25 Maggio 2022 -

L’INNOCENTE (2022)
di Louis Garrel

È sempre una questione di recitazione, il cinema da regista di Louis Garrel. Come già nelle meta-comparse cinematografiche di Les Deux Amis, come già nelle bugie da raccontare guardandosi dritti negli occhi fra gli interstizi amorosi di L’Homme fidèle, e per molti versi come anche nei piani segreti delLa crociata ambientalista dello scorso anno. Eppure forse mai come nella sua opera quarta L’innocent, brillante ibridazione fra l’heist movie e una divertentissima commedia romantica presentata fuori concorso al 75mo Festival di Cannes, l’amore incondizionato di Garrel junior per l’arte dell’attore era riuscito a trovare una forma così compiuta e teorica, da qualche parte fra I perfetti innamorati e la trilogia soderberghiana degli Ocean’s. Una recitazione da provare assiduamente fino a diventare pienamente credibili, ma anche da saper improvvisare quando qualche cosa si inceppa e lo spettacolo deve comunque andare avanti. Come quando la Clémence di Noemie Merlant e l’ennesimo Abel a cui dà corpo lo stesso Louis Garrel – lo stesso ostinarsi a chiamare Abel tutti i personaggi che interpreta nelle sue regie cos’è del resto se non un ulteriore sottolineare la necessità di interpretare individui sempre diversi anche quando collegati dal medesimo nome? – si ritrovano prima in un magazzino a ripetere sotto lo sguardo dei complici sostanziali co-registi una vera e propria scena con cui creare il diversivo durante il quale poter attuare il loro piccolo e «necessario» piano criminale, e poi nel ristorante in cui dover disimparare il copione per lasciare finalmente emergere i reali sentimenti. Ma anche quando Clément, all’apice della sequenza dell’inseguimento in furgone, avrà l’intuizione di fermarsi e nuovamente improvvisare mentendo alla polizia, come un’autopromozione a regista unica possibile mossa per salvare il carico e mettere in fuga i suoi inseguitori. Tutto è recitazione, in L’innocent. Lo è ovviamente il piano orchestrato per rubare un pregiatissimo carico di caviale, dove tutto sembra quasi perfetto e invece (quasi) nulla andrà come previsto, ma lo è anche il pur goffo e patetico dissimulare la sfiducia iniziale di Abel nei confronti di Michel nuovo marito ex-galeotto della madre, mentre lo pedina senza esserne capace lungo le strade della città. Così come lo sarà, una volta risolti i dissidi e abbracciate le motivazioni nobili e comunque ineluttabili di una rapina da attuare per amore condiviso fino a divenire complici, il loro dissimulare le intenzioni con la moglie e madre che ignara di tutto si gode il suo nuovo negozio di fiori.

Del resto anche il lavoro di Abel come guida per bambini all’acquario cittadino è intrinsecamente una forma di recitazione, e pure le più spassose intuizioni comiche e sentimentali di questo L’innocent, probabilmente e del tutto a sorpresa – complice più d’una delusione – il miglior film francese visto quest’anno sulla Croisette, passano in qualche modo dal suo concetto. Come nell’incipit, in cui la madre folle d’amore alla guida della vecchia auto insegue il furgone della Penitenziaria che sta trasportando in carcere Michel per esibire il suo affetto fra una sbandata e una musicassetta, o come nell’impegno di Abel e Clémence per negare così a lungo a se stessi e all’altro come dalla loro migliore amicizia stesse nascendo qualcosa di più profondo. Il resto sono pistole nella tasca della giacca e rilevatori GPS per cani, lente aperture a iride nello guardo di un binocolo e matrimoni sempre nella stessa sala del carcere, petali persi nei raggi X dell’ingresso e scatole di caviale affidate al ghiaccio dei pinguini, volti che deflagrano sugli schermi degli smartphone a peggiorare ulteriormente l’imbarazzo della situazione e automobili senza freno a mano che tamponano motorini. Un prisma di coppie – di innamorati, di amici, di (ex) nemesi, di genitori e di figli – e di doppi che costantemente si riformano nell’evolversi dei rapporti, con cui Louis Garrel gioca liberamente con i generi e con il mestiere dell’attore/regista, con una vis comica irresistibile che nel suo frenetico rutilare di trovate surreali non perde occasione di ragionare sulla (s)fiducia e sui sentimenti, sull’innocenza (per lo meno morale) del titolo e sulla colpevolezza dichiarata dalle sentenze, sull’amicizia e sui ruoli di chi fa cinema. Una commedia di genere (non solo il film “di rapina”, ma anche l’action e il noir, con più di uno sguardo ai classici dei polar anni Settanta nelle illuminazioni verdognole notturne e nelle scelte dei punti di vista) con cui scartare ulteriormente dai territori del padre Philippe verso una propria personale forma autoriale il più possibile differente, molto più popolare, molto più divertita, profondamente dissimile nel genere, nell’estetica e nelle ambizioni, che non tradisce però il trasfert familiare di uno sguardo che non riesce a fare a meno delle stratificazioni, delle speculazioni di senso teorico, ma soprattutto dell’amore. Un amore «nelle vetrine, dietro ai bistrot» dove «ogni carezza nella notte è quasi amor», come deflagra con la sua I maschi «disegnati sui metró» Gianna Nannini (anche se il senso della canzone originale in realtà esprimerebbe un’ironia ben differente) nei titoli di coda. Un amore talmente forte che nessuna sbarra di carcere al mondo potrà mai riuscire in alcun modo a fermarlo. Un amore talmente impaziente che è meglio sposarsi in carcere che essere costretti ad aspettare un giorno in più per potere dire sì. Generazione dopo generazione.

Marco Romagna

“The Innocent” (2022)
99 min | Comedy | France
Regista Louis Garrel
Sceneggiatori Louis Garrel, Tanguy Viel, Naïla Guiguet
Attori principali Louis Garrel, Anouk Grinberg, Yanisse Kebbab
IMDb Rating N/A

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