12 Aprile 2016 -

LA CITTÀ VERRÀ DISTRUTTA ALL’ALBA (1973)
di George A. Romero

George Andrew Romero è stato il secondo dopo Friedkin a vincere il premio per la carriera al Festival del Cinema di Lucca in questo necrofero (neologismo per: portatore di morte) 2016. Il regista celebre per i propri film di zombie e per l’aspra, cruda, angosciante critica socio-politica al capitalismo e alle dinamiche degli Stati Uniti reaganiani dei suoi film horror è salito sul palco mostrando fieramente i propri 76 anni e regalando, prima della proiezione del suo Zombi (1978), secondo capitolo di una saga di film sui morti viventi di cui è difficile scrivere senza il contesto degli altri film, un paio di momenti magici che hanno fatto capire al pubblico quanto a lui importasse di quel momento lucchese non tanto per l’onorificenza o per il festival quanto per poter incontrare il pubblico italiano, fedelissimo e affezionato da quando, per il succitato film del ’78, il regista americano ha collaborato con Dario Argento per il montaggio, la distribuzione e la celebre colonna sonora dei Goblin. Dopo aver subito sul proprio corpo, solo in piedi sul palco nei suoi insospettabili quasi 2 metri di altezza, la proiezione di un lento e triste spot sul Lucca Comics & Games per invitare Romero a imprimere le mani nel calcestruzzo come avevano fatto, per la manifestazione fumettistica di novembre, gente tipo Ortolani o Manara, il regista si è rifiutato davanti a tutti di stringere la mano al rappresentante della banca Pictet e se n’è andato ringraziando solamente i fan e senza commentare i premi né l’attività del festival; dimostrando, dunque, forse meno simpatia di Friedkin, ma anche più sincerità e una splendida coerenza con la propria carriera.

Ma, come accennato prima, concentrarsi su Zombi senza soffermarsi sulla serie di film precedenti e successivi relativi ai morti viventi sarebbe superficiale e difficile, anche perché su di essi è stato già detto probabilmente abbastanza. Ma tra i film più celebri e interessanti del Romero fuori dal cinema dei morti viventi bisogna senza dubbio nominare La città verrà distrutta all’alba, dimenticando l’omonimo remake del 2010, visto il pomeriggio stesso prima della proiezione. Il titolo originale di questo film fantapolitico, The crazies, è più esplicito della trama ma ironicamente meno interessante del titolo italiano, per una volta, che è un profondo anti-spoiler. Il film parte in medias res con una delle sequenze più emotivamente sconquassanti di tutto Romero: un padre di famiglia, dopo aver ucciso la moglie, viene visto dai figli mentre distrugge casa per poi incendiarla. Girata con un rigore e una quadratezza inusuali, la sequenza è una delle poche scene “ordinate” di un film che, come la maggior parte dei suoi film migliori, è soprattutto caotico: non dissimile per impatto dalla scena d’apertura di Halloween (1978) di Carpenter, questa sequenza aiuta ad aprire col botto e con pathos una storia che di pathos ne ha poco e che è, in realtà, soltanto un crescendo folle di tensione, tra dialoghi tecnici e timore diffuso tra gli abitanti di questa cittadina diventata vittima di un virus contagioso di follia omicida passato attraverso una falda d’acqua. Causa del delirio collettivo è un’arma batteriologica trasportata da un aereo caduto nei paraggi, pronta a provocare mutazioni nelle cortecce cerebrali del Popolo così come il capitalismo modifica radicalmente la società. Seguiamo la storia degli abitanti di questa città soprattutto dal punto di vista di un’infermiera e del suo fidanzato pompiere, che scappano sperando di scampare al virus, mentre l’esercito mette il territorio in quarantena e sotto legge marziale, creando panico e, tutto sommato, peggiorando la situazione.

Mettendo in mostra e nel contempo alla berlina la società paranoica dell’America odierna, che con i suoi ritmi frenetici disumanizza i contadini (la società contadina, la stessa della saga zombie) quanto l’esercito (che smette di essere composto da individui in divisa e diviene soltanto una sequela di maschere a gas), Romero crea una visione corale di un mondo corrotto e poco sicuro, fatto soltanto di morte e di paura della morte, in cui il limite tra follia e normalità è labile e inutile. È più folle il contadino inferocito contro il soldato (e i componenti della folla di contadini che non si riescono a contraddistinguere tra sani e pazzi) o il soldato che si disumanizza per rendere la vita difficile al cittadino? È come chiedersi se è più folle la realtà o la finzione.
Fra gli spunti più interessanti ci sono senza dubbio due tra i personaggi protagonisti: la folle adolescente Kathy, interpretata da Lynn Lowry (scream queen che abbiamo imparato ad amare soprattutto grazie a Il demone sotto la pelle (1975) di Cronenberg), che si trasforma dal volto dell’innocenza al volto della malattia mentale a causa del virus, ma senza mai diventare entità violenta finché non viene stuprata dal padre, anch’esso vittima del virus, che violandola e facendola sanguinare le fa perdere la purezza giovanile (allegoria, si può ipotizzare, della società “genitrice” di tutti i cittadini ma che alla fine impone su di essi la propria violenza e la necessità della paura e della paranoia alla base di tutta la struttura narrativa), e il co-protagonista Clank, collega pompiere del protagonista David. Clank, interpretato dal bruttissimo e bravissimo Harold Wayne Jones, è l’unico personaggio, tra quelli che vengono infettati dal virus, a rimanere per più di un giorno in mezzo al confine tra normalità e follia – e la sua follia non si manifesta con deliri o atteggiamenti inspiegabili, bensì soltanto con eccessiva violenza nelle reazioni. È l’unico che manifesta la propria follia con una vera psicosi e non come un semplice delirio; così facendo, è nel contempo il più folle di tutti e il meno folle di tutti, e così risulta come una specie di (anti?)eroe. Considerato dai suoi compari di avventura malato di mente, in realtà probabilmente non lo è mai e la sua follia è davvero soltanto una reazione eccessiva alla catena degli eventi. E nel finale, l’uomo a cui l’esercito affida la missione di risolvere la situazione anche nella cittadina accanto viene considerato sano dai test — ma la maniera affrettata e a scatti in cui si spoglia di una tuta con maschera a gas solo per indossarne un’altra dà l’idea di un continuo di follia e di impossibilità di definizione tra realtà e finzione, tra pazzia e normalità. Come il confine tra vita e morte degli zombi, o il confine tra intrattenimento becero e critica sociale dell’intero cinema di Romero – il confine tra meraviglia e esagerazione, un cinema talmente concreto e schierato da diventare paradossalmente indefinizione. E magia.

Nicola Settis

“The Crazies” (1973)
103 min | Action, Horror, Sci-Fi | USA
Regista George A. Romero
Sceneggiatori Paul McCollough (screenplay), George A. Romero (screenplay)
Attori principali Lane Carroll, Will MacMillan, Harold Wayne Jones, Lloyd Hollar
IMDb Rating 6.1

Articoli correlati

ZOMBI (DAWN OF THE DEAD) (1978), di George A. Romero di Marco Romagna
ANORA (2024), di Sean Baker di Marco Romagna
IL SALARIO DELLA PAURA (1977), di William Friedkin di Nicola Settis
MARIA (2024), di Pablo Larraín di Donato D'Elia
MEGALOPOLIS (2024), di Francis Ford Coppola di Donato D'Elia
OH CANADA (2024), di Paul Schrader di Marco Romagna