Il 30 ottobre 2015 al Colectiv Club di Bucarest scoppia un devastante incendio. Muoiono 65 giovani e ci sono 180 feriti. La tragedia continua con una serie di morti sospette negli ospedali rumeni, sebbene le loro ustioni non fossero particolarmente gravi. Da questo fatto inizia il nuovo e straordinario film di Alexander Nanau, che inizia a seguire una redazione di giornalisti investigativi che a poco a poco scopre le cause di questi morti e l’enorme corruzione del sistema sanitario rumeno. Tanto che proprio queste indagini giornalistiche porteranno a una clamorosa protesta contro la corruzione e alle successive dimissioni del Governo.
Alexander Nanau è un documentarista rumeno classe ’79 che si era fatto conoscere nel circuito dei festival con il bel Toto and His Sisters nominato anche agli Efa. Si trattava di un documentario osservativo su tre bambini rom che affrontano problemi esistenziali come la povertà, le droghe e la prigione, un film commovente e senza alcuna retorica. Retorica totalmente assente, nonostante la storia sia semplicemente agghiacciante, anche in questo nuovo Colectiv presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia edizione 2019.
Colectiv è un incredibile film inchiesta, uno di quei documentari nati direttamente sul campo. Nanau pedina prima i giornalisti della Gazzetta dello Sport – sì la Gazzetta dello Sport! – unico giornale rumeno che fa inchieste anche su temi scomodi. I giornalisti sono tenaci, e vengono filmati mentre iniziano a venire a galla le prime falsificazioni: grazie a un giro di informatori scoprono che un’azienda diluisce i disinfettanti per poter guadagnare di più e per questo motivo di fatto in ospedale le ustioni non vengono curate, portando a formazioni di batteri che diventano poi letali. Nanau pedina il giornalista che firma l’inchiesta, lo segue nelle indagini, nelle telefonate, nelle riunioni al giornale, nelle domande scomode che pone direttamente al Ministro della salute. Scopriamo scandali allucinanti come ospedali che danno mazzette mentre i vermi coprono i cadaveri, dirigenti corrotti e infiniti giri di soldi sporchi attraverso società offshore.
Poi, più o meno a metà film, c’è un salto. Ci sono le proteste di piazza che non vengono però troppo sottolineate e c’è un nuovo governo, di cui non vediamo nemmeno la formazione. Vediamo invece il nuovo Ministro della Salute, un medico che si presenta ai giornalisti con un informale «Ciao, io sono Vlad» e viene inizialmente preso in giro, ma poi invece capiamo che è un giovane uomo che prova realmente a cambiare le cose. Nanau passa in modo naturale dal giornalista al ministro senza soluzione di continuità, e dalla redazione del giornale entriamo negli uffici del ministero che vengono aperti in modo incredibile alle telecamere del regista rumeno. Assistiamo alle riunioni, ai discorsi, alle prese di posizione, alle liti e allo sconforto che segue l’enorme difficoltà, o forse l’impossibilità, di prendere decisioni contro un sistema corrotto e marcio fino al midollo.
Il film è stato girato nei 14 mesi successivi alla tragedia, con il regista che ha raccolto centinaia di ore di materiale e ha montato il film in altri 18 mesi. Prodotto in collaborazione con la Voodoo Films di Cristian Mungiu grazie a finanziamenti provenienti anche dal Luxemburg Film Fund, dal Sundance Documentary Fund e da tv svizzere e tedesche, il film fra i consulenti annovera anche Mihai Grecea, che è un sopravvissuto alla tragedia di Colectiv e ha lavorato come consulente artistico. Nanau si è formato in Germania, e come tanti connazionali ha vissuto più all’estero che nel suo paese. La tragedia del Colectiv lo ha riportato in Romania per esplorare cosa rimane del suo Paese, filmando quelle persone che con coraggio dedicano parte della propria vita alla ricerca della verità. Colectiv esplora così temi enormi come la resilienza umana, il rapporto dei cittadini contro lo Stato, il ruolo che deve avere la stampa libera nella società, il coraggio individuale, e la politica ovviamente. Perché è un film politicissimo, Colectiv, che ci restituisce anche lo sconforto dello Stato rumeno, la manipolazione e l’orrore del potere che calpesta la dignità e la vita degli altri. Un film potente, commovente, militante, che ha anche la forza di non calcare mai la mano sul populismo, che rimane sempre profondamente umano e ci fa comprendere come non si debbano mai dare per scontate la democrazia e la giustizia sociale.
Claudio Casazza