4 Settembre 2024 -

ANYWHERE ANYTIME (2024)
di Milad Tangshir

Sarà tra i primi ad arrivare in sala subito dopo la fine della Mostra di Venezia 2024 Anywhere Anytime, il film che ha rappresentato l’Italia alla 39ma edizione della Settimana Internazionale della Critica e che, con coraggio di chi l’ha prodotto e di chi lo distribuisce (Vivo Films, Young Films, Fandango e Rai Cinema), prova subito l’incontro/scontro con il pubblico pagante, beneficiando anche della riduzione sul biglietto ancora applicata per tutti i prodotti nazionali ed europei fino a fine settembre. Una piccola opera prima che, anche considerato l’esiguo esborso, va consigliata una volta di più, e che assomma meriti artistici ancor prima di quelli produttivi e tematici. La scelta della commissione SIC, iniziamo da qui, composta per l’ultima volta da Enrico Azzano, Ilaria Feole, Federico Pedroni e Chiara Borroni sotto l’egida della delegata generale Beatrice Fiorentino (per la quale si auspica invece un pronto rinnovo per un altro triennio che, al di là della prassi ormai consolidata del doppio mandato, sarebbe fondamentale per dare continuità al suo straordinario lavoro), è politica di per se stessa: scegliere come rappresentante nazionale della selezione un’opera diretta da un cineasta iraniano, Milad Tangshir, musicista e video artista fuggito dalla patria nel 2011 per installare se stesso e la sua arte in Italia. Autore di un film che rimanda al nostro cinema più classico e celebrato riattualizzandolo, e dall’altra parte esempio fecondo di quella contaminazione culturale spesso osteggiata dai rappresentanti in carica dell’attuale governo. Per un cinema nazionale, globale, specifico e insieme universale, un prodotto dalle identità cangianti e mai in conflitto tra loro, un intento sociale inscritto in un preciso progetto estetico: il pedinamento zavattiniano di Ladri di biciclette (sì, è questo il classico a cui apertamente si rimanda) che diventa pedinamento dardenniano e unione inscindibile tra macchina da presa e personaggio sulla scena. Le interminabili camminate di Issa (Ibrahima Sambou) alla ricerca della bicicletta perduta ci portano a spasso per una Torino (semi)inedita, periferica, brulicante di vita e insieme desolata e decadente. Ed ecco quindi che l’intento, con occhio anche documentaristico, d’inscrivere il personaggio in un contesto preciso, nel qui e ora, si fa parte essenziale della realizzazione. Forse solo la sceneggiatura (del regista insieme a Daniele Gaglianone e Giaime Alonge) si accontenta un po’ troppo di sbozzare i vari episodi senza incidere il bisturi nella ferita, ma la scelta in levare è un’ulteriore concessione al realismo e agli attori non professionisti in scena che si fa apprezzare sempre più a titoli di coda terminati, quando i film che funzionano (come questo) cominciano davvero a scavare dentro.

L’azienda del titolo è una multinazionale della consegna di cibo a domicilio che ne ricalca tante di esistenti, a partire da forma e colore della borsa in dotazione al “rider”, e che promette la consegna dovunque e dappertutto, in realtà legata alla disponibilità di un mezzo di locomozione da parte dell’improvvisato dipendente a cottimo. Issa, arrivato nel capoluogo sabaudo dal Senegal qualche anno prima e ancora “sans papiers”, riesce a essere assunto grazie a un’identità in prestito da un amico, insieme al suo cellulare. È un fantasma, non ha diritti, dorme in un improvvisato centro di accoglienza composto da container, è totalmente in balìa degli accadimenti e deve cavarsela perennemente da solo. A rubargli la bicicletta è il rappresentante di un’ulteriore enclave/micro mondo, quella della comunità slava, perché la legge della strada non ammette tenerezze e ragionamenti. Bisogna sgomitare, fare la voce grossa anche se non si è in grado, o almeno questo è quello che percepisce Issa dal mondo intorno a sé, con quelle forze dell’ordine da cui continua a scappare e a cui non può chiedere aiuto nel momento del bisogno in quanto, appunto, fantasma. La sua cocciuta caparbietà rappresenta un faro per il film e per il personaggio, che trapassa con lo sguardo strade e mercati alla ricerca del maltolto, che si aggrappa alla speranza quando sembra che le cose possano ancora sistemarsi, e che in un riuscito piano sequenza si difende da un’aggressione multipla senza subire troppi danni. C’è una sola, grossa differenza tra la parabola di Issa e quella dell’Antonio Ricci interpretato da Lamberto Maggiorani nel capolavoro desichiano del 1948: mentre Ricci cede alla tentazione, ruba una bicicletta e viene ripreso e malmenato mentre il figlioletto Bruno assiste al tutto in lacrime, Issa si vergogna di quello che fatto e butta la bicicletta rubata al collega nel Po, in un sussulto di orgoglio e di dignità, o forse nella più atroce spirale di una disperazione e di un senso di colpa dai quali non ci saranno probabilmente mai (più) vie d’uscita. Tornerà a dirigersi verso quel mare da cui presumibilmente è uscito traumatizzato nel viaggio d’andata per l’Europa, ma rimanendone ai bordi e diminuendo il raggio d’azione del suo lavoro, non più anywhere anytime ma a piedi, su un non definito litorale che potrebbe essere quello del sud della Francia.

Il tono del racconto non è mai pietistico e ricattatorio, anche perché immerso (a tratti fin troppo) in una composita e variegata colonna musicale dai toni world che contribuisce alla rappresentazione della miscellanea di culture del contesto ambientale scelto. L’occhio di Tangshir manifesta di sicuro qualche incertezza, e la progressione narrativa non è immune a qualche caduta di ritmo, ma il messaggio che ci arriva forte e chiaro da questo “nuovo” connazionale è quello di riappropriarci del nostro passato glorioso per raccontare il presente incerto, prendere scheletri narrativi consolidati ed attualizzarli, regalandoli ad una nuova fascia anagrafica e culturale di pubblico. Il cinema come industria culturale, d’altra parte, fa proprio questo dove funziona ed è ben supportato: rafforza il soft power di un Paese mettendone in mostra pregi e difetti ma con sguardi forti e strutturati, fidelizza il pubblico nazionale e attrae quello oltreconfine unendo ammicchi local ad intelaiature socio-narrative il più possibile global. Abbiamo da lavorare tantissimo, in Italia, per riattivare questo scambio fecondo tra interno ed esterno, ed Anywhere Anytime rappresenta un piccolo passo nella giusta direzione. Come fosse la parte due dell’Io capitano garroniano, quello che accade all’immigrato clandestino una volta messo piede sul territorio nazionale è un inferno burocratico ed emergenziale che fa il paio con l’odissea di indicibile orrore per arrivarci. Una situazione insostenibile se non attraverso piccoli scampoli di felicità e tranquillità, come l’incontro con una compaesana appena arrivata e che aspira a sogni canori irrealizzabili per sua stessa ammissione. Nel pre-finale, quando Issa prende una decisione importante, ci rendiamo conto di fare il tifo per un loro ulteriore incontro, di desiderare uno squarcio di drammaturgia classica e sentimentalistica, di sperare ardentemente in  un piccolo sollievo per queste anime allo sbando in un mondo freddo e cinico. Il tutto ottenuto, lo ribadiamo un’ultima volta, con uno sguardo alla giusta distanza, partecipe senza essere manicheo, oggettivo senza risultare distante. Forse è per questo che l’esule iraniano Tangshir si è occupato di questa storia, apparentemente non “sua”: per sottolineare le equivalenze più che le differenze, per capire un popolo più che raccontare il proprio, per conferire alla conoscenza attiva e militante del luogo di un cineasta come il torinese Daniele Gaglianone, da sempre al lavoro (anche) su migranti e migrazioni, un surplus di partecipazione e internazionalità. Per questi e per tutti gli altri motivi sopraelencati, 3.50 euro per l’ingresso al cinema ci sembrano una richiesta non passibile di sforamento budget nemmeno in un contesto familiare affollato, e l’invito è quello di cercare le sale (probabilmente non tantissime, almeno inizialmente) che lo proietteranno, con qualche anteprima nelle grandi città con regista e protagonista, a partire dal prossimo 11 settembre.

Donato D’Elia

“Anywhere Anytime” (2024)
Drama | Italy
Regista Milad Tangshir
Sceneggiatori Giaime Alonge, Daniele Gaglianone, Milad Tangshir
Attori principali Max Liotta, Moussa Dicko Diango, Success Edemakhiota
IMDb Rating N/A

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