ma solo con Roman, ovviamente – che trangugiano birra e si rivelano essere manifestazioni di Dio o quantomeno del destino, un tenerissimo ritrovarsi in ospedale, una partenza per un viaggio insieme in motoslitta, un continuo inseguimento di risate e di complicità ritrovata. Ma la serenità è solo apparente, come testimoniato dall’intero branco di alci congelati ritrovato sulla via, come testimoniato dal presentarsi puntuale e devastante di una tempesta di neve annunciata, come testimoniato dalla caduta in un crepaccio di Roman con tutta la sua slitta e dalla sua gamba bloccata nel ghiaccio. E anche il momento dell’apparente salvezza, una base militare abbandonata da oltre trent’anni in mezzo ai ghiacci con il generatore ancora funzionante, e quindi apparentemente il miglior rifugio possibile, si rivelerà essere in realtà solo un’altra illusione, un luogo forse non ancora abbastanza sperduto perché i demoni del passato di Lucy possano non ritrovarla e non ripresentarsi, un luogo forse troppo sperduto per continuare a vivere. Un luogo da bruciare, apice dell’amore, apice del masochismo, apice del destino. Apice della pace interiore, adesso e per sempre. La nottata è passata.

Two lovers and a bear non è il miglior lavoro di Nguyen, non è caldamente necessario quanto il precedente Rebelle, perde forse qualche colpo in un confine troppo slabbrato fra metafora e follia dei protagonisti, potrebbe forse risultare un po’ forzato in qualche snodo narrativo non perfettamente fluido o troppo smaccatamente funzionale – la stessa esistenza della base militare abbandonata su tutti. Ma poi arriva quel finale, e ci si rende conto che, prima di tutto, quello che Kim Nguyen voleva mettere in scena era una semplice storia d’amore sincera, emozionante, drammatica, di un’emotività bollente in contrasto all’ambientazione glaciale con cui così strettamente legata. Perché nel cinema di Nguyen ci sono, come si diceva, sempre i luoghi, ci sono sempre i loro miti, ci sono sempre le loro leggende, ci sono sempre le loro caratteristiche più disparate, c’è sempre il loro immaginario. E c’è sempre il cuore, più forte di ogni cosa. Anche Two lovers and a bear, di cuore, ne è pieno, e laddove qualcuna delle numerose ambizioni potrebbe non riuscire a concretizzarsi fino in fondo, arrivano subito a controbilanciarla il fascino, il mistero, i paesaggi, le aurore boreali, gli elementi fantastici, la splendida fotografia, il bipolarismo, l’ambiguità. Il nuovo lavoro di Nguyen è un film che mette in scena un naufragio fra i ghiacci, che però è al contempo la riscoperta di se stessi, dei sentimenti, della coppia. È un film che trasvola fra i generi cinematografici prendendo pieghe sempre inaspettate e affascinanti, e per questo è un film che difendiamo e difenderemo a spada tratta, sincero, emotivo, accorato. Ben oltre la media già discreta, con almeno quattro vette, di questa Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2016. E questo elicottero che si allontana lacrimoso eppur finalmente sereno verso il sole, non riusciamo proprio a togliercelo dalla testa né dal cuore.

Marco Romagna

“Two Lovers and a Bear” (2016)
Drama, Romance | Canada
Regista Kim Nguyen
Sceneggiatori N/A
Attori principali Tatiana Maslany, Dane DeHaan, Gordon Pinsent, John Ralston
IMDb Rating N/A

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