1989-2019. Fuori Orario, [un fiume senza fine di cose (mai) viste…]
SPECIALE 30 anni FUORI ORARIO 1989-2019 #1
«1989. Mancano tre ore alla messa in onda del primo Fuoriorario – cose(mai)viste, una scheggia dalla durata variabile inventata (lavoro al palinsesto di RaiTre, e da qualche mese opera la fabbrica del duomo di Blob) per coprire buchi o dilatazioni della Samarcanda di Santoro e Mantovani. Indeciso sulla sigla, mi gingillo tra qualche disco e cinque o sei scene di film, mentre il montatore finisce di assemblare il johnford scabro e feroce The Battle of Midway con una partita di pallavolo accanitissima tra Iran e Iraq. […] Manca un’ora e registro la presentazione (F.O. era ignoto e inatteso, una quarantina di minuti non previsti nella programmazione ufficiale di quel 2 novembre 1989). Attacco con gli auguri a mia figlia Aura nata un anno prima, parlo di aura e della riproducibilità tecnica paradossale della stessa, Poi – lo so, lo sapevo – spiego farfugliando perché la sigla è banalmente quella (l’amore tra corpi immagine immaginario acqua aria asfissia visione realtà nella scena subacquea dell’Atalante di Vigo, e un pezzo di Because the Night). Ho deciso mentre registravo, e dico che mi pare una sigla troppo bella e precisa, suono e immagine si attaccano perfettamente ma è sempre misteriosamente così, lo proveremo cambiando sigla ogni settimana. […] La settimana dopo ricordo a bassa voce al montatore e agli amici lì con me la promessa di cambiamento. Mi guardano e mi guardo io stesso come un matto. Fuck the theory. Sono ancora lì, Vigo e Patti, amati e rubati». Così enrico ghezzi nove anni orsono in questo pezzo fiume per Rolling Stones Italia (ora leggibile integralmente solo più qui, su Sentieri Selvaggi) sulla genesi di quella sigla, di quei frammenti, di quel momento. Il due novembre ottantanove, poche ora prima della caduta del Muro di Berlino (e con essa, probabilmente, della fine del secolo e/o del millennio), andava in onda la prima puntata del programma più rivoluzionario che mi/ci sia mai capitato di vedere (e che, per quelli come me nati appena un anno dopo quella prima messa in onda, accompagnano quasi ogni notte televisiva si possa ricordare).
Un’esperienza che però nasce da molto più lontano. Forse dalle quaranta impossibili ore non-stop de La Magnifica Ossessione (dal 28 al 30 dicembre 1985, Rai3), a cura di Ghezzi, Irene Bignardi, Marco Melani e molti altri. Una maratona unica in cui si festeggiavano i novant’anni della storia del cinema (dalla meravigliosa sigla di Mario Schifano – “musicata” dai Birds – ai primi frammenti dei Lumière, da Rossellini a Buñuel, da Dreyer a Bergman, da Hawks a Lang, sarebbe impossibile ri-trovare tutto ciò che fu trasmesso). La radice della prima comparsa (di quel “contenitore anarchico di immagini”, ora chiamato Fuori Orario) è proprio il materiale di quell’esperienza (replicata poi l’anno successivo – congiungendosi con il centenario del Dr.Jekyll di Stevenson – e in maniera ancora più astratta – dispersa sulle tre reti come “sfida al videoregistratore” – nel 1995), rigettato in televisione dal febbraio ’88 (dal titolo provvisorio iniziale Non è mai troppo tardi). Si trattava di (una specie di) talk-show libero e indeterminato in cui gli autori/presentatori (oltre allo stesso Ghezzi ed Enrico Frassa, David Riondino, Linda Brunetta e Tatti Sanguineti) si alternavano ospiti, tra la cronaca nera e lo sport, tra la grafica e la fotografia, tra la società e l’immagine, appunto. Qualcosa di molto debordiano e inclassificabile, che solo la lungimiranza di Angelo Guglielmi potevano concedere (e poi riproporre) su una rete statale e nazionale. Arriviamo allora brevemente a quell’Ottantanove (per certi versi un Sessantotto alla rovescia) quando ad aprile esordisce mirabilmente Blob (figlio legittimo di Vent’anni prima e di Schegge, e del lavoro di ri-lettura delle teche Rai in cui a Ghezzi è affiancato inizialmente Marco Giusti). Infine quel due novembre, quella sigla nata così magicamente ad aprire un’estetica del frammento con il Ford confinato alle Midway, Kubrick e Moretti, Sheridan e Lou Reed, la calda telecronaca araba di Emirati contro SudCorea di pallone e molto altro che ora non ricordo (puntata riproposta nella ri-edizione, anniversario, di cinque anni fa con il Godard rivelatore della “sua” Marie, il contrappunto della Miéville e le visioni arcaiche di Val del Omar). Nella redazione di allora, oltre alla genialità di Ghezzi, i compianti Marco Melani e Ciro Giorgini, poi Maria Letizia Gambino, Marco Giusti, Sergio Grmek Germani e Mario Sesti. E infine Roberto Turigliatto e Paolo Luciani che, ancora oggi (con Fulvio Baglivi, Lorenzo Esposito, Simona Fina, Stefano Francia di Celle, Donatello Fumarola, il montatore Dario Cece e molti altri – presenti e passati – che nelle prossime puntate citeremo puntualmente) portano avanti la trasmissione. Da quella notte nulla fu come prima, per la televisione (italiana e non solo) e per le immagini che da essa fuoriuscivano invadendo tempi e spazi dei palinsesti e delle case di chi la notte non riesce proprio a dormire (e di chi, forse, nella notte forse cerca un altro modo di amare); come se quel tutto fosse un unico film, un mostro di/per immagini senza testa e senza coda, in quella provvisorietà senza inizio né fine.
Per questi, e per altri mille o forse più, motivi Fuori Orario non è una semplice trasmissione televisiva (seppur così volontariamente trasgressiva ed eccessiva rispetto alla regole del tubo catodico), non è nemmeno un compendio di critica del cinema (anche se la generazione successiva alla loro, quella che era dei cine-club – almeno per chi scrive la migliore mai apparsa -, ne è indubbiamente stata influenzata), e forse non è neppure uno sguardo filosofico sulla realtà – nonostante la forza iconoclasta del montaggio, e le sue infinite dinamiche, siano già uno strumento unico di ridiscussione di questa società dello spettacolo elevata all’infinito. Fuori Orario è stato un luogo di svelamento di filmografie e autori che spesso ha poi aiutato, in un cortocircuito del servizio pubblico senza eguali a livello mondiale nella sua originalità rivoluzionaria (pensiamo alle straordinarie dimostrazioni di stupore e d’affetto – vedi anche gli omaggi di festival come quelli di Pesaro e Locarno – che anche dall’estero continuano a mostrarne la sua unicità). Fuori Orario è uno spazio libero che lotta contro il tempo, in cui le immagini si trovano e si fondono giocando attraverso se stesse (e i loro autori), lasciando a noi la funzione di unirle e slegarle, di crearne altre e così di distruggerle nella dialettica continua che il movimento di esse ci impone nella nostra apparente fissità. Fuori Orario sarà ancora uno sguardo di possibilità sull’impossibilità, un idea di ridiscussione sulle cose (viste o meno), che per sempre cambierà il modo di vedere – e forse di vivere – a tutti coloro che si sono dolcemente persi a guardare quelle notti senza fine. Nonostante i tempi siano cambiati (a incominciare dall’assurdità “burocratica” che da due anni non permette più la messa in onda di quella famigerata sigla da cui tutto cominciò), nonostante la televisione (come il cinema) non paia più essere in grado di osservare se stessa, e forse nemmeno noi proprio con noi stessi. «In preparazione del programma speciale per il Trentennale che andrà in onda tra dicembre e gennaio – anche come apertura del 31° anno – , ripercorriamo la storia di Fuori Orario (e di Fuori Orario prima di Fuori Orario) con delle notti di montaggio dei materiali dell’archivio vivente di questa “notte senza fine”: frutto del desiderio e del lavoro spesso improvvisato e sempre veloce di tanti “autori” e in fondo di nessuno». Così oggi, primo novembre 2019, la redazione di Fuori Orario inaugura questo speciale nello speciale di tutto ciò che si è vis(su)to in questo contenitore. “FUORI ORARIO 30 ANNI – NOTTE SENZA FINE” mostrerà in queste tre notti (dal primo al terzo giorno di novembre, dall’01.50 alle 06.00, ovviamente su Rai3), frammenti della genesi di quei meravigliosi esperimenti embrionali della trasmissione “in diretta” dagli studi di Milano. Queste tre puntate saranno un viatico per il lungo e straordinario programma che, dalla seconda metà di dicembre, celebrerà questo anniversario con tanti materiali speciali e nuove acquisizioni; un percorso che seguiremo anche qui con molti speciali e interventi degli stessi autori (e con molta soddisfazione, almeno personale). Tanti auguri e… Buona visione!
Erik Negro
e tutta CineLapsus.com