«Se a voi non interessa il mio futuro sulla Terra, perché a me dovrebbe interessare il mio futuro a scuola?»
Greta Thunberg
Cambiamento climatico, surriscaldamento globale e inquinamento sono fra i più grandi problemi di oggi. Non occuparsene – dovremmo mettercelo tutti in testa – è semplicemente da incoscienti o da criminali. È stata in questo senso per molti versi necessaria Greta Thunberg, quella ragazzina svedese di quindici anni che, più di chiunque altro al mondo, ha iniziato a smuovere le coscienze delle masse. Dagli studenti ai loro genitori, dai media alle (ancora insufficienti) misure prese dai governi mondiali. I am Greta di Nathan Grossman, presentato fuori concorso a Venezia77, ha il merito di svelare il lato privato di Greta a partire dall’agosto del 2018, quando inizia solitaria uno sciopero per il clima davanti al parlamento svedese con il famoso cartellone con lo slogan Skolstrejk för klimatet, letteralmente «Sciopero scolastico per il clima».
La protesta è nata a fronte delle eccezionali ondate di calore e degli incendi boschivi senza precedenti che hanno colpito la Svezia durante l’estate. Greta è rimasta seduta per un mese davanti al parlamento ogni giorno durante l’orario scolastico, con l’obiettivo di premere sul governo svedese affinché riducesse le emissioni di anidride carbonica come previsto dall’accordo di Parigi. Dopo le elezioni ha continuato a manifestare ogni venerdì, lanciando così il movimento studentesco internazionale Fridays for Future. Ha partecipato a diverse manifestazioni e, come sappiamo, il suo sciopero si è trasformato presto in un movimento globale, ha attirato l’attenzione della stampa in diverse nazioni e proteste simili sono state organizzate in altri paesi, tra cui Francia, Belgio, i Paesi Bassi, l’Italia, la Germania, la Finlandia, la Danimarca e l’Australia. E Greta inevitabilmente, quasi senza volerlo, è diventata il simbolo stesso del movimento, un’attivista di fama mondiale.
Il pregio del film quello di è aver seguito la giovane attivista dai primissimi giorni di sciopero e così svelarne il lato privato. Non emerge solo la paladina dell’ambiente, ma anche la figlia a tratti disobbediente, la ragazzina che si fa e si disfa le treccine, l’adolescente frustrata per la pressione mediatica. Grossman lavora con una mole gargantuesca materiali eterogenei: le riprese di questi ultimi due anni realizzate dalla troupe svedese, molti materiali di repertorio degli eventi pubblici, tante dichiarazioni pro e contro che provengono da tv e social, e ci sono anche degli home movies della stessa famiglia Thunberg che mostrano il cambiamento avvenuto in Greta in questi anni.
Greta Thunberg è figlia della cantante d’opera Malena Ernman e dell’attore Svante Thunberg. Quando aveva 13 anni le fu diagnosticata la sindrome di Asperger, e anche nel film c’è molta attenzione per i sintomi da lei manifestati e legati a questa sindrome: disturbo ossessivo-compulsivo, mutismo selettivo e disturbo da deficit di attenzione/iperattività. I am Greta racconta di come la ragazza sia stata senza parlare e uscire di casa per diversi mesi, e ci fa capire come l’Asperger le abbia con ogni probabilità fatto credere ancor più alla sua viva e bruciante ossessione per l’ambiente. Grossman fa emergere le sue prime imposizioni casalinghe, come l’insistenza perché i suoi genitori per diminuire l’impronta ecologica della sua famiglia diventassero vegani, che a poco a poco sono diventate collettive.
I am Greta mostra chiaramente come questo movimento nasca spontaneo e improvviso. In un curioso repertorio si vede Greta parlare col padre dopo il suo primo intervento a una conferenza sul clima a Katovice: la ragazzina spera che tutto finisca presto, non si rende ancora conto del movimento che sta nascendo. Si vede la sua sorpresa di Greta al nascere delle proteste negli altri paesi, il suo imbarazzo iniziale e quasi il suo stupore nel dover essere il simbolo di qualcosa così enormemente più grande di lei. Grossman mostra in modo convincente i discorsi di Greta, le sue parole dure contro politici che non hanno fatto nulla o quasi in tutti questi anni di cambiamento climatico, e si concentra sull’evoluzione dei suoi discorsi, prima titubanti e poi sempre più convinti. La scelta delle parole è sempre molto importante, dalla chiarezza all’enfasi delle sue più note frasi ad effetto come «rubare i sogni», «estinzione di massa» e «senza speranza». Tutte frasi e parole che mettono a confronto i giovani contro i politici di tutti gli schieramenti. Emergono le ridicolaggini dei potenti che prima le danno ragione e poi non fanno niente, e ci sono anche le parole degli oppositori che l’attaccano pesantemente utilizzando pure la malattia per screditarla, o per confutare le sue idee ambientaliste.
Il film non è innovativo né clamoroso, ma ha il pregio di arrivare a mostrare momenti mai visti, momenti della creazione di un movimento globale, forse l’unico reale movimento di protesta contro i Potenti, mentre Metoo e Black Lives Matter hanno obiettivi e ramificazioni più generali e sociali, di questo periodo. Grossman riesce a trovare un giusto equilibrio tra la Greta pubblica e la Greta privata senza sembrare troppo agiografico, lasciando emergere a tratti anche una Greta Thunberg ossessiva, monotematica ed eccessiva, per molti versi bacchettona e senza dubbio poco simpatica. Il finale del film è però molto significativo. Grossman segue Greta nel suo viaggio da Plymouth, in Inghilterra, a New York, in vista del suo discorso al summit dell’ONU. Un viaggio è in barca a vela e non in aereo perché simbolico, il buon esempio che deve dare un leader di un movimento nonostante le evidenti difficoltà, le onde, il freddo, la solitudine e la consapevolezza che quell’aereo su cui Greta Thunberg si è sempre rifiutata di salire ha volato e inquinato lo stesso con altri passeggeri. Sembra che la responsabilità che ha sulle spalle sia quasi troppo grande, per una ragazzina neanche maggiorenne, eppure Greta se la prende e la sopporta, conscia che qualcuno in questo mondo prima o poi doveva necessariamente farlo.
I am Greta ha il merito di aprirci un po’ gli occhi, e per quanto sia evidente che l’attenzione pubblica di questo periodo si sia spostata sull’attuale emergenza sanitaria, presto la situazione tornerà alla normalità. Una normalità in cui i cambiamenti climatici non sono più sostenibili. Una normalità in cui non si può smettere nemmeno per un attimo di lottare.
Claudio Casazza